ARTBONUS - MEGLIO DI NIENTE MA NON SUFFICIENTE. PER CONVINCERE LE IMPRESE A INVESTIRE DAVVERO IN CULTURA LE PAROLE D'ORDINE SONO ALTRE : CO-MARKETING, VISIBILITA' E MENO BUROCRAZIA

PATRIMONIO CULTURALE, LA CARTA ART-BONUS

 

Gianluca Comin per “il Messaggero”

 

GIANLUCA COMINGIANLUCA COMIN

Si vedrà già nei prossimi mesi se le innovative norme sull’Art-Bonus daranno davvero una svolta alla partecipazione finanziaria dei privati e delle aziende al recupero e alla valorizzazione di beni culturali, monumenti, biblioteche, archivi sino agli enti lirici e sinfonici. È certo comunque che già dalla presentazione del decreto cultura e, poi, nel passaggio parlamentare, il tema ha sollevato discussioni e critiche, ma anche non pochi plausi al ministro Franceschini che l’ha voluto e difeso.

 

Pur colmando un vuoto denunciato da anni da imprese ed esperti del settore, lo scetticismo sul successo rivoluzionario della norma infatti è d’obbligo perché l’Art-Bonus non va oltre il concetto della elargizione liberale tipica del mecenatismo e non affronta il tema della valorizzazione e gestione dei beni culturali da parte di privati e imprese e nemmeno il contrastato e discusso confine tra le sponsorizzazioni e gli atti di liberalità.

 

Si pensi che per poter accedere a sponsorizzazioni l’istituzione pubblica culturale deve addirittura bandire gare lunghe e burocratiche nel rispetto del Codice degli appalti. E sono pochi quelli che ci si avventurano.

 

Ci si chiede: perché un manager di una impresa che deve dare conto agli azionisti delle proprie decisioni dovrebbe, pur godendo di un importante sconto fiscale (più allettante peraltro degli eco-bonus), versare del denaro senza avere alcun ritorno di immagine, senza poter concordare azioni di co-marketing o di valorizzazione del proprio brand o dei propri prodotti associati al bene culturale o all’ente musicale?

DARIO FRANCESCHINIDARIO FRANCESCHINI

 

Una intelligente partnership che non mercifichi il bene culturale ma che lo associ in modo intelligente a iniziative di reputazione e immagine aziendale non farebbe che aumentare gli investimenti privati nella cultura. Puntare solo sugli atti liberali, pur incentivati, infatti, non basta. Negli ultimi anni, le donazioni e le elargizioni liberali da parte di imprese e privati non hanno mai superato una cifra pressoché simbolica di poche decine di milioni di euro: 28,5 nel 2013 secondo il Mibac, di cui circa il 57% allo spettacolo e solo il resto ai beni e le attività culturali.

 

Una frazione di quanto una impresa spende ogni anno in sponsorizzazioni, anche culturali, e pubblicità. Ed anche i cittadini, pur generosi da sempre, hanno privilegiato il sostegno alla ricerca medica ed agli aiuti di emergenza rispetto all’arte e alla cultura (5,6%). Il valore pro capite delle erogazioni liberali a favore della cultura è pari a 19,9 euro negli Stati Uniti e a 0,9 euro in Italia. Ci voleva forse più coraggio, dunque.

 

ignazio marino e bill de blasioignazio marino e bill de blasio

Da una parte chi pensa che «i beni culturali sono sacri, non possono essere nemmeno sfiorati dalla mano del privato perché ne verrebbe violata la sacralità» e dall’altra parte quelli che pensano che «affidando i beni culturali ai privati, ne sarebbe nata chissà quale meraviglia e chissà quale vantaggio per l'economia e per la tutela dei beni stessi». Troppe volte abbiamo assistito, infatti, a polemiche inutili, il cui effetto è stato solo quello di disincentivare i privati da un impegno strategico per la valorizzazione del nostro importante patrimonio culturale.

 

mausoleo di  augustomausoleo di augusto

Ci si potrebbe, invece, già mettere al lavoro per introdurre ulteriori migliorie come l’accesso ai bonus anche per chi sostiene beni e attività culturali private, come la possibilità di fare donazioni “in natura o in competenza” come accade in Francia per le imprese che anziché denaro possono contribuire con progetti concreti e con la fornitura di mezzi e servizi.

 

Si potrebbe lavorare per superare il concetto stesso di sponsorizzazione, prevedendo forme agevolative non tanto fiscali quanto burocratiche per le partnership pubblico-privati. Le pubbliche amministrazioni potrebbero sviluppare, soprattutto a livello locale, una maggiore propensione a favore di affidamenti a privati nella valorizzazione e gestione dei beni culturali in un quadro di regole certe.

Teatro di MarcelloTeatro di Marcello

 

Ci si chiede, ad esempio, perché all’indomani del suo insediamento il sindaco di Roma Ignazio Marino abbia annullato la procedura indetta per la concessione della gestione del Teatro Marcello e perché la gara per il reperimento delle sponsorizzazioni del Mausoleo di Augusto sia andata deserta.

 

PALAZZO COLLEGIO ROMANO SEDE DEL MINISTERO BENI CULTURALIPALAZZO COLLEGIO ROMANO SEDE DEL MINISTERO BENI CULTURALI

In un mondo in cui l’economia dell’entertainment e dell’edutaiment sta mettendo insieme tecnologia, creatività e risorse culturali e turistiche, diventando all’estero una primaria industria che crea ricchezza e lavoro, non possiamo noi, detentori del 50% del patrimonio culturale mondiale tutelato dall’Unesco, fermarci ad un dibattito antico. Rompere gli steccati e innovare non sono le parole d’ordine del governo Renzi?

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