1. PROPRIO QUANDO IL PAESE POLITICO TOCCA IL FONDO ED INIZIA A SCAVARE NELLE URNE FUNERARIE, ARRIVA UN BEL SABATO ITALIANO CON LE VITTORIE A CANNES E A MADRID: AD ALICE ROHRWACHER UNA PALMA D’ARGENTO, A CARLETTO ANCELLOTTI UNA CHAMPIONS 2. “TRANQUILLOTTI”, UN GRANDE ITALIANO IN CIMA ALL’EUROPA: CON FORZA, PAZIENZA, BUON SENSO HA GUIDATO QUELLA CASAMATTA DI CAMPIONI VANITOSI DEL REAL MADRID CHE AGGUANTA L’ATLETICO DI SIMEONE A 120 SECONDI DALLA FINE E POI CONQUISTA LA ‘DECIMA’ 3. ANCELOTTI, TRE COPPE CAMPIONI CON 2 SQUADRE DIVERSE, MA SEMPRE MODESTO: ‘’SONO FORTUNATO, E NON DA OGGI…RESTO AL REAL, ORA SONO UN PO’ PIÙ COMODO IN PANCHINA’’

Francesco Persili per ‘Dagospia'

«Adesso iniziamo a giocare a calcio». Alla fine del primo tempo, con l'Atletico avanti di un gol e in totale controllo della partita, Ancelotti si presenta negli spogliatoi e suona la carica. A modo suo. Non attacca al muro i giocatori, non alza la voce, al massimo il solito sopracciglio. L'invito a giocare di squadra, un doppio cambio (Marcelo e Isco) e la musica nel secondo tempo sembra cambiare. Anche se poi l'orgoglio blanco non produce risultati. Nel calcio contano ‘occhio e pazienza' ma anche ‘il bus del cul', Sacchi insegna.

Pareggia Sergio Ramos a 120 secondi dalla fine, ‘il bus del cul' appunto, e poi nei supplementari il Real dilaga. Bale, poi Marcelo, infine Cristiano Ronaldo, che si esibisce in una esultanza alla Balotelli con i pettorali in bella vista mentre nella capitale spagnola i madridisti corrono a festeggiare a Plaza de Cibeles la ‘Decima'.

La quinta per Ancelotti (2 da giocatore, 3 da allenatore ma con due squadre diverse). Meglio anche di Bob Paisley, Re(al) Carlo. «Quando entrai il primo giorno nella sala trofei, Perez mi fece guardare le nove coppe Campioni e disse che ne mancava una. Gliela abbiamo portata ma non è stato semplice».

Camaleontismo tattico (il tecnico italiano in carriera è passato dal 4-4-2 degli inizi al 3-4-1-2 ai tempi della Juve, dall'alberello del Milan al 4-3-3 del Real), valori semplici ed intelligenza nella gestione del gruppo: ci voleva la forza tranquilla di Ancelotti, o meglio ‘Tranquillotti', per liberare la Casa Blanca dal complesso della decima Champions League.

«Era un'ossessione». Pochi minuti dopo aver alzato coi compagni alle stelle di Lisbona la coppa dalle grandi orecchie, Xabi Alonso, costretto a saltare per squalifica la finale, ha riconosciuto l'insostenibile pressione del mondo madridista per la Decima esaltando il lavoro di quel ‘grande uomo' che al suo arrivo a Madrid ricordò all'ex centrocampista del Liverpool la notte di Istanbul con una postilla: ‘mi devi una Champions'. Missione compiuta, capo. «A Istanbul fui sfortunato nel perderla, oggi ho avuto fortuna nel vincerla», ammette Don Carlo.

Il Real non è riuscito a ripetere ‘il partidazo' di Monaco di Baviera in cui ha demolito il Bayern Monaco. Ma l'Atletico era il peggior avversario possibile per i blancos. Dopo la vittoria della Liga, Sergio Ramos aveva, addirittura, dato come favoriti per la finale gli uomini di Simeone a cui quest'anno era già riuscito lo sgambetto al Real. La classe ‘materassaia' andrà in paradiso?

La 'maga di Belgrado' è riuscita a rimettere in piedi Diego Costa con una cura a base di placenta di cavallo. Ma l'effetto dura poco. Dopo 8 minuti il centravanti è costretto ad abbandonare il campo. Seguiranno polemiche per la scelta del Cholo di rischiarlo a poche settimane dall'inizio del Mondiale.

L'assenza del suo trascinatore moltiplica le energie dell'Atletico. Marcature triplicate, fasce blindate e Miranda che non si capisce perché non si stato convocato da Scolari. Sergio Ramos svirgola un rinvio e fa correre un brivido agli aficionados madridisti, Cristiano Ronaldo gira a vuoto.

La partita si accende. Tackle, proteste, rimpalli ed errori. Quello di Thiago apre un'autostrada a Bale che davanti a Courtois allarga troppo il piatto sinistro: palla fuori. Sul colpo di testa di Godin, invece, nessuno può rimediare all'uscita sbagliata di Casillas. L'errore del numero uno part-time più titolato al mondo dà ragione a Mourinho che lo aveva giubilato a favore di Diego Lopez, e manda avanti l'Atletico.

Doppia mossa di Ancelotti nella ripresa. Dentro Marcelo al posto di Coentrao ed Isco in luogo di un abulico Khedira. Si sveglia CR7 che ci prova su punizione, in mischia, e di testa. Poi tocca ad Isco, dal limite, fuori. La palla ce l'ha spesso il Real ma non vuol dire nulla. Il ‘cholismo' è vivo e lotta insieme a Gabi, un gigante. Lo trovi in ogni zona del campo. Tampona, riparte, costruisce, accompagna. Il bunker rojiblanco tiene ma il Real alza il ritmo sospinto dall'inesauribile Di Maria, mvp della finale, e inizia a sfondare sulle fasce.

Passano i minuti, fuggono gli attimi. Courtois sbaglia l'intervento su un cross dalla sinistra ma nessuno ne approfitta. Quando sembra tutto pronto per celebrare la favola dell'Atleti, arrivano i 5 minuti di recupero che fanno arrabbiare Simeone, la capocciata di Sergio Ramos e il the twist of fate per i materassai di Madrid. Si materializza di nuovo la maledizione del '74 mentre dall'altra parte Casillas riscatta i suoi errori con un bacio al difensore-goleador. Da Sara Carbonero a Sergio Ramos: la decrescita felice di San Iker.

Nei supplementari non c'è storia: gli uomini di Simeone sono sulle gambe e accade l'Incredi-Bale. Dopo aver deciso la finale di Copa del Rey, ‘Mister 100 milioni' mette il suo sigillo sulla Champions. Gloria anche per Marcelo prima dell'apoteosi su rigore (e con strip) di CR7. Finisce con Simeone che se la prende con Varane per una pallonata (‘Un ragazzino') e poi riconosce la superiorità del Real nel secondo tempo: «Non dobbiamo piangere, abbiamo lottato fino alla fine».

Tutto il resto è fiesta Real. Imbattuto nei derby, e nelle finali, Casillas tracima: «La Decima? E' meglio del Mondiale». Ramos, Marcelo (che non aveva preso bene l'esclusione dall'undici iniziale), Pepe irrompono in sala stampa durante la conferenza di Ancelotti e tutti insieme intonano un coro della tifoseria madridista (‘Come no te voy a querer') che diventa la colonna sonora del trionfo anche a Plaza de Cibeles.

«Un copione imprevedibile per una vittoria sofferta ma meritata», spiega Ancelotti. Ramos miglior difensore? «Direi miglior centravanti», ride il tecnico emiliano che parla anche del suo futuro. «Resto al Real, sarei rimasto comunque ma ora sono un po' più comodo in panchina».

Dopo aver vinto il campionato italiano, la Premier, la Ligue 1, l'obiettivo per l'anno prossimo è conquistare la Liga. Anche se poi, si sa, Ancelotti preferisce da sempre la Coppa (con un po' di cul...atello che non guasta mai): «Sono fortunato, e non da oggi, ma cerco fino all'ultimo la strada per vincere». Occhio, pazienza e bus del cul. Carletto ha dimostrato (anche sotto questo aspetto) di aver fatto tesoro della lezione di Sacchi.

2. CARLO, DA SOPPORTATO A RE D'EUROPA
Enrico Sisti per La Repubblica

Una "decima" grande come il mare. Sua soprattutto. Per l'ostinata pazienza con cui è rimasto in sella e per come poi ha rimodellato il gruppo, tirando fuori il massimo da ognuno dei suoi, reinventandoli in altri ruoli, convincendoli di essere anche più forti di quanto non fossero, spingendoli a crederci sino alla fine, specialmente ieri.

Proviamo a risalire alle origini italiane di questo trionfo perché la terza Coppa dei Campioni appena vinta da allenatore (eguagliato l'ex manager del Liverpool Bob Paisley) appartiene anche all'Ancelotti calciatore, che ne vinse due, per un totale di cinque coppe.

Al carattere combattivo e pacato, aggressivo e rispettoso, a quell'essere saggio subito, sin da ragazzino, come ha sempre ricordato il suo amico Bruno Conti: «Aveva 21 anni e già faceva il vigile in campo ».

Al perfezionamento della sua personalità avrebbe provveduto Liedholm. Bisogna raccogliere in una teca le sue esperienze, del Carlo giovane e del Carlo adulto, del Carlo cui non venne mai offerta la possibilità di dimostrare le proprie qualità in Nazionale, sommare le tante fascette, sovrapporle: si otterrà un bloc notes di avventure accomunate da un grande senso dell'equilibrio, quell'equilibrio messo più volte a dura prova dal cedimento delle sue ginocchia.

Come Liedholm forgiò la grandezza del centrocampista, così Sacchi s'incaricò di mostrare la via tattica all'Ancelotti da panchina quando Carlo intraprese la strada dell'insegnamento. Lungo il cammino avrebbe incontrato, meritando, altre soddisfazioni. Vinse a Manchester la sua prima Champions da tecnico, allenava il Milan. Inventò Pirlo centrale.

Strisciò su tre pareggi consecutivi (i due derby di semifinale e lo 0-0 con la Juventus in finale alterato soltanto dai rigori). Perse nel 2005 a Istanbul dal Liverpool di Benitez, sempre ai rigori, giocando un secondo tempo da ricovero. Nell'intervallo, sul 3-0, forse non seppe trovare le parole giuste per convincere la truppa che non era ancora finita. Si vendicò due anni dopo ad Atene: grande gioia, ma anche il sospetto che il Liverpool fosse più squadra.

Ieri ha vinto di rabbia, risalendo la corrente, con giocatori in difficoltà, alcuni stanchi, altri mezzi infortunati. La sua "decima" è la somma delle due Champions vinte in passato, ma è anche la conclusione di una rincorsa che il Madrid aveva iniziato con Zidane in campo (fino a ieri Zidane sedeva accanto a Carlo).

Una "decima" così sofferta e quasi persa, e vinta solo perché quando pareva tutto finito è apparso Sergio Ramos, è grossa quanto un marlin pescato da Hemingway, odora di sale come "lo pane altrui" (a un minuto dalla fine aveva vinto l'Atletico). Proprio perché proviene da una profonda instabilità agonistica, perché è figlia della più assoluta incertezza, questa "decima" ancelottiana scrive una fitta pagina di letteratura del calcio.

Ancelotti l'ha costruita trovando il coraggio di resistere sulla panchina del Madrid anche quando le cose andavano male (a dicembre), quando chiese rinforzi e Perez non glieli concesse, quando si sentiva un "sopportato". Ha vinto la "decima" che sfuggì ai pur vincenti Capello, Mourinho e Pellegrini. Dal 2002 fallirono malamente anche Queiroz, Camacho, Garcia Rémon, Luxemburgo, Lopez Caro, Schuster, Ramos. Loro no. Carlo sì.

 

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