
“TOTTI È UN FIGLIO, ILARY UNA PICCOLA DONNA. LA MIA COMPAGNA MAI MI HA MESSO IN IMBARAZZO INTROMETTENDOSI CON COSÌ TANTA ARROGANZA E MALEDUCAZIONE NEL MIO LAVORO” – IL CT LUCIANO SPALLETTI, NEL LIBRO “IL PARADISO ESISTE... MA QUANTA FATICA” SCRITTO CON GIANCARLO DOTTO, TIRA UNA STILETTATA ALLA BLASI CHE LO AVEVA DEFINITO “PICCOLO UOMO” (“SPERO CHE SI SIA PENTITA”) E TORNA SUL RAPPORTO CON IL PUPONE: "TOTTI È STATO IDOLATRATO A ROMA E QUESTO FORSE LO HA “VIZIATO” UN PO’. MOLTI HANNO SOSTENUTO CHE SONO STATO IO A FARLO RITIRARE. FALSO. IL SUO DESTINO ERA SEGNATO E LA SOCIETA' HA SBAGLIATO A NON PRENDERSI LE PROPRIE RESPONSABILITA'…” - VIDEO
luciano spalletti francesco totti
Luciano Spalletti da oggi in libreria con “Il paradiso esiste... Ma quanta fatica” scritto con Giancarlo Dotto. Ne pubblichiamo un estratto
Francesco Totti è, nel bene e nel male, l’esempio più estremo del mio modo di rapportarmi a un calciatore. […] Molti hanno sostenuto che sono stato io a far ritirare Totti. Falso. Il mito di Totti, la bandiera, erano aspetti che andavano gestiti dalla società, non da me. L’avevo chiesto con chiarezza al mio ritorno.
Non mi si doveva mandare al massacro in quell’uno contro tutti. Io ho sempre messo in campo la formazione con cui pensavo di vincere, né più né meno. Ma la Sud a un certo punto si è schierata contro di me. Tutti i media hanno cavalcato la guerra contro Spalletti.
Qualche copia in più in tempi di magra, li capisco. Eppure, la squadra era con me: se avessi fatto dei torti al loro capitano — considerato che in spogliatoio c’era gente di personalità del calibro di De Rossi, Strootman, Nainggolan, Seydou Keita, Maicon –, i giocatori sarebbero certamente insorti a difesa di Francesco. Ma così non è stato.
A nulla è servito ribadire, nei mesi successivi, che non sono stato io ad allontanare Totti dalla Roma.
Ero disponibile ad assecondare qualunque sua scelta. Per rafforzare questo concetto e “liberare” Totti dal “nemico” Spalletti, ho detto pubblicamente che non avrei rinnovato il contratto con la Roma: mi sono dimesso anche per questo motivo, per evitare che mi fosse addossata una responsabilità che non avevo e che non era giusto darmi.
La verità è che — giusto o sbagliato che fosse — il destino del numero 10 a Trigoria era segnato. Ma la verità, si sa, è solo di chi la vuole vedere.
Abbiamo sbagliato tutti in quella situazione. Ha sbagliato la società a non prendersi le proprie responsabilità e a lasciare che l’allenatore affrontasse da solo una vicenda così complicata; ho sbagliato io, come spesso mi succede, a non mettere qualche sfumatura in più in ciò che dicevo; ha sbagliato Francesco e credo — sono convinto — che, a distanza di tempo, l’abbia capito.
Quando smetti di giocare a calcio, scopri di non essere più una divinità: all’inizio è crudele, ma poi, se non sei fatto di legno, questa consapevolezza ti fa diventare un uomo migliore, affina la sensibilità e la comprensione degli altri.
Capita ai più grandi. È capitato anche a Francesco.
Di sicuro, Francesco Totti è stato il capitano a cui mi sono dato di più. Amavo pensare che il mio destino di allenatore stesse nei piedi di questo gigante del nostro sport.
spalletti con il disco piccolo uomo
Mi sentivo protetto dal suo enorme talento. Ho fatto cose per lui che non ho fatto per nessun altro. Francesco non può nemmeno immaginare quanto io abbia compreso le sue ragioni, le sue esitazioni, il suo dramma nel dover lasciare il calcio. Carne della sua carne.
La sua carne era parte della Roma, lui era la Roma, anche la sua ruggine lucidava il metallo. Io, però, come responsabile chiamato per rigenerare un gruppo in difficoltà, dovevo pensare e agire diversamente.
Il nostro è stato uno scontro non fra due persone (personalizzarlo è stato, forse, un errore nostro, e soprattutto una perversione dei giornali) ma fra due prospettive opposte. Io dovevo pensare al bene della squadra. Lui, come tanti altri campioni prima e dopo di lui, non riusciva ad accettare che fosse messa la parola fine a quella storia grandiosa. Nasce qui l’incidente. E l’equivoco.
Ciò che pensavo era che quel Totti lì, un totem di quasi quarant’anni, dalle virtù calcistiche intatte ma dalla mobilità inevitabilmente ridotta, dovesse essere utilizzato con parsimonia: entrare in campo con tutta la sua forza carismatica e la sua esperienza nelle situazioni difficili per esaltare lo stadio e per aiutare la squadra.
Persone più colte di me mi hanno suggerito l’espressione deus ex machina. Il salvatore della patria che scende dal cielo con i suoi superpoteri e, in mezz’ora, venti minuti, ma anche dieci, ribalta il destino di una partita.
Nella mia testa era questa l’uscita di scena più dignitosa possibile per uno con la sua storia. Il suo carisma era talmente penetrante che i più giovani in campo, palla al piede, cercavano solo lui. Questo poteva essere utile in una porzione ridotta di partita, ma dannoso se spalmato nei novanta minuti.
Totti è stato idolatrato a Roma e questo probabilmente lo ha “viziato” un po’, gli ha impedito di percepirsi diversamente. Francesco per me sarà sempre come un figlio, allo stesso tempo la sua ex moglie non sarà mai per me come una nuora.
Quando lei mi offese gratuitamente presi ancora più consapevolezza di quanto fossi un uomo fortunato ad avere al mio fianco una compagna molto intelligente, che mai mi ha messo in imbarazzo intromettendosi con così tanta arroganza e maleducazione nel mio lavoro.
Può capitare, nel corso di una vita, di essere un piccolo uomo o una piccola donna. Certamente lo è stata lei quando si è permessa di rivolgersi a me in quel modo. Cosa della quale — immagino — si sarà pentita.
C’è una cosa che non gli ho mai detto, a Francesco, nemmeno il giorno in cui ci siamo riabbracciati al Bambin Gesù, e ne approfitto per dirgliela ora. Una notte, quando in città non si parlava d’altro che di noi, della nostra storia, ti ho sognato mentre mi venivi a dire queste parole: «Mister, ho capito di aver sbagliato con te. Ho capito che, in realtà, tu non mi stai penalizzando come pensavo ma, al contrario, stai facendo di tutto per allungarmi la carriera…». Poi mi sono svegliato.