
AGNELLI IN SALSA MAOISTA – NEL 1968 MARELLA CARACCIOLO E GIANNI AGNELLI COMMISSIONARONO A MARIO SCHIFANO UN MEGA DIPINTO PER LA SALA DA PRANZO DELLA LORO CASA ROMANA, LASCIANDO ALL’ARTISTA LIBERTA’ TOTALE SUL TEMA – IL PITTORE, DOPO TORMENTI “ANTICAPITALISTI”, ACCETTÒ E REALIZZÒ TRE GRANDI TELE ROSSE INTITOLATE “FESTA CINESE” CHE RITRAEVANO MILITANTI COMUNISTI CON LE BANDIERE – QUANDO L’AVVOCATO E LA MOGLIE VIDERO QUELLA PROVOCATORIA OPERA MAOISTA CALÒ IL GELO E…
Articolo di Alessandro Chetta per https://torino.corriere.it/
gianni agnelli con marella caracciolo
Per la casa romana, l'Avvocato e la moglie Marella chiesero al genio della pop art 3 grandi tele. Animato da sentimenti anticapitalisti ma attratto dalla committenza prestigiosa, il pittore lanciò la provocazione con «Festa cinese»
Correva il '68, non un anno qualunque, e Mario Schifano all'apice del successo viene contattato da Ettore Rosboch. Motivo? Marella Caracciolo vorrebbe fare un regalo al marito, Gianni Agnelli, un presente di un certo calibro, alla Agnelli appunto, per battezzare come si deve la nuova casa romana dei signori Fiat, vicino al Quirinale.
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festa cinese di mario schifano
A raccontare l'episodio, poco noto se non agli addetti ai lavori dell'arte, è Andrea Pomella in Vite nell'oro e nel blu (Einaudi), biografia magistralmente romanzata degli artisti della Scuola di piazza del Popolo.
La committenza, spiega Rosboch a Schifano, consisterebbe nel coprire con tre grandi tele le pareti della sala da pranzo della magione capitolina, «una specie di cappella Contarelli dei giorni nostri». La sala da pranzo è il luogo dove l'Avvocato riceve per lavoro industriali, politici e ambasciatori. Quindi una sala di rappresentanza. «Per soggetto, massima libertà».
Ma il pittore è titubante. Si reputa antiborghese, anticapitalista, pur vivendo nel lusso - anche se non nel benessere -, macerato dalla contraddizione comunismo/dolce vita tipica di tutte le teste pensanti della sinistra del '900.
Pochi giorni prima inoltre aveva avuto uno scontro con Pasolini al Caffè Rosati. L'intellettuale gli aveva spiegato con franchezza gli strani effetti che fa il consumismo, in grado di «rendere borghesi i proletari e proletarizzare i borghesi», infilzando così l'amor proprio dello stesso Schifano (e soprattutto di Franco Angeli, suo storico sodale).
È altresì dubbioso sulla committenza degli Agnelli perché da un po' ha iniziato a frequentare l'Unione dei marxisti-leninisti, un'infatuazione comunque molto breve, troncata grottescamente sulla Sila con l'invettiva di un sindacalista calabrese che aveva cacciato lui e Franco Angeli criticando il loro aspetto decadente da «borghesi depravati».
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Andrea Pomella - Vite nell'oro e nel blu - Einaudi
Dopo qualche giorno Mario parte per il Piemonte, si presenta a Villa Frescot sulla collina torinese, casa Agnelli. All'ingresso viene attorniato dagli husky dell'Avvocato, dopodiché si accomoda in salotto e inizia una lunga conversazione con Marella. Alla fine accetta. Tornato a Roma affitta uno studio per realizzare le tre grandi tele. Avevano pattuito un anno di tempo, ci impiega appena un mese.
Arriva il giorno della consegna dei dipinti in via XXIV Maggio: verranno sistemati negli spazi della lussuosa dimora disegnata da Ward Bennett. La destinazione, come detto, è la sala da pranzo.
Quando però le tele vengono liberate dalle protezioni, alla presenza di Marella, Allegra Agnelli e Rosboch, cala il silenzio. Schifano divertito dalla situazione, illustra il lavoro: «Si intitola Festa cinese». E in effetti per quei tempi il soggetto effigiato è particolarmente cinese, anzi maoista: una distesa di 8 tipi di rosso, realizzata a spray e smalti, lunga 7,5 metri e alta tre, da cui sbucano silhouette di militanti comunisti con le bandiere.
festa cinese di mario schifano
Pomella descrive così la scena: «A rompere il silenzio generale si levano dei sospiri e qualche colpetto di tosse. Marella fa un cenno a Ettore che subito le si avvicina. Lei gli sussurra qualcosa nell'orecchio e lui annuisce».
Quel maxispot maoista non troverà spazio nella casa romana, l'Avvocato non avrebbe potuto ricevere Kissinger tra le Guardie della rivoluzione, ma Festa cinese è rimasta una delle più celebri prove del genio di Homs.
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