HASTA LA SCONFITTA SIEMPRE! DALLA COLOMBIA AL CILE, PASSANDO PER IL BELGIO E L’ALGERIA: ESCONO DAL MONDIALE E SONO ACCOLTI DA EROI IN PATRIA. PERCHE’ NON ESISTONO SCONFITTI SE HAI DATO TUTTO IN CAMPO

Emanuela Audisio per “la Repubblica

 

JAMES RODRIGUEZJAMES RODRIGUEZ

Dispiace per Garcia Marquez. Non saranno cent’anni di solitudine per la Colombia, rientrata a casa dal mondiale. L’hanno aspettata e applaudita in 120 mila, tutti in strada per la parata trionfale, bus scoperto, giocatori a braccia levate, il ct Pekermann, sempre molto sobrio, con dei buffi occhiali da clown, a godersi la festa con James. Titoli spaziali: «Gracias muchachos. Siete il nostro orgoglio».

 

Tante parole per dirlo, perché il calcio è un riassunto dei popoli e quando scendono i titoli di coda non c’è nessuno che lascia la sala. Anche senza gloria, ci può essere dignità: non esistono inferiori, se hai dato tutto in trincea, soprattutto dopo supplementari e rigori. E’ un mondiale alla rovescia: i perdenti trattati da vincenti. Osannati e non boicottati. Non più asini, ma re. Eroi che meritano rispetto e gratitudine.

 

TIFOSA COLOMBIATIFOSA COLOMBIA

Perché finalmente conta il tragitto e non l’arrivo, come lotti per la strada, anche se arrivi nel posto sbagliato. Non si era mai visto tanto entusiasmo per gli eliminati: Cile ricevuto dalla presidente Bachelet, Usa al telefono con Obama che scherza e vuole il portierone Howard alla Difesa, Algeria portata in trionfo, Costarica impazzito di felicità, muraglia in campo (contro l’Olanda), ma anche nella capitale per dare il benvenuto ai ticos e urlare «gracias seleccion».

 

Per non parlare del Belgio, ricevuto a palazzo reale da re Filippo e dalla regina Mathilde, con tanti tifosi ad applaudire i Diavoli Rossi e con il ct Marc Wilmots, che rilasciava come al solito interviste in due lingue (neerlandese e francese) per dire: «La cosa più bella è che abbiamo riunito un popolo». E dire che i suoi giocatori delusi volevano rientrare in incognito.

 

lo stadio visto attraverso un fan della colombialo stadio visto attraverso un fan della colombia

Senza feste e celebrazioni. Perché come spiegava Kompany, il capitano: «Siamo molto avviliti, speravamo di andare più lontano ». Nessuna contestazione nemmeno per la Francia, anzi un grazie per averci provato nella convinzione che la squadra è giovane e la grandeur sarà per una prossima volta. In Grecia il governo ha celebrato i giocatori della spedizione brasiliana che, oltre a ben figurare, hanno destinato i soldi per la qualificazione al secondo turno alla costruzione di un centro di allenamento nel paese.

 

Eppure la retorica dello sport è tutt’altra: conta solo vincere. «Just win, baby», era la frase preferita di Al Davis, tre Super-Bowl, mitico coach degli Oakland Raiders. Mentre Bill Shankly, allenatore del Liverpool con statua ad Anfield Road, sosteneva: «In tanti credono che il calcio sia una questione di vita e di morte. Sbagliano, è molto di più».

 

Solo all’Italia e all’Inghilterra, insieme nel girone e nella disfatta, è stato regalato un rientro indifferente. Nemmeno una bandiera per Rooney e compagni. Come a dire: siete fantasmi, non vale nemmeno la pena di contestarvi. Nessuna acclamazione per il deludente Cristiano Ronaldo, Pallone d’oro sgonfio, che arrivato a Lisbona, ha chiamato un taxi e se ne è andato via da solo in felpa e pantaloncini.

BACHELET ACCOGLIE IL CILEBACHELET ACCOGLIE IL CILE

 

La Spagna, nobile decaduta, ha reagito alla sua fine con la cavalleria di un antico ufficiale: tre gol all’Australia, nessuna esultanza, David Villa che piange, giocatori che escono guardando avanti, umili nella loro dignità strapazzata. Fulmine sull’aereo che atterrava a Madrid, a dimostrazione che stavolta proprio non era aria, e uscita secondaria. Molte feste all’Iran di Queiroz, che si è battuto con i mezzi che aveva, fascia tricolore e mazzi di fiori per i giocatori.

BARACK OBAMA GIOCA A GOLF A MARTHA S VINEYARD BARACK OBAMA GIOCA A GOLF A MARTHA S VINEYARD

 

Perfino il Giappone di Zaccheroni, poco brillante, è stato comunque applaudito al rientro in patria nella serena accettazione che il sumo è forse più roba loro, almeno per ora. Diverso il ritorno della Corea Sud, anzi abbastanza tempestoso, con la squadra bersagliata da un lancio di caramelle mou, si sa che gli asiatici hanno a volte una certa gentilezza anche nel dissenso.

 

Né pomodori, né uova. Mangiare toffee in oriente significa perdere la dignità. Un punto in tre partite vuol dire non averci provato. Non è un caso che sia questo paese a mettere in alto la casella degli sconfitti. Perché la frase più bella sul tema l’ha scritta il poeta brasiliano Drummond de Andrade: «Perdere è un modo di apprendere. E vincere, un modo di dimenticare quel che si è appreso».

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