PERCHÉ 50 RAGAZZI CORRONO VERSO LA POLIZIA CON LE SCIARPE DEL GENOA E DEL CATANIA? E COSA CI FANNO CENTOCINQUANTA ULTRAS DEL VERONA AL FIANCO DI QUELLI DELLA FIORENTINA? QUALCUNO RACCONTA DI UNA STRANA ALLEANZA FRA I TIFOSI DELLA LAZIO E QUELLI DELLA FIORENTINA…

Guglielmo Buccheri per La Stampa

Uno striscione, poi un altro, poi un altro ancora. Pochi secondi e lo stadio è nudo. «Questa partita non si deve giocare...», è il passaparola dentro la curva del Napoli. Non si deve giocare perchè, per gli ultrà azzurri, la notizia del tifoso gravemente ferito non è vera. C'è qualcosa che non torna, che qualcuno voglia nascondere una verità più profonda. «Non si gioca, deve venire qua sotto il nostro capitano...», così i capi popolo.

Il capitano del Napoli è Marek Hamsik, sette anni sotto al Vesuvio, una cresta alta e pungente, il viso da bravo ragazzo. Qua sotto significa davanti a loro, a chi comanda la curva, anche in trasferta. Hamsik tentenna, non sa cosa fare. Poi, lo scatto e comincia una partita che riporta l'orologio indietro di dieci anni.

Il 21 marzo del 2004 il calcio italiano si fermò. Per vergogna e dignità. Francesco Totti venne avvicinato da tre ultrà della Roma che, scavalcate le recinzioni del campo, gli intimarono di chiedere all'arbitro la sospensione del derby con la Lazio perché, all'orecchio dei tifosi, era arrivata voce di un bambino finito sotto ad una camionetta della polizia.

Niente di vero, nessun bambino era stato ferito, ma la partita finì lo stesso: in settantamila lasciarono le tribune dell'Olimpico mentre il responsabile dell'ordine pubblico spiegava attraverso l'altoparlante dello stadio che i fatti erano andati in maniera completamente diversa dalle certezze ultrà.

Ci risiamo. Ancora Roma, stadio Olimpico: stavolta c'è una finale da conquistare, Napoli e Fiorentina la cercano per arricchire le proprie bacheche. «Non si deve giocare...», ripetono gli ultrà ad Hamsik, in un colloquio surreale che ha fatto e farà il giro del mondo. La curva azzurra ha cancellato ogni colore e, a guardarla da lontano, appare come un qualcosa pronto ad andare fuori giri al primo accenno.

Un'invasione del campo o un'invasione della città non appena verranno riaperti i cancelli? L'interrogativo prende in ostaggio le due società, i giocatori ancora negli spogliatoi, i vertici del nostro sport in tribuna. E le istituzioni. Hamsik è ancora là sotto a parlare con i più duri degli ultrà e, in un attimo, ecco puntuale la solidarietà di chi frequenta la parte più calda dello stadio: nel cuore della curva della Fiorentina nasce un parapiglia perchè il passaparola, falso, del tifoso di cui non si conoscono le condizioni convince gli avversari a togliere anche i loro striscioni nonostante le resistenze di qualcuno.

L'ora più folle del nostro pallone è servita. Tutti ad ascoltare cosa dirà ad Hamsik il capo popolo di nome Gennaro De Tommaso, detto «'a carogna» e con la maglia in ricordo del ragazzo finito in carcere per l'omicidio dell'ispettore di polizia Filippo Raciti prima del derby fra il Catania ed il Palermo del 2 febbraio del 2007. La Capitale è, ormai, terreno di battaglia da ore. Da quando i primi agguati hanno preso in ostaggio il pomeriggio della finale di Coppa Italia.

Dentro l'Olimpico, ad un tratto, scompare il segnale: i telefonini vanno in tilt, la comunicazione con l'esterno si fa difficile, se non impossibile. Hamsik riappare, stavolta con i compagni di squadra. E' il segnale che la sfida può cominciare perché c'è il via libera di chi sta decidendo il copione della notte: tre ultrà del Napoli e tre della Fiorentina si incontrano nella pancia dello stadio, là dove vengono fatti accomodare vip e sponsor e, sotto lo sguardo degli uomini della Digos, decidono che la partita, adesso, si può giocare.

La finale ha perso ogni senso. Chi, nelle curve, prova ad incitare i proprio idoli rischia di finire travolto perché l'ordine è il silenzio. I colori, ora scomparsi, prima del duello erano quelli di ultrà amici, per tradizione e vicinanza: fuori, attorno allo stadio, c'è parte delle geografia del tifo italiano.

Perché cinquanta (almeno) ragazzi corrono verso la polizia con le sciarpe del Genoa e del Catania? Perché Genoa e Catania sono tifoserie gemellate con quella napoletana. E cosa ci fanno centocinquanta ultras del Verona al fianco di quelli della Fiorentina? Veneti e toscani sono legati da un patto d'onore e, per i veneti, i tifosi del Napoli sono i nemici da combattere.

C'è parte del mondo ultrà là fuori. C'è stato e ci sarà anche dopo il fischio di chiusura. Romanisti e laziali sono divisi. Qualcuno racconta di una strana alleanza fra i tifosi della Lazio e quelli della Fiorentina, uniti, per poche ore, contro i partenopei: voci, rumors, suggestioni, forse. E, poi, le sciarpe della Roma.

«Tante, tantissime...», raccontano, terrorizzati, i malcapitati di Ponte Milvio o del Ponte della Musica. Il calcio italiano si è sgonfiato ancora una volta. E con le stesse (o quasi) modalità di dieci anni fa.La triste notte di Roma sembra non finire mai. Al fischio finale va in scena l'invasione degli ultras napoletani, indirizzando alla curva viola gesti di sfida e inviti alla battaglia.

 

 

GENNY 'A CAROGNAGENNY 'A CAROGNAGENNY 'A CAROGNA DA' IL VIA ALLA COPPA ITALIACOPPA ITALIA, SCONTRIHAMSIK CON GLI ULTRASHAMSIK A COLLOQUIO CON GLI ULTRASCOPPA ITALIA, SCONTRICOPPA ITALIA, SCONTRItotti e l'ultra' "gastone"

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