CHI SI COMPRA IL CALCIO? - SUI DIRITTI TV LEGA SPACCATA MENTRE SI CONSUMA UN’INEDITA DIVERGENZA NELLA REAL CASA DI ARCORE TRA MEDIASET E GALLIANI

Stefano Carli per "Affari & Finanza - la Repubblica"

La conta è fissata per oggi, lunedì: nella sede milanese della Lega Calcio, la Confindustria della Serie A del pallone. Non è una riunione ufficiale, non si chiuderà con un voto ma servirà per vedere quanti tra manager e presidenti delle 20 squadre del nostro massimo campionato si presenteranno e quanti no.

La posta in gioco è il pasticcio dei diritti tv, che stavolta non è solo una transazione commerciale ma è anche il palcoscenico dove si starebbe apparentemente consumando una inedita divergenza dentro la real casa di Arcore tra Adriano Galliani, ad del Milan e le esigenze di Mediaset.

L' appuntamento di oggi è uno snodo cruciale per capire se il tentativo di Infront Media di congelare lo status quo attuale fino al 2021, avrà avuto successo oppure no. La Infront Italia fa capo a Marco Bogarelli, manager con un passato vicino al mondo Fininvest e un presente in Infront Sports & Media di cui è uno dei 5 membri del board e tale è rimasto anche dopo che la holding svizzera è stata acquisita nel 2011 dal fondo di private equity britannico Bridgepoint che già controlla la Dorna, l'organizzatrice e detentrice dei diritti tv di MotoGp e Superbike. In Italia però Infront è un advisor particolare.

Non si limita a preparare i pacchetti da offrire alle pay tv e a scrivere un bando di gara (attività che nel resto d'Europa comporta qualche mese di lavoro un compenso da studio legale, di qualche milione al massimo) ma si è ritagliato un ruolo che accompagna tutta la durata del contratto e per cui riceve un compenso proporzionale agli introiti prodotti per la Lega e che in questi anni di contratto è oscillato tra i 30 e i 40 milioni l'anno.

Prende cioè da sola più di una squadra minore della Serie A. In più si fa pagare da 18 squadre su 20 l'organizzazione delle riprese tv negli stadi (solo Juve e Napoli fanno da sole) e da 13 squadre su 20 la commercializzazione di altri diritti legati al marchio.

Tutto questo per dire che il contratto Infront ha un costo che pesa, specie in questi tempi di vacche magre. Adesso alcune squadre (i 7 club "ribelli" sono state definite: ossia Juve, Fiorentina, Roma, Inter, Sampdoria, Verona e Sassuolo) hanno puntato il dito contro la poca trasparenza sulla vendita dei diritti esteri, da cui la Serie A ha incassato una media di 110 milioni l'anno mentre alcune testimonianze indirette (di documenti in Lega non se ne sono visti) parlerebbero di una vendita per un valore complessivo sopra i 200 milioni.

Quello che non convince le "ribelli" è un calcolo semplice: va bene che quello italiano non è più il campionato più bello del mondo e che è stato superato, oltre che dagli inglesi, anche dalla Liga spagnola e dalla Bundesliga tedesca, ma questa differenza non può essere di 8 a 1, visto che i 110 milioni italiani vanno confrontati con i circa 900 che la Premier League incassa dalle tv estere, dopo aver incamerato 1,3 miliardi dalla vendita dei diritti in casa, a BSkyB e a Bt. Nel 2008 la Lega Calcio preferì l'offerta di Infront Italia a quella di concorrenti di peso. Due big della consulenza come Kpmg e Price Waterhouse & Cooper, e un gruppo specializzato in diritti sportivi come l'americana Img.

Infront venne preferita perché si era impegnata a garantire un minimo contrattuale annuo di 900 milioni per i diritti italiani, cosa che le altre società non ritennero di poter fare. Di fatto la scorsa estate si è scoperto che la garanzia presentata da Infront Italia altro non era che una lettera di patronage della sua capogruppo.

Secondo la Infront un documento valido e bancabile: per ottenere anticipi, per esempio, visto che i club ottengono il controvalore dei diritti diluiti nel corso dell'anno mentre hanno bisogno di risorse a inizio campionato per le campagne acquisti. E di fatto nessuno ha mai messo alla prova il valore della garanzia di Infront perché quando alcuni club hanno effettivamente chiesto anticipi alle banche, hanno portato non il contratto con Infront ma quello con la Lega, che nessuno istituto si è sognato di mettere in dubbio.

Ma il vero capolavoro Infront l'ha messo in carniere quando è riuscita a ottenere dalla Lega, due anni fa, di farsi prolungare il contratto fino a tutto il 2016. Ciò vuol dire che non solo la prossima assegnazione triennale, che si terrà l'anno prossimo, ma anche il primo campionato dei tre che si terranno tra 2015 e il 2018 non potranno non essere di sua spettanza. Infront, non contenta, chiede di prolungare la sua esclusiva fino al 2021. Le pay tv vogliono muoversi su contratti pluriennali e quindi non si può certo spacchettare il triennio.

Quindi, fino al 2018 Infront è sostanzialmente a posto perché la Lega si è praticamente legata le mani da sola. Ma allora, da cosa nasce il fermento di queste settimane? Dal timore dei sette club "ribelli" che la situazione resti bloccata per ben otto anni e che le cose non possano andare bene come fino ad oggi. Finora la tv ha pagato al calcio italiano un miliardo di euro l'anno.

Cifra che ne fa uno dei campionati più cari che ci sia in circolazione. Andrea Zappia, ad di Sky Italia, lo dice a chiare lettere da tempo: la Serie A vale da sola ben oltre la metà di tutti i diritti sportivi nel bilancio del suo gruppo, Formula 1 compresa. E ha già fatto sapere che l'attuale divisione di prezzo tra la pay tv satellitare e quella "terrestre" di Mediaset non può più continuare oltre il campionato 2014-2015, quando scadrà l'attuale contratto. Sky paga infatti 570 milioni di euro l'anno per tutte e 380 le partite di Serie A.

Mediaset ne paga quest'anno 270, meno della metà. Una differenza che ha due giustificazioni: le partite sono una cinquantina in meno (ma i big match e i derby ci sono tutti) e il contratto risale a prima dello switch off del digitale terrestre, quando la copertura era ridotta. Condizioni dunque non più replicabili. Gli interessi di Sky e Mediaset, tanto per cambiare, divergono anche qui.

Zappia ha più volte dichiarato che non è disposto a pagare la stessa cifra in queste condizioni, ma ha fatto capire che potrebbe invece anche alzare la posta a patto di avere delle esclusive: un modello simile a quello inglese in cui non solo non si vendono tutte le partite di campionato, ma si creano pacchetti diversi. E ha fatto balenare ai club, affamati di soldi, che la attuale divisione per piattaforme separate, terrestre e satellite, non mette in competizione tra di loro i due unici offerenti (Sky e Mediaset, appunto).

Una competizione che darebbe vantaggi sia al vincitore, che sarebbe l'unico ad offrire una determinata partita, sia alle squadre che massimizzerebbero gli introiti. Mediaset invece punta a mantenere le cose così come stanno. E si trova in singolare sintonia con Infront che ha chiesto il secondo prolungamento di contratto sempre su questa stessa base. Ma se il meccanismo dovesse restare così com'è, le uniche due voci che potrebbero aumentare sostanzialmente sono solo i diritti esteri e quelli sul digitale terrestre.

La Lega e il suo presidente Maurizio Beretta sono in difficoltà. Alle prime proteste di Sky ha minacciato di non vendere più i diritti ma di gestirli in proprio creando una pay tv tutta sua: d'altra parte le riprese le fa già la stessa Infront. Ma le riprese sono il meno: si tratta di scegliere un sistema di codifica, una piattaforma in grado di gestire il segnale verso reti diverse (satellite, terrestre, Internet, cellulari e tavolette), serve un sistema di billing e di gestione abbonati. E tante spese di marketing.

Insomma, si può fare ma non è detto che sia redditiva. Se non altro, non certo nei primi anni. E infatti l'ipotesi sarebbe già tramontata. Tra dirigenti e manager dei club lo si dà per certo, come pure che lo stesso Galliani avrebbe frenato. Certo, per Mediaset poteva essere una buona soluzione: avrebbe potuto inserirla nel suo pacchetto pay Premium e sostenere così il numero degli abbonati.

Con meno margini ma anche con meno costi, guadagnando così tempo in attesa di capire cosa fare dei suoi canali pay. Sarebbe anche stato un modo per uscire dalla competizione diretta con Sky a testa alta, senza dover affrontare lo scontro diretto in un'asta a due per i diritti. Ma evidentemente il prezzo di una soluzione del genere finirebbe per gravare sulla Lega stessa e quindi sulle squadre.

E questo calcolo evidentemente gira. Al momento i sette "ribelli" sembrano compatti. Sono una minoranza, ma una minoranza "qualificata" (ci sono dentro Roma e Inter, i due club a proprietà straniera, più sensibile ai conti e meno alla politica, si suppone) e non aggirabile, visto che le altre 13 squadre non hanno i numeri per far passare delle decisioni (la maggioranza è di 14). Senza contare che Napoli, Chievo, Udinese, forse perfino il Torino di Urbano Cairo, fresco patron di La7, potrebbero ingrossare le fila della protesta.

 

 

FOTO GALLIANI BARBARA BERLUSCONIde laurentiisGIGGINO E AURELIONE AI TEMPI D'ORO pescante malago pallotta tripi foto mezzelani gmt pallotta foto mezzelani gmt MORATTI THOHIRlotito foto mezzelani gmt ANTONIO MACALUSO E ANDREA ZAPPIA ANDREA ZAPPIA E LUIGI GUBITOSI urbano cairo mediaset premiumAntenne Mediaset

Ultimi Dagoreport

donald trump benjamin netanyahu iran israele stati uniti khamenei fordow

DAGOREPORT – COME MAI TRUMP HA PERSO LA PAZIENZA, IMPRECANDO IN DIRETTA TV, SULLE "VIOLAZIONI" DELLA TREGUA IN MEDIO ORIENTE DA PARTE DI NETANYAHU? "NON SANNO COSA CAZZO STANNO FACENDO. DOBBIAMO FAR CALMARE ISRAELE, PERCHÉ STAMATTINA SONO ANDATI IN MISSIONE"? - È EVIDENTE IL FATTO CHE IL “CESSATE IL FUOCO” CON L’IRAN NON RIENTRAVA NEI PIANI DI BIBI NETANYAHU. ANZI, IL PREMIER ISRAELIANO PUNTAVA A PORTARE A TERMINE GLI OBIETTIVI DELL’OPERAZIONE “RISING LION” (DOVE SONO FINITI 400 CHILOGRAMMI DI URANIO?), MA È STATO COSTRETTO AD ACCETTARLO DA UN TRUMP IN VENA DI PREMIO NOBEL PER LA PACE. D’ALTRO CANTO, ANCHE A TEHERAN LA TREGUA TRUMPIANA NON È STATA PRESA BENE DALL’ALA OLTRANZISTA DEI PASDARAN… – VIDEO

elly schlein gaetano manfredi giorgio gori stefano bonaccini pina picierno vincenzo de luca matteo ricci

DAGOREPORT - MENTRE ASSISTIAMO A UNO SPAVENTOSO SVALVOLAMENTO GLOBALE, IN ITALIA C’È CHI SI CHIEDE: ‘’COME SI FA A MANDARE A CASA LA SPERICOLATA ELLY SCHLEIN?’’ - ANCHE SE HA UN IMPATTO MEDIATICO PIÙ TRISTE DI UN PIATTO DI VERDURE LESSE, LA FANCIULLA COL NASO AD APRISCATOLE HA DIMOSTRATO ALTE CAPACITÀ DI TESSERE STRATEGIE DI POTERE, PRONTA A FAR FUORI IL DISSENSO DELL’ALA CATTO-DEM DEL PD - SE IL CENTRO RIFORMISTA HA LA MAGGIORANZA DEGLI ISCRITTI DEL PD, HA PERMESSO DI AVERE UN RISULTATO IMPORTANTE ALLE EUROPEE E FA VINCERE CON I SUOI CANDIDATI LE PROSSIME REGIONALI, PERCHÉ NON TIRA FUORI UN LEADER ALTERNATIVO AL SINISTRISMO FALCE & MART-ELLY? -  LIQUIDATO BONACCINI, ORMAI APPIATTITO SULLA SCHLEIN, SCARTATO DECARO PRIVO DEL CORAGGIO PER SPICCARE IL VOLO, SULLA RAMPA DI LANCIO CI SONO IL SINDACO DI NAPOLI, GAETANO MANFREDI, MA SOPRATTUTTO GIORGIO GORI. L’EUROPARLAMENTARE ED EX SINDACO DI BERGAMO È IN POSSESSO DEL FISICO DEL RUOLO PER BUCARE LO SCHERMO E IL MELONISMO PAROLAIO. A PARTE LE GELOSIE INTERNE DEI RIFORMISTI, LA BASE, CON LA GRUPPETTARA ELLY AL COMANDO, OGGI È TALMENTE RADICALIZZATA CHE RIUSCIRÀ AD INGOIARE UN EX MANAGER DI MEDIASET SULLA PRIMA POLTRONA DEL NAZARENO?

alessandro giuli

DAGOREPORT - MA COME SCEGLIE I COMPONENTI DELLE COMMISSIONI L’INFOSFERICO MINISTRO DELLA CULTURA, ALESSANDRO GIULI? I DIRETTORI DI CINQUE MUSEI STATALI (MUSEI REALI DI TORINO, GALLERIA DELL’ACCADEMIA E BARGELLO DI FIRENZE, COLOSSEO, MUSEO NAZIONALE ROMANO E MUSEO ARCHEOLOGICO DI NAPOLI) SARANNO SELEZIONATI DA UNA COMMISSIONE FORMATA DALLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DA GIURISTI - PEGGIO CI SI SENTE SE SI PENSA CHE I TRE CANDIDATI PER CIASCUN MUSEO SCELTI DA QUESTA COMMISSIONE GIURISPRUDENZIALE SARANNO POI SOTTOPOSTI AL VAGLIO FINALE DEL LAUREANDO MINISTRO…

FLASH! – SE URBANO CAIRO NON CONFERMA MENTANA ALLA DIREZIONE DEL TGLA7 ENTRO IL PROSSIMO 30 GIUGNO, CHICCO ALZA I TACCHI E SE NE VA – IL CONTRATTO SCADE A FINE 2026 MA A LUGLIO C’E’ LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI – PARE CHE QUESTA VOLTA NON CI SIA DI MEZZO IL DIO QUATTRINO, BENSI’ QUESTIONI DI LINEA POLITICA (GIA' NEL 2004 MENTANA FU PRATICAMENTE “CACCIATO” DAL TG5 DOPO UN VIOLENTISSIMO SCAZZO CON SILVIO BERLUSCONI E I SUOI “DESIDERATA”, E FU SOSTITUITO DAL SUO VICE MIMUN…)

meloni macron merz starmer trump iran usa attacco bombardamento

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI STA SCOPRENDO CHE VUOL DIRE ESSERE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI UN PAESE CHE NON HA MAI CONTATO UN TUBO: PRIMA DI PROCEDERE AL BOMBARDAMENTO DEI SITI IRANIANI, TRUMP HA CHIAMATO IL PREMIER BRITANNICO, KEIR STARMER, E POI, AD ATTACCO IN CORSO, HA TELEFONATO AL TEDESCO MERZ. MACRON È ATTIVISSIMO COME MEDIATORE CON I PAESI ARABI: FRANCIA, REGNO UNITO E GERMANIA FANNO ASSE NEL GRUPPO "E3", CHE TIENE IL PALLINO DEI NEGOZIATI CON L'IRAN  – L’AFFONDO DI RENZI: “LA POLITICA ESTERA ITALIANA NON ESISTE, MELONI E TAJANI NON TOCCANO PALLA”. HA RAGIONE, MA VA FATTA UN’INTEGRAZIONE: L’ITALIA È IRRILEVANTE SULLO SCACCHIERE GLOBALE, INDIPENDENTEMENTE DA CHI GOVERNA...

donald trump mondo terra brucia guerra iran nucleare

DAGOREPORT – BENVENUTI AL CAOS MONDIALE! AL DI LA' DEL DELIRIO DI PAROLE, ANNUNCI E BOMBARDAMENTI DI TRUMP, C’È LA DURISSIMA REALTÀ DEI FATTI. L’ATTACCO ALL’IRAN AVRÀ CONSEGUENZE POTENZIALMENTE DEVASTANTI IN OGNI ANGOLO DEL MONDO – UN'EVENTUALE CHIUSURA DELLO STRETTO DI HORMUZ FAREBBE SCHIZZARE IL PREZZO DEL PETROLIO, CON CONTRACCOLPI ENORMI SULLA CINA (PRIMO CLIENTE DEL GREGGIO IRANIANO) E DANNI PESANTI SULL'EUROPA – I TRE POSSIBILI SUCCESSORI DI KHAMENEI SONO TUTTI PASDARAN: SE MUORE LA GUIDA SUPREMA, IL REGIME DIVENTERÀ ANCORA PIÙ OLTRANZISTA – UN'ALTRA FACCIA DEL BUM-BUM TRUMPIANO E' LA FRATTURA NEL PARTITO REPUBBLICANO USA: L'ALA “MAGA” CAPITANATA DA JD VANCE SI SENTE TRADITA DAL TRUMP BOMBAROLO (L’HA VOTATO PERCHÉ SI OCCUPASSE DI FAR TORNARE "L'ETA' DELL'ORO" IN AMERICA, NON PER BUTTARE MILIARDI DI DOLLARI PER ARMI E INTELLIGENCE IN UCRAINA E ISRAELE)