eleganza fascista sofia gnoli

FASCISTE E FASCIATE. DA SPLENDIDI VESTITI - LA STORICA DELLA MODA SOFIA GNOLI PUBBLICA ‘ELEGANZA FASCISTA’: COME LA MODA ITALIANA SI AFFERMO' NEL VENTENNIO - LA BATTAGLIA DI MARINETTI CONTRO ‘LE STOFFE DOLCI CHE DISTRUGGONO NEL MASCHIO L’ASSAPORAMENTO DELLA CARNE FEMMINILE’ - IL MATRIMONIO DI EDDA MUSSOLINI E GALEAZZO CIANO - LE ZEPPE DI SUGHERO DI FERRAGAMO, LE PELLICCE D’ESTATE

sofia gnoli eleganza fascistasofia gnoli eleganza fascista

Estratti da ‘ELEGANZA FASCISTA - IN NOME DELLA MODA ITALIANA’

 

Storia, moda, donne e regime sono gli ingredienti principali di “Eleganza Fascista”, il libro di Sofia Gnoli (Carocci Editore) che attraverso documenti inediti e rare testimonianze, ripercorre la storia dell’affermazione della moda italiana, a partire dagli anni Venti, fino al suo grande riconoscimento internazionale dopo la Seconda guerra mondiale.

 

 

diventa   129 sorelle botti bellezza luglio 1942diventa 129 sorelle botti bellezza luglio 1942

BATTAGLIE CONTRO IL LUSSO

Era il 1920 quando Marinetti elaborò il manifesto Contro il lusso femminile in cui condannava la cosiddetta “toilettite” e difendeva la naturalezza del corpo in contrapposizione a uno stile artificiale e decadente: “i gioielli e le stoffe dolci al tatto distruggono nel maschio l’assaporamento tattile della carne femminile”. Di tutta risposta, Lydia de Liguoro, direttrice della rivista patinata Lidel, nonché sfegatata promotrice di una moda italiana svincolata dall’influenza parigina, tuonò: “non bisogna combattere contro il lusso, ma contro il lusso d'importazione straniera”.

  089 boccasile bellezza lug ago 1941 089 boccasile bellezza lug ago 1941

 

SARTINE

SOFIA GNOLI CESARE CUNACCIA SOFIA GNOLI CESARE CUNACCIA

Alla moda confezionata le signore preferivano ancora le consuete sartine. “Le mie predilette” scriveva Irene Brin “sono le sartine indipendenti, le isolate, che abitano una periferia percorsa da treni e cuciono nella stanza da letto, misurano nella sala da pranzo (c’è sempre un grosso tavolo con tappeto di pizzo ed aspidistra in vaso d’ottone, ed il lume trema al passaggio dei camion)”.

 

MATRIMONI

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La Casa Reale e la famiglia del Duce contribuirono nel 1930 all’affermazione della moda italiana con due grandi matrimoni sfruttati propagandisticamente dal Regime per ‘lanciare’ uno stile nostrano.

 

Sfarzosissimo fu quello celebrato nella Cappella Paolina del Quirinale l'8 gennaio tra il principe ereditario Umberto di Savoia e Maria José del Belgio, il cui abito nuziale fu confezionato dalla sartoria Ventura, si disse, su bozzetto dello stesso principe. Il 24 aprile dello stesso anno si celebrarono a Villa Torlonia le più borghesi nozze tra il conte Galeazzo Ciano e la figlia del Duce che indossava un vestito della sartoria Montorsi.

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Come si legge su Moda: “Edda Mussolini, illuminata dalla sua giovinezza, appariva raggiante nel suo abito di raso candidissimo che le inguainava la svelta figura e che rappresentava un nuovo miracolo di eleganza nell’industria nazionale.

 

 

UNO STILE ITALIANO

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“Perché guardare solamente oltralpe, quando anche da noi abbonda tanto materiale che può essere di ottima ispirazione?”, si chiedeva Vera nel 1933 sulle pagine di La Donna. Il 12 aprile di quell’anno venne inaugurata a Torino la Prima Mostra Nazionale della Moda. Se il Duce spedì un telegramma di auguri: “Se l'inizio è buono il seguito sarà migliore, si tratta di avere fede”. La regina Elena “tagliando la fragile barriera di quel nastro tricolore” fu la madrina della cerimonia di apertura della manifestazione.

 

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TESSILI DEL FUTURO

“La donna del 3000 si vestirà, probabilmente, con tessuti metallizzati” notava nel 1939 Pietro Merli, capo dell’ufficio propaganda dell’azienda De Angeli Frua. “I nostri vecchi si vestivano con tessuti di lana, di cotone, noi intanto, uomini del XX secolo, ci vestiamo col lanital e col fiocco. Il lanital e il fiocco non sono succedanei; sono prodotti tessili nuovi, della nostra epoca: costituiscono un progresso. Il lanital è ‘super-lana’, il raion è ‘super-seta’, il fiocco è ‘super-cotone’. C’è stata l’età della pietra, l’età del cotone. Ora siamo nell’età del raion”.

 

 

SPALLINE

  055bis mise di zecca, rassegna dell'ente nazionale della moda, 15 31 luglio 1939, biblioteca nazionale roma 055bis mise di zecca, rassegna dell'ente nazionale della moda, 15 31 luglio 1939, biblioteca nazionale roma

Anche sull’onda dell’influenza esercitata da Joan Crawford attraverso i suoi film, le spalline erano diffusissime. Al punto che spesso, come scriveva nel 1936 Mario Vigolo sulle pagine di Moda: “la spalla forma uno dei motivi più salienti della nuova moda. Non è anzi azzardato il dire che qualche volta è la spalla che forma il modello. Ne abbiamo viste di esageratamente sagomate, ricche di pieghine e di nidi d’ape, altre con spalle dritte sostenute internamente con fili di ferro. E di conseguenza le maniche sono amplissime, pieghettate qualche volta e strette al polso da un nodo o da un cordone dello stesso tessuto”.

 

 

TURBANTE

  034 luisa maria corneli, abito sorelle botti 1937 courtesy of archivio taticchibn 034 luisa maria corneli, abito sorelle botti 1937 courtesy of archivio taticchibn

Nonostante il successo che avrebbe trasformato questo copricapo in uno dei simboli della moda dell’epoca, il 10 agosto 1939 sulla Gazzetta del Popolo si legge: “Questa foggia di cappello, a parer nostro, non potrà avere gran voga, prima di tutto perché è complicata, poi perché richiede un abbigliamento in tutto raffinato, infine perché si addice ad una minoranza di donne”.

 

PELLICCE ESTIVE

Vera costante della moda del ventennio, la pelliccia era di moda anche d’estate. Lo conferma nel giugno del 1938 Vita femminile, dove si legge: “è prevedibile che le pellicce non cadano nel consueto letargo estivo, ma che saranno più che mai presenti nei mesi caldi”.

  015 lidel giu lug 1921 lillina elettrodomestico polvere 015 lidel giu lug 1921 lillina elettrodomestico polvere

 

ZEPPE DI SUGHERO

Salvatore Ferragamo con le zeppe di sughero fu il pioniere di uno stile nazionale in un momento in cui ancora non esisteva una vera e propria moda italiana. Lo notava già nel 1939 L'Illustrazione Italiana dove si legge: “Ferragamo è riuscito a creare una moda che prima non esisteva, quella delle calzature femminili, ed a procurarsi una notorietà internazionale”.

 

LO SCOPPIO DEL CONFLITTO

  009 19a john guida, 1924, disegno, tecnica mista cm 50x70 su cartone per i magazzini coen, courtesy collezione giordani aragno 009 19a john guida, 1924, disegno, tecnica mista cm 50x70 su cartone per i magazzini coen, courtesy collezione giordani aragno

A differenza dei paesi anglosassoni, che allo scoppio della guerra vararono una sorta di moda di Stato, il nostro Paese, visto il valore propagandistico che il regime attribuiva alla moda, non mostrò molti segni di mutamento. Dov’è la guerra? «La guerra c’è ma non si vede», si legge sulla didascalia di un servizio comparso su Dea (luglio 1940). “Accanto alla sobria tenuta da sera dei due uomini, il bell’abito di velo di rodia della ragazza, reduce dalla veglia danzante, l’avvolge come in una nuvola leggera, atta a renderla ancor più seducente”.

 

 

 

 

 

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