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SENZA CRUCCO E SENZA INGANNO – MURA E SCONCERTI SULLA VITTORIA TEDESCA: MERITATA - CALCIO ORGANIZZATO CHE RENDE PREZIOSO QUELLO CHE HA E NON HA MAI VISTO UN FUORICLASSE STRANIERO, MAI MARADONA, MAI RONALDO, MAI IBRA O CRUIJFF

1 - LA GERMANIA SI PRENDE ANCHE IL MONDIALE

Gianni Mura per “La Repubblica

 

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Vince la Germania. Era previsto. Però fa molta fatica, la vittoria arriva ai supplementari. La Germania merita di vincere questo Mondiale per come ha giocato nell’ultimo mese, ma ieri l’Argentina ha fatto di tutto per impedirglielo. Il ct Sabella, con quell’aria e quel vestito triste da padre della sposa che non è del tutto sicuro della serietà dello sposo, ha attuato un
doppio sbarramento difensivo contro il quale si sono spezzate tutte le idee della Germania.

 

Le speranze dell’Argentina erano soprattutto su Messi, la pulce, il piccolo mago, l’uomo dai dribbling e dai tiri impossibili. Peccato per l’Argentina che Messi non sia mai stato in partita. Anche l’ultima occasione, una punizione dal limite nei minuti di recupero del secondo tempo supplementare, l’ha tirata alta di tre metri.

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Non è da lui. Ed è il segno che forse, come tanti, è arrivato spremuto a questo appuntamento. Però, per quest’appuntamento, l’Argentina si è messa il vestito di gala. Ha giocato come non aveva mai fatto in questo Mondiale. Ha messo paura fin dall’inizio alla Germania. Ha avuto le due più chiare occasioni da gol su azione, nei tempi regolamentari.

 

Una oscenamente e largalamente sprecata da Higuain, un’altra da Palacio dopo un controllo approssimativo, ma era già un’occasione meno chiara. Per la Germania, ed è tutto dire, solo un palo su calcio d’angolo, capocciata di Höwedes. Per il resto, Germania a cercare di costruire gioco ma con affanno, con poca lucidità, e Argentina lucidissima nel contropiede. È stata una partita non bellissima ma molto vera, molto sofferta.

 

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Se da un lato è mancato Messi, dall’altro, per mancanza di rifornimenti, sono mancati i due goleador designati: Klose e Müller. Löw ha il merito di aver indovinato un cambio perché Mario Götze, entrato al posto di Klose, nel secondo tempo supplementare ha deciso la partita, stop di petto e sinistro al volo su assist di Schürrle. Siccome nessuno è perfetto, Löw ha il torto di aver tenuto in campo fino alla fine un Özil assolutamente inguardabile.

 

La Germania, non a caso, partiva favorita. Al suo gioco è mancato, prima dell’inizio, Khedira. Un uomo fondamentale per il centrocampo. Al suo posto, uno scialbo Kramer, che s’è infortunato ed è stato sostituito da Schürrle. In queste condizioni, il gioco della Germania tendeva ad appoggiare sempre sul lato destro, per Lahm, però raddoppiato dalla difesa argentina come se fosse Messi.

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Ammirevole, l’Argentina. Aveva un giorno in meno di riposo, più i supplementari e i rigori con l’Olanda. Aveva un’età media di 29 anni contro i 26 dei tedeschi. Aveva, ed ha ancora, ma non gliene importa nulla, la miglior difesa: solo tre gol subiti. Adesso sono quattro, come quelli dei tedeschi, che però hanno fatto diciotto gol contro gli otto degli argentini. Questi numeri, in modo asciutto, spiegano perché la Germania ha meritato di vincere.

 

E sono quattro Mondiali, come quelli dell’Italia. Davanti c’è solo il Brasile. L’età media della squadra dice che la Germania ha fatto un buon lavoro a livello giovanile, in più questa squadra può contare sull’ossatura del Bayern: sei titolari su undici. Consolazione nostrana, l’arbitraggio di Rizzoli: molto buono, non perfetto: ha risparmiato due cartellini gialli a Mascherano e Aguero, nei supplementari, quando ormai la partita era diventata uno scontro fisico più che tecnico e tattico. Si discute anche sull’uscita alta di Neuer su Higuain: il portiere travolge l’attaccante, ma lo anticipa nell’intervento di pugno.

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Mai una squadra europea aveva vinto il Mondiale nelle Americhe. Ci riesce la Germania, che già ci era andata vicina nel 1986 in Messico, quando era sotto 0-2 con l’Argentina, rieccola, fino al 25’ del secondo tempo, si portò sul 2-2 e Burruchaga la beffò a cinque minuti dalla fine.


L’Argentina, che fino a ieri sera aveva sempre e solo vinto con un gol di scarto, perde con un gol di scarto. È una squadra tenace, mai morta, merita molti elogi, per lo spirito e la capacità di lotta. Nel momento più importante, è completamente mancato il tenorino, Messi.

 

La Germania non ha avuto i tenori tanto attesi, ma uno che la buttasse dentro, Götze, l’ha trovato. È suo il presente, ma anche un po’ di futuro, vista l’età media della squadra. C’è un pizzico di Guardiola, oltre che di Bayern, in questa vittoria. Götze è un giocatore che Guardiola ha fortemente voluto al Bayern, perché fosse, più o meno tra virgolette, il loro Messi. Alla fine, piaccia o no, la differenza l’ha fatta lui.

 

2 - HA VINTO IL CALCIO PIÙ LOGICO

Mario Sconcerti per “Il Corriere della Sera

 

Ha vinto la Germania del calcio organizzato, quella dei passaggi e della modernità. La Germania che fa da esempio al mondo nell’educazione dei giovani, che ha il movimento meno spettacolare e il più ricco. Perfino la Germania che rende prezioso quello che ha e non ha mai visto un fuoriclasse straniero, mai Maradona, mai Ronaldo, mai Ibrahimovic o Cruijff.

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La Germania multietnica che s’inventa il suo oro come un vecchio artigiano, ma gestisce il calcio come una multinazionale. Ha perso l’Argentina dei solisti, della grande difesa, l’Argentina di Messi, scomparso nel finale per soli uomini veri, l’Argentina che ricorda l’Italia di Lippi, un gioco severo e organizzato, alla fine quasi tradito dai suoi migliori. Per il Mondiale la Germania è una buona soluzione universale, per gli amanti dell’individuo è mancato invece qualcosa di spettacolare e finale.

 

Due squadre opposte, intense, che si sono quasi annullate nello sfinimento fisico e in uno strano equilibrio tattico pieno di contraddizioni. È stato alla lettera il calcio del mondo con tutti i suoi particolari e le diversità. Ha vinto un calcio appena più logico, ma ha deciso la giocata eccezionale di un singolo, Götze. Il cerchio complessivo che si è chiuso. Non è stata la Germania del 7-1.

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L’Argentina, ha costretto spesso i tedeschi a correre in modo abbastanza banale. In una partita fondamentalmente stanca, dove la grande bellezza era tutta nell’importanza delle emozioni, i solisti dell’Argentina hanno dato più spesso l’idea di poter andare oltre la partita. Messi non è stato travolgente, ma è rimasto in partita fino ai tempi supplementari. Sono stati però gli uomini e lo spazio persi per la sua marcatura a riequilibrare il centrocampo argentino, altrimenti sempre in inferiorità numerica.

 

Messi ha saltato spesso l’avversario, quasi sempre ha fatto il trequartista, un po’ arretrato rispetto alle due punte, un ruolo di minori scatti che attirava però più uomini in marcatura. Ricordo la finale del 1990 a Roma persa dall’Argentina contro la Germania per un gol di Brehme su rigore.

 

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C’era Maradona, ma non era in condizione e rimase sempre ai margini. Nessuno disse per questo che aveva perso la sua corsa con Pelé. Sarebbe ingiusto dirlo adesso per Messi che stavolta ha cercato almeno la differenza finale. Certo la terra degli dei si è allontanata. Più generoso e più confuso Müller, che ha cercato la partita finale senza trovarla. Ma ha trovato la Coppa di campione del mondo.

 

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