saronni moser

“MOSER VINSE GIRO, SANREMO E RECORD DELL’ORA GRAZIE AL PROF. CONCONI E ALLE SUE TRASFUSIONI” – BEPPE SARONNI AL VELENO SUL SUO STORICO RIVALE: “E’ STATO UNA CAVIA DI METODI SULLA BASE DEI QUALI IL CICLISMO NEGLI ANNI SUCCESSIVI HA AVUTO UN SACCO DI PROBLEMI - I SUOI TIFOSI MI MOLESTAVANO. LA NOTTE SI METTEVANO A FARE SCHIAMAZZI SOTTO LE CAMERE D’ALBERGO PER NON FARMI DORMIRE - AVEVO LA BATTUTA PRONTA E LA LINGUA AFFILATA, AL CONTRARIO DI MOSER, GOFFO E LENTO NELL’ESPRIMERSI. NEL CONFRONTO TELEVISIVO PERDEVA SEMPRE E NON GLI È MAI ANDATO GIÙ. DOVREBBE FARSENE UNA RAGIONE” – VIDEO

 

Estratto dell'articolo di Marco Bonarrigo per il Corriere della Sera

 

MOSER SARONNI 5

A trentacinque anni dalla loro sfida finale (la cronometro Firenze-Pistoia del 24 ottobre 1987), Beppe Saronni sente ancora sul collo il fiato e gli improperi dell’acerrimo rivale Francesco Moser, 71 anni, il più anziano dei due giganti del ciclismo italiano moderno. Moser ha una nuova fidanzata dopo il divorzio, un figlio celebre influencer e Belén come ospite fissa nel suo maso di montagna. Saronni che ha 65 anni e la stessa moglie da 45, si gode la pensione in Brianza e le cene tra vecchie glorie.

 

Saronni, Moser ha detto al «Corriere» che tra voi era scontro continuo, in corsa e fuori: impossibile andare d’accordo con uno che si sentiva superiore perché veniva dalla città.

«Lui evoca sempre il confronto tra un montanaro trentino con dieci fratelli che zappava la terra e un borghese di Milano. Peccato che io sia cresciuto a Buscate, nella campagna lombarda.Papà Romano era autista di bus di linea, mamma Giuseppina casalinga: eravamo quattro fratelli, si campava con un solo stipendio».

 

SARONNI MOSER 22

 

(…)

 

Che ciclismo era, il suo?

«Ruspante e favoloso. Un gruppo di industriali italiani investiva su squadre e corridori contendendoseli a suon di milioni: c’erano i Del Tongo dei mobili, il Teofilo Sanson dei gelati, i Bagnoli della Sammontana, i Fornari della Scic Cucine, Belloni della Termozeta e Rancilio delle macchine da caffè. Erano appassionati, entusiasti e competenti, sempre presenti alle corse. Oggi le squadre, nel ciclismo come nel calcio, sono proprietà di fondi di investimento».

 

Cos’è cambiato?

SARONNI MOSER 66

«I costi del ciclismo si sono gonfiati. Dai piccoli industriali appassionati si è passati ai gruppi assicurativi e automobilistici e adesso addirittura agli Stati sovrani come Bahrain ed Emirati Arabi. Per allestire una squadra di alto livello servono almeno trenta milioni a stagione, in Italia si fatica a trovarne tre».

 

Perché Moser la soffre ancora così tanto?

«Ho sei anni meno di lui, sono arrivato nel professionismo quando Francesco era un Dio acclamato dalle folle e dai giornalisti. Il ciclismo era lui. Ho cominciato a batterlo presto e in più avevo la battuta pronta e la lingua affilata, al contrario di Moser, goffo e lento nell’esprimersi. Nel confronto televisivo perdeva sempre e non gli è mai andato giù. Dovrebbe farsene una ragione».

 

Ancora Moser: «Saronni ha avuto solo tre o quattro anni forti, forse troppo per il suo fisico.Infatti d’un tratto ha smesso. Io nel 1984 a Città del Messico feci il Record dell’Ora e vinsi Milano-Sanremo e Giro d’Italia».

«A dire il vero io ho vinto venti corse l’anno per sei stagioni di fila, non tre o quattro. E preferirei non parlare della famosa seconda giovinezza di Moser...».

MOSER SARONNI 1

 

Parliamone, invece.

«A fine carriera Francesco è stato il primo e in quel momento l’unico a far ricorso a una certa scienza, di cui disponeva in modo esclusivo. La bici con cui ha battuto il Record dell’Ora era un siluro che pochi anni dopo venne vietato perché dava vantaggi enormi. Per tacere del resto».

 

Se si riferisce a pratiche mediche come la trasfusione di sangue che oggi sono doping, all’epoca erano consentite.

«Sì, lo so. Ma ha sfruttato certe metodologie che il famoso professor Conconi offriva solo a lui: io e gli altri i suoi vantaggi li abbiamo subiti. Nel 1983 quando vinsi il Giro mi disse che era troppo vecchio e si sarebbe ritirato. Poi ha accettato il progetto del Record con innovazioni che non si sono rivelate sempre positive».

 

Perché?

«Sulla base di alcune di quelle innovazioni il ciclismo negli anni successivi ha avuto un sacco di problemi. Ma lui non aveva nulla da perdere e le ha sfruttate quando erano legali».

SARONNI MOSER

 

Potendo, lei avrebbe fatto le trasfusioni?

«Non posso rispondere a posteriori. Oggi potrei dire di no, magari allora avrei detto di sì, ma resta il fatto che lui era l’unico a usufruirne. Moser aveva il monopolio, è stato un po’ una cavia».

Lei invece si ritirò a 32 anni.

«Mi sono accontentato di una giovinezza sola dopo aver vinto due Giri d’Italia, un Mondiale, una Sanremo, un Giro di Lombardia e altre 120 corse. E i due Giri li ho vinti con le mie forze».

 

Moser, invece?

«Ha conquistato quello del 1984, disegnato per lui e dove la tappa dello Stelvio che gli sarebbe stata fatale venne cancellata per presunto maltempo. Superò il povero Fignon nella cronometro finale con una bici a ruote lenticolari che nessun’altro poteva permettersi. È stato bravo, ma queste cose vanno dette».

 

Anche i due Giri che lei ha vinto non erano proprio da scalatori.

«Infatti erano disegnati per Francesco che ho battuto sia nel 1979 che nel 1983 andando più forte di lui in salita e a cronometro. Ho vinto contro di lui e contro i suoi tifosi».

SARONNI MOSER 66

I famosi tifosi moseriani...

«Che in salita organizzavano catene umane per spingerlo quando arrancava e la notte si mettevano a fare schiamazzi sotto le camere d’albergo dove dormivo per non farmi dormire.Sa cosa mi fa impazzire?».

Cosa?

«Che nemmeno oggi, a 40 anni di distanza, Moser ammetta quanto io venissi molestato dai suoi tifosi e in che modo scorretto lo aiutavano. Ogni volta cambia discorso».

 

Quindi, più che di estrazione contadina e borghese, eravate di carattere completamente opposto.

«Sì. Ci beccavamo su tutto. Moser aveva un carattere impossibile anche con i suoi gregari che ancora adesso sono troppo educati per raccontare quanto venivano sfruttati e bastonati se non si sfiancavano per lui. Ma la gratitudine non è mai stata il suo forte. Le racconto una cosa».

 

Prego.

GIUSEPPE SARONNI

«Francesco ha vinto il suo mondiale a San Cristobal, in Venezuela, nel 1977. In quella corsa io che ero passato professionista da poco mi sacrificai per lui, come mi aveva chiesto il grande Alfredo Martini che dirigeva la nazionale. Pochi giorni dopo, al Giro del Lazio, eravamo in fuga io, lui e Felice Gimondi. Pensate mi abbia ricambiato il favore? No, pensò solo a vincere».

 

(…) Con Moser vi sentite?

«Spesso. Parla sempre solo lui, però: quando parte con i suoi discorsi è difficile interromperlo e comunque rischieremmo di litigare. Ci vediamo alle cerimonie e io compro regolarmente il suo vino che è davvero buono. Non guardo mai le fatture, ma non credo mi faccia sconti nemmeno lì».

 

C’è qualcosa su cui andate d’accordo?

«Nel giudicare lo stato del ciclismo italiano, che è davvero critico».

Perché?

«Per mille motivi: mancano gli sponsor, mancano i maestri, le strade sono così pericolose che i genitori non mandano i bambini ad allenarsi. E poi conta l’assenza di campioni che ispirino i giovanissimi».

 

(…)

Ci saranno un nuovo Moser e un nuovo Saronni?

saronni

«Non credo proprio e di sicuro non esisterà mai più una rivalità del genere. Con tutti i suoi eccessi e con i nostri caratteracci, sono stati anni meravigliosi: decine di migliaia di persone che stavano a bordo strada ad aspettare ore per tifare per te e contro di te, magari litigando tra loro ma innamorati persi dello sport».

Ultimi Dagoreport

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?

pippo baudo senato

SI E' SPENTO A 89 ANNI IL MITOLOGICO PIPPO BAUDO - L’UOMO CHE HA SCOPERTO TUTTI (PER PRIMO SE STESSO), DEMOCRISTIANO DI FERRO, HA ATTRAVERSATO CRISI DI GOVERNO E CAMBIAMENTI IN RAI E VANTA IL RECORD DEI FESTIVAL DI SANREMO CONDOTTI (13) – QUANDO SFIORÒ LA CRISI INTERNAZIONALE, NEL 1986, PER LO SKETCH DEL TRIO SOLENGHI-MARCHESINI-LOPEZ SULL'AYATOLLAH KHOMEINI. E QUANDO LANCIÒ BEPPE GRILLO CHE PRONUNCIÒ LA CELEBRE BATTUTA SU BETTINO CRAXI: "SE IN CINA SONO TUTTI SOCIALISTI, A CHI RUBANO?" (VIDEO) - "LO SHOWMAN DELLA TRADIZIONE, IL SUPERCONDUTTORE, L’ORGANIZZATORE DI UN INTRATTENIMENTO SEMPRE SINTONIZZATO SUL PENULTIMO PARADIGMA DEL CONSENSO POPOLARE, SENZA SQUILLI REAZIONARI E SENZA STRILLI AVANGUARDISTICI: CLASSI MEDIE, PUBBLICO MEDIO, SENSIBILITÀ MEDIA. PERCHÉ BAUDO È IL CENTRO. CULTURALE, POLITICO, SOCIALE" (EDMONDO BERSELLI)

putin trump

DAGOREPORT - IL FATTO CHE PUTIN SIA RITORNATO A MOSCA CON L’ALLORO DEL VINCITORE, LA DICE LUNGA DI COME SIA ANDATO L’INCONTRO CON TRUMP. DEL RESTO, COME PUOI CONFRONTARTI CON GLI ESPERTI DIPLOMATICI RUSSI (SERGEI LAVROV E YURI USHAKOV), AFFIANCATO DA UN SEGRETARIO DI STATO COME MARCO RUBIO, NOTORIAMENTE A DIGIUNO DI GEOPOLITICA, E DA UN VENDITORE DI APPARTAMENTI COME STEVE WITKOFF? – PUTIN, SORNIONE, HA CERCATO DI CONVINCERE TRUMP DI TAGLIARE I LACCI E LACCIUOLI CON I LEADER EUROPEI - MISSIONE NON OSTICA VISTO I “VAFFA” ALLA UE, ULTIMO DEI QUALI LA GUERRA DEI DAZI - TRA VARI MOTIVI CHE MANTENGONO ACCESO UN INTERESSE DI TRUMP CON L’EUROPA, FA CAPOLINO L’EGO-SMANIA DI ESSERE INCORONATO, COME OBAMA, CON IL NOBEL DELLA PACE. ONORIFICENZA CHE VIENE PRESA A OSLO E NON A MAR-A-LAGO - E ADESSO COSA POTRÀ SUCCEDERE LUNEDÌ PROSSIMO NELLA SALA OVALE DOVE È ATTESO L’INCONTRO TRA TRUMP E ZELENSKY? LA PAURA CHE IL LEADER UCRAINO SI PRENDA UN’ALTRA DOSE DI SCHIAFFI E SBERLEFFI DAL TROMBONE A STELLE E STRISCE INCOLPANDOLO DI ESSERE IL RESPONSABILE DEL FALLIMENTO DELLA SUA TRATTATIVA CON MOSCA, HA SPINTO MACRON A CONVOCARE I ''VOLENTEROSI'' -OBIETTIVO: PREPARARE ZELENSKY AL SECONDO ROUND CON IL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA...

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - COME DESTABILIZZARE IL NEMICO PIÙ INTIMO? SEGUITE IL METODO MELONI: AD OGNI INTRALCIO CHE SI INVENTA QUEL GUASTAFESTE DI SALVINI, LA MINACCIA DELLA DUCETTA È SEMPRE LA STESSA: ANDIAMO AL VOTO ANTICIPATO E VEDIAMO QUANTO VALE NELLE URNE ‘STO CARROCCIO - QUESTO RITORNELLO MELONIANO DI ANTICIPARE DI UN ANNO LE POLITICHE 2027, PERCHÉ NON LO FA SUO ANCHE ELLY SCHLEIN? ANZICHÉ STAR LÌ A PIAGNUCOLARE DI “SALARIO MINIMO”, DI “POLITICA INDUSTRIALE CHE NON C’È” E DI “CETO MEDIO IMPOVERITO”, SE L’ITALIA VA A PUTTANE, METTA L'ARMATA BRANCA-MELONI IN DIFFICOLTÀ: SI TOLGA L’ESKIMO DA GRUPPETTARA E LANCI LEI A GRAN VOCE UNA BELLA CAMPAGNA FATTA DI SLOGAN E FRASI AD EFFETTO PER CHIEDERE LO SFRATTO DEL GOVERNO, LANCEREBBE COSI' UN GUANTO DI SFIDA ALL’ARROGANZA DELLA DUCETTA, METTENDOLA IN DIFFICOLTÀ E NELLO STESSO TEMPO RIUSCIREBBE A TRASMETTERE AL POPOLO DISUNITO DELL’OPPOSIZIONE UN SENTIMENTO FORTE, AFFINCHE' IL SOGNO DI MANDARE A CASA GIORGIA MELONI POSSA DIVENTARE REALTÀ - SE OGGI, LA STORIA DEI NUOVI MOSTRI POLITICI SI FONDA SULL’IMMAGINARIO, COSA ASPETTA ELLY SCHLEIN A CAMBIARE MUSICA?

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…