MEDIOBANCA E LO SHOPPING DEL LEONE ZALESKI - BRAGGIOTTINO UBER ALLES
GHIGLIOTTINA PARIBAS SU 3000 DIPENDENTI BNL - IL DISINCANTO DI MIELIKESTEIN
COME SI SVILUPPA FERRANTI - L'AMORE VERO DI PELLICCIOLI PER IL LUSSEMBURGO
GHIGLIOTTINA PARIBAS SU 3000 DIPENDENTI BNL - IL DISINCANTO DI MIELIKESTEIN
COME SI SVILUPPA FERRANTI - L'AMORE VERO DI PELLICCIOLI PER IL LUSSEMBURGO
1 - L'IRRESISTIBILE ASCESA DL BRAGGIOTTINO
Che fosse un primo violino l'avevano capito tutti quando lavorava in Mediobanca accanto a Enrico Cuccia e quando nel 1998 sbattè la porta in faccia a Vincenzo Maranghi per entrare nel salotto parigino di Lazard.
E ieri Gerardo Braggiotti, detto Braggiottino, si è preso la sua bella soddisfazione sugli ex-colleghi di piazzetta Cuccia perchè Tronchetti Provera ha affidato alla sua finanziaria (Gb) e all'Ubm di Unicredit, il ruolo di advisor per la quotazione di Pirelli pneumatici. Non solo, sembra anche che il finanziere 53enne stia segretamente trattando a Madrid quell'intesa tra TelecomItalia e Telefonica sulla quale Dagospia ha acceso i riflettori dal luglio dell'anno scorso.
Ma il marito di Afef non si è però dimenticato di Mediobanca che insieme alle più importanti merchant bank avrà il ruolo di global coordinator. Per Braggiottino è comunque il primo riconoscimento importante dopo la scelta fatta a metà dell'anno scorso di mettersi in proprio e di salutare anche gli amici francesi ai quali ha portato grandi soddisfazioni.
L'ex-golden boy di Mediobanca (carattere ombroso, figlio d'arte, una vita fuori dai salotti) aveva già fatto intravedere la sua manina di superconsulente accanto a Sergio Marpionne e ai Signori degli Agnelli che nell'agosto scorso si sono rimessi al comando della Fiat. Poi si è impossessato della piccola banca Leonardo con un giardinetto di soci di primissimo ordine tra i quali anche Eurazeo, la finanziaria che ha rapporti intensi con Crédit Agricole, la banca che sta dando in queste ore parecchi dispiaceri a Nanni Bazoli.
Nelle grandi operazioni finanziarie e nel risiko bancario sembra che alcuni personaggi come Braggiottino abbiano deciso che sia molto più redditizio giocare in prima persona. La strada l'ha aperta molti anni fa un personaggio come Umberto Occhipinti (fratello del giornalista Paolo che ha diretto il settimanale "Oggi" per oltre 26 anni) che negli ultimi tre anni è riuscito a concludere cinque operazioni finanziarie di prima grandezza. Dietro di lui sono arrivati Arnaldo Borghesi, Claudio Costamagna di Goldman Sachs, Gerardino Braggiotti, e anche se ha smentito, circola la voce che all'elenco dei primi violini si aggiungerà presto Federico Imbert, il capo storico di Jp Morgan Chase Manhattan Bank.
2 - GHIGLIOTTINA PARIBAS SU 3000 DIPENDENTI BNL
E se avessimo sbagliato tutto? E' questo l'interrogativo angoscioso che si pongono in questi giorni i sindacalisti che rappresentano i dipendenti di Bnl.
Il blitz dei francesi di Paribas sulla banca di via Veneto non sarà indolore, e se anche Luigino Abete di lobby-continua si è affannato ad apparire in televisione per assicurare che la sua poltrona è per il momento salva, gli uscieri di via Veneto hanno capito che la ghigliottina di Parigi calerà su alcune migliaia di dipendenti (si parla di 3.000/3.500).
In autunno il Coordinamento nazionale della Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Dircredito di Bnl avevano dimostrato molta freddezza nei confronti dell'Unipol. Un loro comunicato di martedì 13 settembre 2005 aveva escluso "pregiudizi" nei confronti delle cooperative guidate da Giovanni Consorte, ma non è un mistero che la bandiera della difesa dei lavoratori impugnata da Luigino Abete, aveva messo in crisi la solidarietà ideologica dei sindacati nei confronti dei bolognesi di via Stalingrado.
Adesso lo scenario è praticamente mutato e nei sindacati sono in molti a chiedersi se i "compagni" dell'Unipol avrebbero non potuto garantire meglio i livelli occupazionali.
3 - MEDIOBANCA DELLE MIE BRAME - LO SHOPPING DEL LEONE ZALESKI
Era bello quell'articolo apparso l'anno scorso su "BusinessWeek" che definiva Mediobanca una delle istituzioni più in salute in Italia. Era bello perchè faceva onore ai risultati raggiunti dal trio Galateri di Genola, Alberto Nagel e Renato Pagliaro che ha portato l'istituto di piazzetta Cuccia a successi grandiosi.
Quando l'11 aprile 2003 l'Alfa 147 nera di Vincenzo Maranghi lasciò il cortile dell'istituto milanese, Nagel e Pagliaro avevano gli occhi lucidi. Ai suoi collaboratori Maranghi disse "preservate i valori morali, non solo quelli professionali" poi se ne andò senza altre parole e senza un euro di più della liquidazione.
Quel lascito morale è stato pienamente rispettato, ma la sensazione che c'è in queste ore nelle stanze di Mediobanca è di un certo malessere. E' un po' la stessa sensazione che provano gli inquilini in affitto quando sentono girare la voce che qualcuno sta per comprare l'appartamento. Ti prendono i crampi allo stomaco, dormi male la notte, e cominci a chiederti se il tuo futuro sta su una panchina oppure in un altro salotto buono.
"Una volta Mediobanca era considerata uno scudo per le sue importanti partecipazioni - così scrive oggi il "Sole 24 Ore" - oggi è piuttosto vista come l'ambita porta d'accesso all'azionariato di Generali e di Rcs. Suo malgrado la blasonata banca d'affari potrebbe diventare pedina in un gioco di riassetto del potere".
Alberto Nagel, milanese classe 1965, è terribilmente triste.
- GENERALI: ZALESKI VERSO 2%, TITOLO INVARIATO IN BORSA
(ANSA) - Generali si conferma senza variazioni sui massimi sopra ai 30 euro dopo la notizia, che trova conferma da fonti finanziarie, del fatto che sia stato il finanziere Romain Zaleski a fare shopping sul titolo in questo periodo fino a salire alla soglia limite del 2%. L' investimento, si apprende da altre fonti, si e' aggirato intorno agli 800 milioni di euro. Zaleski, che gode di una forte liquidita', entra di fatto nel Leone di Trieste come socio forte, nell' ambito di quelle operazione di consolidamento dell' assetto azionario auspicate fin dall' estate scorsa dal presidente Antoine Bernheim, che aveva esplicitamente detto di sperare di poter consolidare l' azionariato con soci piu' stabili.
La manovra di far entrare Zaleski nel capitale di Generali, secondo alcuni osservatori, va vista nell' ottica di una blindatura del Leone di Trieste intorno al gruppo dei soci italiani. L' imprenditore franco polacco, infatti, viene fatto notare, non ha mai fatto da testa di ponte per manovre di gruppi francesi in Italia. Ed, anzi, viene riconosciuto come un grande amico dell' attuale presidente Bernheim che di fatto da tempo lo invitava ad investire nel Leone di Trieste. Anche Leonardo del Vecchio settimane fa, secondo alcune indiscrezioni di fonte finanziaria, aveva mostrato un certo interesse per l' auspicio del presidente che aveva reso nota la necessita' di creare un nucleo piu' solido di azionisti per fronteggiare le manovre del grande concorrente europeo Axa.
- MEDIOBANCA SALE IN BORSA (+0,41%) SU MANOVRE ATTORNO GENERALI
(ANSA) - Mediobanca in ascesa (+0,41% a 17,69 euro) su livelli record degli ultimi cinque anni dopo che il finanziere Roman Zaleski ha raggiunto il 2% nell'azionariato di Generali. Piazzetta Cuccia ha nel leone triestino una partecipazione di circa il 15%.
4 - IL DISINCANTO DI MIELIKESTEIN
E' uscito in questi giorni un libricino di Nello Ajello che ha per titolo "Illustrissimi", una galleria dei personaggi del giornalismo e della cultura più importanti del Novecento. Un ritrattino di poche pagine è dedicato anche a Paolino Mieli, "maestro di disincanto" che verso la fine degli anni Sessanta mise piede per la prima volta nelle stanze dell'"Espresso" dove Ajello lavorava.
L'autore definisce il direttore del "Corriere della Sera" un uomo calmo, con un'apparente mancanza di settarismo, non facile da interpretare nella sua duttilità. Un esempio eloquente della natura impalpabile di Paolino è arrivato ieri proprio dalle colonne del suo giornale dove lui stesso ha scritto un articolo dalla prosa incerta e sorprendente sul declino italiano e sulla impossibilità per l'Europa di risolvere i nostri problemi. Lo spunto è dato dalla direttiva Bolckestein sulla liberalizzazione dei servizi nei paesi della Ue che è stata approvata giovedì scorso con un testo completamente ribaltato rispetto all'impostazione iniziale.
Ciò che sorprende non è il contenuto dell'articolo, ma il fatto che in piena bagarre leghista con un ministro in preda alla follia che esibisce una maglietta maleodorante, il direttore del "Corriere della Sera" scenda in campo di lunedì (un giorno poco felice per gli editoriali pesanti) per parlare della direttiva Bolckestein (che nessuno in Italia conosce) e di quel declino italiano che il suo giornale ha sempre contestato.
Anche questo è "disincanto".
5 - COME SI SVILUPPA FERRANTI
Qui va a finire che dovremmo rimpiangere Massimo Caputi, il patron di Sviluppo Italia che sgomitando sgomitando è riuscito a creare un carrozzone che ricorda l'Iri d'altri tempi.
Il modo con cui si sta muovendo il suo successore Ferruccio Ferranti al vertice della finanziaria che Caputi ha lasciato nel novembre scorso, sembra infatti ricalcare le peggiori pagine del clientelismo. Il manager romano, 49enne, amico di Fini e di La Russa, sta infatti inzeppando di avvocati e di amici le poltrone della finanziaria. La maggior parte di loro - come rivela il "Sole 24 Ore" - arriva dalla Consip, la società che gestisce gli appalti per la Pubblica Amministrazione dove Ferranti è stato per tre anni amministratore delegato.
Ma c'è anche qualche curiosa novità, come quella ad esempio rappresentata dall'ingresso di un ex-collaboratore di Storace che ha il nome delizioso di Patrizio Cuccioletta e che avrà il compito di affiancare il nobile polacco dalla testa lucida Jas Gavronski nella società ItaliaEvolution controllata da Sviluppo Italia.
Un'altra new entry è rappresentata da Stefano Andreani, il giornalista dell'Asca e della Rai che fu capo ufficio stampa di Andreotti nel settimo governo del divino Giulio. Andreani andrà a dirigere i rapporti con la stampa e lo farà con l'aria sorniona e le spalle leggermente piegate che il Maestro gli ha disegnato negli uffici di San Lorenzo in Lucina.
6 - E' VERO AMORE QUELLO DI PELLICCIOLI PER IL LUSSEMBURGO
Lorenzo Pelliccioli si sta riposando in questi giorni dopo le fatiche dei road show americani in cui ha spiegato i termini dell'acquisizione da parte di Lottomatica del colosso dei giochi Gtech (un'operazione da 4 miliardi di euro che ha fatto gridare al miracolo italiano).
Il manager-finanziere ha una bella fattoria in Provenza dove i suoi cavalli scorrazzano nel profumo della lavanda e nitriscono di gioia ripensando alle stock options del loro padrone. Ma il magnifico Lorenzo, che ha un carattere difficile e permaloso, non ama soltanto il sud della Francia. Il paese che lo intriga di più è il Lussemburgo dove - come spiega il "Corriere della Sera" di oggi - la De Agostini di cui Pelliccioli è chief executive officer, ha deciso di ristrutturare in tre parti la propria holding.
Il Gruppo di Novara dove Pelliccioli è rientrato alla grande dopo la clamorosa rottura ai tempi di Colaninno, ha separato le attività di comunicazione (che comprendono il canale televisivo Antena 3 da quelle finanziarie e dalle partecipazioni non strategiche.
E' vero amore quello di Pelliccioli per il Lussemburgo. Tutto iniziò nel febbraio 1999 quando dalla mattina alla sera trasferì il 61,27% di Seat a due nuove società che si chiamavano Huit e Huit2. L'operazione è stata definita nel libro di Giuseppe Oddo e Giovanni Pons ("L'affare Telecom") "un'apoteosi di elusione fiscale" che vide il ministro Vincenzo Visco del tutto assente. Ma quelli erano tempi meravigliosi per Pelliccioli&Company. La Seat arrivò a capitalizzare 72 miliardi di euro, più della Fiat e dell'Eni messi insieme. Il manager che oggi ritorna in Lussemburgo esclamava con piglio deciso: "siamo qui per far soldi". Poi nel 2000 le cose precipitarono e il fiume di denaro si inaridì nelle tasche di migliaia di azionisti che avevano comprato le Seat a 8 euro e che oggi non hanno la fortuna di sentire i profumi della Provenza.
Dagospia 21 Febbraio 2006
Che fosse un primo violino l'avevano capito tutti quando lavorava in Mediobanca accanto a Enrico Cuccia e quando nel 1998 sbattè la porta in faccia a Vincenzo Maranghi per entrare nel salotto parigino di Lazard.
E ieri Gerardo Braggiotti, detto Braggiottino, si è preso la sua bella soddisfazione sugli ex-colleghi di piazzetta Cuccia perchè Tronchetti Provera ha affidato alla sua finanziaria (Gb) e all'Ubm di Unicredit, il ruolo di advisor per la quotazione di Pirelli pneumatici. Non solo, sembra anche che il finanziere 53enne stia segretamente trattando a Madrid quell'intesa tra TelecomItalia e Telefonica sulla quale Dagospia ha acceso i riflettori dal luglio dell'anno scorso.
Ma il marito di Afef non si è però dimenticato di Mediobanca che insieme alle più importanti merchant bank avrà il ruolo di global coordinator. Per Braggiottino è comunque il primo riconoscimento importante dopo la scelta fatta a metà dell'anno scorso di mettersi in proprio e di salutare anche gli amici francesi ai quali ha portato grandi soddisfazioni.
L'ex-golden boy di Mediobanca (carattere ombroso, figlio d'arte, una vita fuori dai salotti) aveva già fatto intravedere la sua manina di superconsulente accanto a Sergio Marpionne e ai Signori degli Agnelli che nell'agosto scorso si sono rimessi al comando della Fiat. Poi si è impossessato della piccola banca Leonardo con un giardinetto di soci di primissimo ordine tra i quali anche Eurazeo, la finanziaria che ha rapporti intensi con Crédit Agricole, la banca che sta dando in queste ore parecchi dispiaceri a Nanni Bazoli.
Nelle grandi operazioni finanziarie e nel risiko bancario sembra che alcuni personaggi come Braggiottino abbiano deciso che sia molto più redditizio giocare in prima persona. La strada l'ha aperta molti anni fa un personaggio come Umberto Occhipinti (fratello del giornalista Paolo che ha diretto il settimanale "Oggi" per oltre 26 anni) che negli ultimi tre anni è riuscito a concludere cinque operazioni finanziarie di prima grandezza. Dietro di lui sono arrivati Arnaldo Borghesi, Claudio Costamagna di Goldman Sachs, Gerardino Braggiotti, e anche se ha smentito, circola la voce che all'elenco dei primi violini si aggiungerà presto Federico Imbert, il capo storico di Jp Morgan Chase Manhattan Bank.
2 - GHIGLIOTTINA PARIBAS SU 3000 DIPENDENTI BNL
E se avessimo sbagliato tutto? E' questo l'interrogativo angoscioso che si pongono in questi giorni i sindacalisti che rappresentano i dipendenti di Bnl.
Il blitz dei francesi di Paribas sulla banca di via Veneto non sarà indolore, e se anche Luigino Abete di lobby-continua si è affannato ad apparire in televisione per assicurare che la sua poltrona è per il momento salva, gli uscieri di via Veneto hanno capito che la ghigliottina di Parigi calerà su alcune migliaia di dipendenti (si parla di 3.000/3.500).
In autunno il Coordinamento nazionale della Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Dircredito di Bnl avevano dimostrato molta freddezza nei confronti dell'Unipol. Un loro comunicato di martedì 13 settembre 2005 aveva escluso "pregiudizi" nei confronti delle cooperative guidate da Giovanni Consorte, ma non è un mistero che la bandiera della difesa dei lavoratori impugnata da Luigino Abete, aveva messo in crisi la solidarietà ideologica dei sindacati nei confronti dei bolognesi di via Stalingrado.
Adesso lo scenario è praticamente mutato e nei sindacati sono in molti a chiedersi se i "compagni" dell'Unipol avrebbero non potuto garantire meglio i livelli occupazionali.
3 - MEDIOBANCA DELLE MIE BRAME - LO SHOPPING DEL LEONE ZALESKI
Era bello quell'articolo apparso l'anno scorso su "BusinessWeek" che definiva Mediobanca una delle istituzioni più in salute in Italia. Era bello perchè faceva onore ai risultati raggiunti dal trio Galateri di Genola, Alberto Nagel e Renato Pagliaro che ha portato l'istituto di piazzetta Cuccia a successi grandiosi.
Quando l'11 aprile 2003 l'Alfa 147 nera di Vincenzo Maranghi lasciò il cortile dell'istituto milanese, Nagel e Pagliaro avevano gli occhi lucidi. Ai suoi collaboratori Maranghi disse "preservate i valori morali, non solo quelli professionali" poi se ne andò senza altre parole e senza un euro di più della liquidazione.
Quel lascito morale è stato pienamente rispettato, ma la sensazione che c'è in queste ore nelle stanze di Mediobanca è di un certo malessere. E' un po' la stessa sensazione che provano gli inquilini in affitto quando sentono girare la voce che qualcuno sta per comprare l'appartamento. Ti prendono i crampi allo stomaco, dormi male la notte, e cominci a chiederti se il tuo futuro sta su una panchina oppure in un altro salotto buono.
"Una volta Mediobanca era considerata uno scudo per le sue importanti partecipazioni - così scrive oggi il "Sole 24 Ore" - oggi è piuttosto vista come l'ambita porta d'accesso all'azionariato di Generali e di Rcs. Suo malgrado la blasonata banca d'affari potrebbe diventare pedina in un gioco di riassetto del potere".
Alberto Nagel, milanese classe 1965, è terribilmente triste.
- GENERALI: ZALESKI VERSO 2%, TITOLO INVARIATO IN BORSA
(ANSA) - Generali si conferma senza variazioni sui massimi sopra ai 30 euro dopo la notizia, che trova conferma da fonti finanziarie, del fatto che sia stato il finanziere Romain Zaleski a fare shopping sul titolo in questo periodo fino a salire alla soglia limite del 2%. L' investimento, si apprende da altre fonti, si e' aggirato intorno agli 800 milioni di euro. Zaleski, che gode di una forte liquidita', entra di fatto nel Leone di Trieste come socio forte, nell' ambito di quelle operazione di consolidamento dell' assetto azionario auspicate fin dall' estate scorsa dal presidente Antoine Bernheim, che aveva esplicitamente detto di sperare di poter consolidare l' azionariato con soci piu' stabili.
La manovra di far entrare Zaleski nel capitale di Generali, secondo alcuni osservatori, va vista nell' ottica di una blindatura del Leone di Trieste intorno al gruppo dei soci italiani. L' imprenditore franco polacco, infatti, viene fatto notare, non ha mai fatto da testa di ponte per manovre di gruppi francesi in Italia. Ed, anzi, viene riconosciuto come un grande amico dell' attuale presidente Bernheim che di fatto da tempo lo invitava ad investire nel Leone di Trieste. Anche Leonardo del Vecchio settimane fa, secondo alcune indiscrezioni di fonte finanziaria, aveva mostrato un certo interesse per l' auspicio del presidente che aveva reso nota la necessita' di creare un nucleo piu' solido di azionisti per fronteggiare le manovre del grande concorrente europeo Axa.
- MEDIOBANCA SALE IN BORSA (+0,41%) SU MANOVRE ATTORNO GENERALI
(ANSA) - Mediobanca in ascesa (+0,41% a 17,69 euro) su livelli record degli ultimi cinque anni dopo che il finanziere Roman Zaleski ha raggiunto il 2% nell'azionariato di Generali. Piazzetta Cuccia ha nel leone triestino una partecipazione di circa il 15%.
4 - IL DISINCANTO DI MIELIKESTEIN
E' uscito in questi giorni un libricino di Nello Ajello che ha per titolo "Illustrissimi", una galleria dei personaggi del giornalismo e della cultura più importanti del Novecento. Un ritrattino di poche pagine è dedicato anche a Paolino Mieli, "maestro di disincanto" che verso la fine degli anni Sessanta mise piede per la prima volta nelle stanze dell'"Espresso" dove Ajello lavorava.
L'autore definisce il direttore del "Corriere della Sera" un uomo calmo, con un'apparente mancanza di settarismo, non facile da interpretare nella sua duttilità. Un esempio eloquente della natura impalpabile di Paolino è arrivato ieri proprio dalle colonne del suo giornale dove lui stesso ha scritto un articolo dalla prosa incerta e sorprendente sul declino italiano e sulla impossibilità per l'Europa di risolvere i nostri problemi. Lo spunto è dato dalla direttiva Bolckestein sulla liberalizzazione dei servizi nei paesi della Ue che è stata approvata giovedì scorso con un testo completamente ribaltato rispetto all'impostazione iniziale.
Ciò che sorprende non è il contenuto dell'articolo, ma il fatto che in piena bagarre leghista con un ministro in preda alla follia che esibisce una maglietta maleodorante, il direttore del "Corriere della Sera" scenda in campo di lunedì (un giorno poco felice per gli editoriali pesanti) per parlare della direttiva Bolckestein (che nessuno in Italia conosce) e di quel declino italiano che il suo giornale ha sempre contestato.
Anche questo è "disincanto".
5 - COME SI SVILUPPA FERRANTI
Qui va a finire che dovremmo rimpiangere Massimo Caputi, il patron di Sviluppo Italia che sgomitando sgomitando è riuscito a creare un carrozzone che ricorda l'Iri d'altri tempi.
Il modo con cui si sta muovendo il suo successore Ferruccio Ferranti al vertice della finanziaria che Caputi ha lasciato nel novembre scorso, sembra infatti ricalcare le peggiori pagine del clientelismo. Il manager romano, 49enne, amico di Fini e di La Russa, sta infatti inzeppando di avvocati e di amici le poltrone della finanziaria. La maggior parte di loro - come rivela il "Sole 24 Ore" - arriva dalla Consip, la società che gestisce gli appalti per la Pubblica Amministrazione dove Ferranti è stato per tre anni amministratore delegato.
Ma c'è anche qualche curiosa novità, come quella ad esempio rappresentata dall'ingresso di un ex-collaboratore di Storace che ha il nome delizioso di Patrizio Cuccioletta e che avrà il compito di affiancare il nobile polacco dalla testa lucida Jas Gavronski nella società ItaliaEvolution controllata da Sviluppo Italia.
Un'altra new entry è rappresentata da Stefano Andreani, il giornalista dell'Asca e della Rai che fu capo ufficio stampa di Andreotti nel settimo governo del divino Giulio. Andreani andrà a dirigere i rapporti con la stampa e lo farà con l'aria sorniona e le spalle leggermente piegate che il Maestro gli ha disegnato negli uffici di San Lorenzo in Lucina.
6 - E' VERO AMORE QUELLO DI PELLICCIOLI PER IL LUSSEMBURGO
Lorenzo Pelliccioli si sta riposando in questi giorni dopo le fatiche dei road show americani in cui ha spiegato i termini dell'acquisizione da parte di Lottomatica del colosso dei giochi Gtech (un'operazione da 4 miliardi di euro che ha fatto gridare al miracolo italiano).
Il manager-finanziere ha una bella fattoria in Provenza dove i suoi cavalli scorrazzano nel profumo della lavanda e nitriscono di gioia ripensando alle stock options del loro padrone. Ma il magnifico Lorenzo, che ha un carattere difficile e permaloso, non ama soltanto il sud della Francia. Il paese che lo intriga di più è il Lussemburgo dove - come spiega il "Corriere della Sera" di oggi - la De Agostini di cui Pelliccioli è chief executive officer, ha deciso di ristrutturare in tre parti la propria holding.
Il Gruppo di Novara dove Pelliccioli è rientrato alla grande dopo la clamorosa rottura ai tempi di Colaninno, ha separato le attività di comunicazione (che comprendono il canale televisivo Antena 3 da quelle finanziarie e dalle partecipazioni non strategiche.
E' vero amore quello di Pelliccioli per il Lussemburgo. Tutto iniziò nel febbraio 1999 quando dalla mattina alla sera trasferì il 61,27% di Seat a due nuove società che si chiamavano Huit e Huit2. L'operazione è stata definita nel libro di Giuseppe Oddo e Giovanni Pons ("L'affare Telecom") "un'apoteosi di elusione fiscale" che vide il ministro Vincenzo Visco del tutto assente. Ma quelli erano tempi meravigliosi per Pelliccioli&Company. La Seat arrivò a capitalizzare 72 miliardi di euro, più della Fiat e dell'Eni messi insieme. Il manager che oggi ritorna in Lussemburgo esclamava con piglio deciso: "siamo qui per far soldi". Poi nel 2000 le cose precipitarono e il fiume di denaro si inaridì nelle tasche di migliaia di azionisti che avevano comprato le Seat a 8 euro e che oggi non hanno la fortuna di sentire i profumi della Provenza.
Dagospia 21 Febbraio 2006