luca josi antonio romano colosso colosseo

PRESTO, UN COLOSSO AL COLOSSEO – LA PROPOSTA DI LUCA JOSI E ANTONIO ROMANO PER L’EXPO 2030 A ROMA: “UN COLOSSO DELLA RINASCITA, CAPACE DI RICONSEGNARE AL MONDO UN’IMMAGINE DELL’INESAURIBILE FORZA E STORIA DI QUESTA CITTÀ ETERNA” – “IL COLOSSEO HA SMARRITO IL SENSO DEL SUO ETIMO. IL SUO NOME È LEGATO ALLA STATUA COLOSSALE VOLUTA DA NERONE. PERCHÉ NON DARE LA POSSIBILITÀ DI RIVIVERE L’OMBRA DI QUEL GIGANTISMO OFFRENDO L’OPPORTUNITÀ A UNA PRESTIGIOSA GIURIA DI SELEZIONARE GRANDI PROTAGONISTI DELL’ARTE CONTEMPORANEA CAPACI DI REALIZZARE UN’OPERA TEMPORANEA?”

Luca Josi e Antonio Romano per https://www.ilgiornaledellarte.com/

 

luca josi

2022, Roma è candidata a ospitare l’Expo 2030. Una vetrina mondiale e un’opportunità irrinunciabile per una città definita «eterna», impegnata, ogni giorno, a difendere questa sua promessa.

 

Il Comitato promotore ha tratteggiato un appello coinvolgente per motivare le ragioni di un’assegnazione alla nostra capitale: «[...] mettere al centro dell’attenzione l’uomo e la sua capacità di reinventare il proprio “habitat”, la città, bilanciando sviluppo e sostenibilità ambientale. [...] Roma vuole essere il centro di questo nuovo modello di città: inclusivo, interconnesso, sostenibile e condiviso».

 

Un programma coincidente con la vocazione di una città che, se non ha dato vita all’Occidente, lo ha certamente allevato e diffuso, crescendo una civiltà che ha concepito modelli di pensiero organizzativi, sociali, infrastrutturali nelle più diverse discipline umane.

 

antonio romano

L’Expo «espone», è un gesto di vanità organizzato, che mostra il meglio delle prospettive del mondo, ne lucida le intenzioni e disegna orizzonti costruiti sulla ragionevolezza di ciò che conosciamo oggi e speriamo per l’immediato domani.

 

Le Expo sono vetrine e, come tutte le vetrine, hanno bisogno di simboli, di sintesi, di richiami e ragioni che invitino il pubblico a cogliere in un istante una suggestione capace di modificare il tessuto di qualcosa, spesso già noto, come la città ospitante; immagini che accendano curiosità.

 

Intorno alle Expo del passato sono nate magie che si sono perpetuate nei secoli; a volte scaturite dalla follia visionaria e dalla tenacia nel futuro di chi le intuì. Intuizioni pensate per una funzione e poi ritrovatesi a rappresentarne altre.

il colosso di carlo aymonino ideato nel 2001

 

Alla Parigi del 1889 non mancava nulla per sentirsi la Parigi già conosciuta e ammirata nel mondo. Aveva incontrato anche la decadenza di Napoleone III e si ritrovava nel fiume degli entusiasmi tecnologici e intellettuali delle nuove scoperte industriali; nacque in quell’occasione l’idea di dare vita a un simbolo, a una spettacolarizzazione, unica e dedicata, che rendesse memorabile l’ingresso della loro Expo. E fu la Tour Eiffel.

 

Quella proposta scatenò giudizi sarcastici, feroci, addirittura scarnificanti, da parte di una delle più eterogenee e autorevoli alleanze di intellettuali di cui la capitale francese, in quel momento di esplosione culturale, poteva vantarsi.

embrasement de la tour eiffel pendant l’exposition universelle de 1889

 

Conosciamo tutti l’epilogo di questa storia e di quella struttura nata come transitoria e trasformatasi nell’orizzonte definitivo della città, segno scenografico e sentimentale irrinunciabile. I francesi, avrebbe potuto chiosare Flaiano, tradiscono il loro amore per l’Italia anche imitandone i suoi difetti («Il provvisorio che si trasforma in definitivo»).

 

Roma straborda d’immagini e artifici visivi, perché dunque aggiungerne altri? Per rinfrescare la cultura barocca dell’effimero e dare vita a un feticcio come per i parenti d’oltralpe? Per costruire un’operazione di marketing del turismo e della comunicazione tanto temporanea quanto evanescente? Perché non concentrarci su ciò che già possiede, che il mondo conosce e che aspetta solo di essere lustrato, valorizzato, nobilitato? Perché magari le cose potrebbero tranquillamente convivere e sono le nuove sfide che consentono alla vita di non guardarsi i piedi e di cercare la strada di fronte a sé.

 

le principali statue colossali nel mondo

Nella storia umana non mancano invenzioni che, quanto più fuori scala, tanto più hanno attraversato il mondo nelle sue narrazioni, diventando leggenda. Almeno due di questi giganteschi simulacri facevano parte delle «Sette Meraviglie» dell’antichità.

 

Poi quelle forme e imitazioni hanno cominciato a viaggiare per i continenti e a diffondersi tra i più diversi popoli. Ed è curioso il fatto che chi ha poca storia enfatizzi quello che ha, sconfinando a volte nella fantasia, e chi ne ha troppa si perda nell’eccesso delle proprie possibilità di racconto.

 

anfiteatro flavio e colosso

Per esempio, da alcuni secoli, il monumento più visitato e iconico della nostra capitale e del nostro Paese, il Colosseo, ha smarrito il senso del suo etimo. Colosso, statua di grandi dimensioni, identifica quello che è l’Anfiteatro Flavio. Ma il suo nome è legato alla statua colossale voluta da Nerone e, successivamente, fatta collocare da Adriano sul piano dello stesso; un basamento (come per la Statua della Libertà a New York, realizzata sempre in concorso con il genio di Eiffel) ne elevava l’altezza per farla allineare con quella dello stadio.

 

Da quel momento, la forza dell’immagine cancellò il nome originale dell’arena e si perpetuò anche al di là della scomparsa della stessa statua (l’Anfiteatro Flavio è sotto i nostri occhi e continua a chiamarsi Colosseo invogliando imitazioni in tutto il mondo).

 

il colosso del colosseo

Perché, per il 2030, in questa occasione unica e irripetibile che l’Expo rappresenta per raccontarsi al mondo, non alimentiamo la scelta di avere l’uomo al centro del racconto?

 

statua della liberta eiffel

Roma è la città di Vitruvio, siamo il Paese del Rinascimento, crasi di questa centralità dell’Uomo e della riscoperta della Classicità. Perché non dare la possibilità, oggi, di rivivere l’ombra di quel gigantismo offrendo l’opportunità a una prestigiosa giuria (magari degna di quella del governatore Soderini, che per decidere il luogo dove posizionare il David chiamò Perugino, Botticelli, Filippino Lippi, Andrea della Robbia, Antonio e Giuliano da Sangallo, Leonardo e altri giganti...) di selezionare un numero a piacere di grandi nomi nazionali e internazionali protagonisti dell’arte contemporanea (da Damien Hirst a Jeff Koons, da Anselm Kiefer a Maurizio Cattelan e che ognuno proponga i suoi) capaci di realizzare un’opera temporanea?

 

henryk siemiradzki

Non avrebbero l’obbligo dell’imitazione, non essendoci arrivate del Colosso altre immagini che quelle ricavate da imprecise monete (esistono infinità di fantasie ricostruttive e un affascinante studio di Carlo Aymonino). L’opera potrebbe declinare i valori di sostenibilità nelle soluzioni tecniche e ingegneristiche costruttive più all’avanguardia, consentendo ai visitatori di accedere al suo interno e godere di prospettive mai viste dei Fori. E a decidere quale scegliere tra le opere selezionate dalla giuria, potrebbe essere una platea planetaria (di studenti in arti visive, architettoniche e artistiche) a celebrazione di un mondo sempre più digitale e connesso.

 

zeus di olimpia

Sarebbe una sintesi di quella potente proposta di candidatura che cita «l’evoluzione e la rigenerazione come capacità di innovarsi e trasformarsi per risorgere e guardare avanti, a partire dal proprio passato; l’interculturalità e la diversità come sinonimo di creatività, arricchimento e condivisione necessari per la crescita; capace di riflettere sull’impatto delle nostre azioni attraverso scelte sostenibili e un utilizzo responsabile delle nostre risorse». Un Colosso della Rinascita, capace di riconsegnare al mondo un’immagine dell’inesauribile forza e storia di questa città eterna.

jeff koons

 

Parte delle decisioni che verranno prese per l’edizione romana dell’Expo nel 2030 dipenderanno dall’esito delle elezioni politiche del 25 settembre. Sul numero di settembre di «Il Giornale dell’Arte» (n. 431), in edicola dal primo del mese, ampio spazio alle proposte dei partiti in ambito culturale, oltre al «Totoministro», una lista di nomi suggeriti da 16 esperti del mondo dell’arte.

 

ron mueck

* Luca Josi per 5 anni, fino al 2021, ha guidato la comunicazione del gruppo TIM e, come direttore artistico per Fondazione TIM, ha curato uno dei maggiori progetti di mecenatismo italiano: il recupero del Mausoleo di Augusto a Roma, per cui è stato premiato con il Leone del Festival della Creatività di Cannes e il Webby Awards di New York.

il colosso di carlo aymonino

* Antonio Romano, fondatore di Inarea, opera da oltre quarant’anni nel campo del design della comunicazione ed è considerato uno dei massimi esperti di brand design. Si è occupato, in ambito culturale, dell’identità della Biennale di Venezia, del MaXXI di Roma, del sito archeologico di Pompei, dei Musei Vaticani e della Città delle Arti e della Cultura della nuova capitale amministrativa egiziana.

henryk siemiradzki tour eiffel colosso di rodi damien hirst il colosso del colosseo

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