DOPO RUINI, CI VUOLE UN PAPA? (BENIGNO) - LA CEI ACCELERA LA SUCCESSIONE E PENSA A UN NON CARDINALE - IL FAVORITO SEMBRA L'ARCIVESCOVO DI TARANTO - SI PENSA DI SCINDERE LE CARICHE DI VICARIO DI ROMA E PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE.
Luigi Accatoli per il "Corriere della Sera"
Si accelerano i tempi per la successione al cardinale Camillo Ruini presidente della Cei e sarebbe vincente l'orientamento a scegliere un vescovo non cardinale: il nome che gode di maggior favore è il vicepresidente per il Sud, Benigno Papa arcivescovo di Taranto. Ma si fanno anche i nomi di Luciano Monari vicepresidente per il Nord, di Renato Corti vescovo di Novara, di Francesco Cacucci arcivescovo di Bari.
Tra i cardinali, l'unico al quale ancora si guarda è Angelo Scola, patriarca di Venezia. La consultazione dell'episcopato svolta lo scorso inverno avrebbe dato come più votati, nell'ordine: il cardinale Dionigi Tettamanzi (Milano), il patriarca Scola e il vescovo Renato Corti.
Si dice che quando il papa - su consiglio del cardinale Bertone - si è orientato alla scelta di un vescovo, il primo sondaggio è stato svolto in direzione di Corti. I colleghi vescovi se ne sono detti entusiasti, dato che l'uomo ha un prestigio «spirituale» indiscusso riconosciuto anche in Vaticano dove ha predicato gli esercizi di Quaresima due anni addietro.
Ma Corti si è detto indisponibile per salute, come aveva già fatto quando era stato proposto - cinque anni addietro - per la successione al cardinale Martini a Milano. Pare che non abbia nulla di clinico, ma soffra di periodici «affaticamenti» che non gli permettono di far fronte a responsabilità aggiuntive.
Benigno Papa e Luciano Monari sono stati presi in esame per l'ottima votazione con la quale sono stati eletti vicepresidenti in assemblea. Monari (63 anni) è di Sassuolo (Reggio Emilia) come Ruini e forse «in alto» hanno pensato che dopo i sedici anni della presidenza Ruini non era rispettoso del resto d'Italia scommettere di nuovo sulla capitale delle «mattonelle».
Con la scelta di Benigno Papa (pugliese, cappuccino, 71 anni, biblista) si avrebbe il primo presidente Cei di provenienza meridionale. Sono tanti anni che è nel consiglio permanente, come presidente di diverse commissioni. E' un uomo caloroso, di buona predicazione, amato dalla gente. Prudente e riservato sulle questioni politiche.
Sia lui sia gli altri vescovi di cui vengono fatti i nomi segnerebbero una forte discontinuità rispetto all'era Ruini: basso profilo politico, attenzione spostata sulla vita interna alla Chiesa, maggiore concertazione con i «confratelli». «Recupero di pastoralità e di consenso» dicono negli ambienti della Cei.
Per la continuità con il profilo forte della presidenza Ruini la persona giusta sarebbe il patriarca Scola: forte tempra di intellettuale, passione per la vita pubblica, capacità di incidenza in essa. Una sua presidenza non avrebbe bisogno di supporti «politici». Se invece avremo davvero un presidente non cardinale - finora sono stati tutti cardinali, ma lo statuto prevede solo che sia «un vescovo italiano» - sarà necessario che le «indicazioni» per «la vita pubblica» vengano affidate ad altre «voci»: il segretario della Cei, poniamo, in stretta intesa con la Segreteria di Stato vaticana.
Già due settimane addietro correva voce che l'annuncio del successore di Ruini si potrebbe avere il 7 marzo, nell'anniversario della sua nomina alla Presidenza, che risale al 7 marzo 1991. Ma ora si dice che quello sarebbe solo il termine ultimo entro il quale il cardinale vorrebbe il passaggio di consegne al successore. La nomina del nuovo presidente potrebbe arrivare anche prima.
Si dà anche per certo che tornerebbero a scindersi - dopo le presidenze Poletti e Ruini: cioè dopo 22 anni - le cariche di vicario di Roma e presidente della Cei. L'abbinamento era stato voluto dal papa polacco per avere sempre a portata di voce il presidente della Cei. Si dice che quella sia un'esigenza oggi meno sentita: il papa non italiano non è più una novità e l'abbinamento delle due cariche tende a fare del presidente della Cei un plenipotenziario papale che governa più che presiedere la Conferenza dei vescovi.
Tutti oggi riconoscono che il governo svolto da Ruini è stato eccellente, sia per l'efficace presenza nella vita pubblica del paese, sia per l'irrobustimento dell'organizzazione della Conferenza. Ma pare che la grande maggioranza desideri prendersi un respiro, con un presidente meno leader e più coordinatore dell'impresa comune.
Dagospia 05 Febbraio 2007
Si accelerano i tempi per la successione al cardinale Camillo Ruini presidente della Cei e sarebbe vincente l'orientamento a scegliere un vescovo non cardinale: il nome che gode di maggior favore è il vicepresidente per il Sud, Benigno Papa arcivescovo di Taranto. Ma si fanno anche i nomi di Luciano Monari vicepresidente per il Nord, di Renato Corti vescovo di Novara, di Francesco Cacucci arcivescovo di Bari.
Tra i cardinali, l'unico al quale ancora si guarda è Angelo Scola, patriarca di Venezia. La consultazione dell'episcopato svolta lo scorso inverno avrebbe dato come più votati, nell'ordine: il cardinale Dionigi Tettamanzi (Milano), il patriarca Scola e il vescovo Renato Corti.
Si dice che quando il papa - su consiglio del cardinale Bertone - si è orientato alla scelta di un vescovo, il primo sondaggio è stato svolto in direzione di Corti. I colleghi vescovi se ne sono detti entusiasti, dato che l'uomo ha un prestigio «spirituale» indiscusso riconosciuto anche in Vaticano dove ha predicato gli esercizi di Quaresima due anni addietro.
Ma Corti si è detto indisponibile per salute, come aveva già fatto quando era stato proposto - cinque anni addietro - per la successione al cardinale Martini a Milano. Pare che non abbia nulla di clinico, ma soffra di periodici «affaticamenti» che non gli permettono di far fronte a responsabilità aggiuntive.
Benigno Papa e Luciano Monari sono stati presi in esame per l'ottima votazione con la quale sono stati eletti vicepresidenti in assemblea. Monari (63 anni) è di Sassuolo (Reggio Emilia) come Ruini e forse «in alto» hanno pensato che dopo i sedici anni della presidenza Ruini non era rispettoso del resto d'Italia scommettere di nuovo sulla capitale delle «mattonelle».
Con la scelta di Benigno Papa (pugliese, cappuccino, 71 anni, biblista) si avrebbe il primo presidente Cei di provenienza meridionale. Sono tanti anni che è nel consiglio permanente, come presidente di diverse commissioni. E' un uomo caloroso, di buona predicazione, amato dalla gente. Prudente e riservato sulle questioni politiche.
Sia lui sia gli altri vescovi di cui vengono fatti i nomi segnerebbero una forte discontinuità rispetto all'era Ruini: basso profilo politico, attenzione spostata sulla vita interna alla Chiesa, maggiore concertazione con i «confratelli». «Recupero di pastoralità e di consenso» dicono negli ambienti della Cei.
Per la continuità con il profilo forte della presidenza Ruini la persona giusta sarebbe il patriarca Scola: forte tempra di intellettuale, passione per la vita pubblica, capacità di incidenza in essa. Una sua presidenza non avrebbe bisogno di supporti «politici». Se invece avremo davvero un presidente non cardinale - finora sono stati tutti cardinali, ma lo statuto prevede solo che sia «un vescovo italiano» - sarà necessario che le «indicazioni» per «la vita pubblica» vengano affidate ad altre «voci»: il segretario della Cei, poniamo, in stretta intesa con la Segreteria di Stato vaticana.
Già due settimane addietro correva voce che l'annuncio del successore di Ruini si potrebbe avere il 7 marzo, nell'anniversario della sua nomina alla Presidenza, che risale al 7 marzo 1991. Ma ora si dice che quello sarebbe solo il termine ultimo entro il quale il cardinale vorrebbe il passaggio di consegne al successore. La nomina del nuovo presidente potrebbe arrivare anche prima.
Si dà anche per certo che tornerebbero a scindersi - dopo le presidenze Poletti e Ruini: cioè dopo 22 anni - le cariche di vicario di Roma e presidente della Cei. L'abbinamento era stato voluto dal papa polacco per avere sempre a portata di voce il presidente della Cei. Si dice che quella sia un'esigenza oggi meno sentita: il papa non italiano non è più una novità e l'abbinamento delle due cariche tende a fare del presidente della Cei un plenipotenziario papale che governa più che presiedere la Conferenza dei vescovi.
Tutti oggi riconoscono che il governo svolto da Ruini è stato eccellente, sia per l'efficace presenza nella vita pubblica del paese, sia per l'irrobustimento dell'organizzazione della Conferenza. Ma pare che la grande maggioranza desideri prendersi un respiro, con un presidente meno leader e più coordinatore dell'impresa comune.
Dagospia 05 Febbraio 2007