MALASANITÀ AMERICANA - FINALMENTE ESCE ANCHE IN ITALIA "SICKO" DI MICHAEL MOORE, CHE NEGLI USA STA INCASSANDO BENE - "LE GRANDI COMPAGNIE DI ASSICURAZIONI MI ATTACCANO, MA LA GENTE HA FIDUCIA IN ME, SA CHE NEL FILM CI SONO I FATTI".
Maria Pia Fusco per "la Repubblica"
Quando lasciò il festival di Cannes, dove c´era in programma fuori conoscorso Sicko, il suo documentario sulla malasanità negli Usa, Michael Moore era piutosto preoccupato: era stato informato che l´amministrazione Bush aveva aperto un´inchiesta su di lui per il suo ingresso a Cuba e doveva presentarsi d´urgenza per chiarimenti. «No, non mi hanno arrestato come temevo, anche perché a Cuba eravamo andati in 15, ma solo io ero indagato. In realtà era solo uno dei tanti tentativi di criminalizzarmi e di confiscare il film, lo abbiamo sventato. Stavano esagerando, almeno per attaccare Farnheit 9/11 avevano aspettato di vederlo, in questo caso sarebbe stata censura preventiva», dice ora il regista al telefono dal Michigan, dove è nato 53 anni fa.
Ad irritare il governo, secondo lui, «più che il viaggio a Cuba era l´idea di portare a Guantanamo il gruppo di persone che avevano lavorato a Ground Zero e che soffrivano di turbe varie senza più ricevere assistenza. Volevo dimostrare che i detenuti di Guantanamo, sospetti di appartenere ad Al Qaeda, dal punto di vista sanitario erano trattati meglio delle loro vittime. Se invece di cacciarci con la minaccia di sparaci addosso ci avessero fatto entrare a Guantanamo non saremmo andati a Cuba. Dove per altro gli americani di Ground Zero hanno ricevuto una fantastica assistenza, cure diagnosi e medicinali, cose che in Usa costano 150 dollari e a Cuba cinque centesimi».
Sicko è uscito in 700 sale americane il 29 giugno e con successo, 12 milioni di dollari incassati nelle prime due settimane. C´è la possibilità che Moore diventi ricco? «Non credo, sono nelle mani di un produttore accorto come Henry Weinstein», scherza il regista e, più seriamente: «Quando feci Bowling for Columbine volevo dimostrare quanto fosse facile procurarsi un´arma in America, con la speranza che le sparatorie nelle scuole finissero e invece sono tragicamente in crescita. Con Farenheit 9/11 volevo dire che la guerra in Iraq era stata decisa sulla base di menzogne. Quando lo dissi alla cerimonia degli Oscar e qualcuno mi ha fischiato, ora dovrebbe chiedermi scusa. Stavolta, con Sicko, la gente ha imparato ad avere fiducia in me, sa che quello che c´è nel film sono fatti».
Il film è stato attaccato dalle grandi compagnie di assicurazioni, ma «era nelle previsioni, a loro non piace sentir dire - com´è la mia tesi - che dovrebbero essere eliminate. Ma non possono smentire che 18 mila persone l´anno muoiono perché non sono assicurate o che nove milioni di bambini l´anno muoiono perché non sono assicurati o che un bambino vive di più a Cuba che a Detroit».
Sicko, secondo Moore, «è una commedia su 45 milioni di persone senza assistenza medica nel paese più ricco dell´America. Il pubblico cogli gli aspetti grotteschi, ride quando vede che alla cassa di un ospedale pubblico di Londra non si va a pagare il ticket ma a farsi rimborsare i soldi dell´ambulanza o quando la ragazza madre per avere assistenza decide di sposare un canadese e in Canada riceve cure gratis. Ma è una commedia tragica, si piange all´immagine della povera anziana abbandonata come un sacco di rifiuti o al dramma dell´impiegata della sanità che si licenzia perché non sopporta più il peso delle troppe richieste che deve rifiutare. Questo non è un film "mio", non sono io che mi ribello, siamo "noi" che ci ribelliamo contro il sistema».
A differenza del passato, stavolta Moore ha avuto accesso ai grandi network. «Alla Cnn mi sono sfogato con i giornalisti che non fanno le domande giuste, che non hanno mai chiesto "dove sono le armi di distruzione di massa in Iraq?" Non l´hanno presa bene. Sono stato da Larry King, da Ophra, da Jay Leno. Adesso mi invitano perché sono nella maggioranza degli americani contro Bush, due anni fa era diverso».
Le speranze di Moore che con un cambio di amministrazione sono scarse. «Come i repubblicani, anche i democratici prendono soldi dalle corporation, sarà una battaglia difficile. Nel film si racconta il tentativo di Clinton di cambiare, affidò alla moglie l´incarico di preparare un progetto, ma la campagna delle lobby dell´assicurazione fu così violenta che dovette rinunciare. La speranza è più nella gente che sta acquistando consapevolezza, parla, discute del problema, si arrabbia. Le cose potrebbero cambiare solo con una forte mobilitazione popolare».
Quanto alla prossima campagna elettorale, il regista non ha ancora deciso se e come parteciperà, ma «durante la campagna uscirà Michael Moore´s uprising, che ho girato in una sessantina di università durante le ultime elezioni sulla nascita di una nuova generazione politica. Sto finendo in questi giorni l´edizione».
Altri progetti per ora non ne ha, è sempre interessato al tema dell´omofobia, «una delle ferite ancora aperte nella nostra democrazia. Ma non ho trovato l´idea giusta per un film». Intanto sta decidendo se venire in Italia per l´uscita del film alla fine di agosto. «L´Italia è un paese che mi interessa, il pubblico americano era molto stupito che il sistema sanitario italiano fosse così buono. Gli americani purtroppo sono ignoranti, per l´80 percento l´Italia è ancora mafia e pizza. Mi piacerebbe venirci, la conosco poco, mia moglie la frequenta più spesso. E mi piacerebbe incontrare Sabina. Quando ho visto Viva Zapatero! ho sentito il mio stesso spirito, l´ho chiamata subito e mi ha raccontato che la chiamano il Michael Moore italiano. Mi ha fatto molto piacere».
Dagospia 20 Agosto 2007
Quando lasciò il festival di Cannes, dove c´era in programma fuori conoscorso Sicko, il suo documentario sulla malasanità negli Usa, Michael Moore era piutosto preoccupato: era stato informato che l´amministrazione Bush aveva aperto un´inchiesta su di lui per il suo ingresso a Cuba e doveva presentarsi d´urgenza per chiarimenti. «No, non mi hanno arrestato come temevo, anche perché a Cuba eravamo andati in 15, ma solo io ero indagato. In realtà era solo uno dei tanti tentativi di criminalizzarmi e di confiscare il film, lo abbiamo sventato. Stavano esagerando, almeno per attaccare Farnheit 9/11 avevano aspettato di vederlo, in questo caso sarebbe stata censura preventiva», dice ora il regista al telefono dal Michigan, dove è nato 53 anni fa.
Ad irritare il governo, secondo lui, «più che il viaggio a Cuba era l´idea di portare a Guantanamo il gruppo di persone che avevano lavorato a Ground Zero e che soffrivano di turbe varie senza più ricevere assistenza. Volevo dimostrare che i detenuti di Guantanamo, sospetti di appartenere ad Al Qaeda, dal punto di vista sanitario erano trattati meglio delle loro vittime. Se invece di cacciarci con la minaccia di sparaci addosso ci avessero fatto entrare a Guantanamo non saremmo andati a Cuba. Dove per altro gli americani di Ground Zero hanno ricevuto una fantastica assistenza, cure diagnosi e medicinali, cose che in Usa costano 150 dollari e a Cuba cinque centesimi».
Sicko è uscito in 700 sale americane il 29 giugno e con successo, 12 milioni di dollari incassati nelle prime due settimane. C´è la possibilità che Moore diventi ricco? «Non credo, sono nelle mani di un produttore accorto come Henry Weinstein», scherza il regista e, più seriamente: «Quando feci Bowling for Columbine volevo dimostrare quanto fosse facile procurarsi un´arma in America, con la speranza che le sparatorie nelle scuole finissero e invece sono tragicamente in crescita. Con Farenheit 9/11 volevo dire che la guerra in Iraq era stata decisa sulla base di menzogne. Quando lo dissi alla cerimonia degli Oscar e qualcuno mi ha fischiato, ora dovrebbe chiedermi scusa. Stavolta, con Sicko, la gente ha imparato ad avere fiducia in me, sa che quello che c´è nel film sono fatti».
Il film è stato attaccato dalle grandi compagnie di assicurazioni, ma «era nelle previsioni, a loro non piace sentir dire - com´è la mia tesi - che dovrebbero essere eliminate. Ma non possono smentire che 18 mila persone l´anno muoiono perché non sono assicurate o che nove milioni di bambini l´anno muoiono perché non sono assicurati o che un bambino vive di più a Cuba che a Detroit».
Sicko, secondo Moore, «è una commedia su 45 milioni di persone senza assistenza medica nel paese più ricco dell´America. Il pubblico cogli gli aspetti grotteschi, ride quando vede che alla cassa di un ospedale pubblico di Londra non si va a pagare il ticket ma a farsi rimborsare i soldi dell´ambulanza o quando la ragazza madre per avere assistenza decide di sposare un canadese e in Canada riceve cure gratis. Ma è una commedia tragica, si piange all´immagine della povera anziana abbandonata come un sacco di rifiuti o al dramma dell´impiegata della sanità che si licenzia perché non sopporta più il peso delle troppe richieste che deve rifiutare. Questo non è un film "mio", non sono io che mi ribello, siamo "noi" che ci ribelliamo contro il sistema».
A differenza del passato, stavolta Moore ha avuto accesso ai grandi network. «Alla Cnn mi sono sfogato con i giornalisti che non fanno le domande giuste, che non hanno mai chiesto "dove sono le armi di distruzione di massa in Iraq?" Non l´hanno presa bene. Sono stato da Larry King, da Ophra, da Jay Leno. Adesso mi invitano perché sono nella maggioranza degli americani contro Bush, due anni fa era diverso».
Le speranze di Moore che con un cambio di amministrazione sono scarse. «Come i repubblicani, anche i democratici prendono soldi dalle corporation, sarà una battaglia difficile. Nel film si racconta il tentativo di Clinton di cambiare, affidò alla moglie l´incarico di preparare un progetto, ma la campagna delle lobby dell´assicurazione fu così violenta che dovette rinunciare. La speranza è più nella gente che sta acquistando consapevolezza, parla, discute del problema, si arrabbia. Le cose potrebbero cambiare solo con una forte mobilitazione popolare».
Quanto alla prossima campagna elettorale, il regista non ha ancora deciso se e come parteciperà, ma «durante la campagna uscirà Michael Moore´s uprising, che ho girato in una sessantina di università durante le ultime elezioni sulla nascita di una nuova generazione politica. Sto finendo in questi giorni l´edizione».
Altri progetti per ora non ne ha, è sempre interessato al tema dell´omofobia, «una delle ferite ancora aperte nella nostra democrazia. Ma non ho trovato l´idea giusta per un film». Intanto sta decidendo se venire in Italia per l´uscita del film alla fine di agosto. «L´Italia è un paese che mi interessa, il pubblico americano era molto stupito che il sistema sanitario italiano fosse così buono. Gli americani purtroppo sono ignoranti, per l´80 percento l´Italia è ancora mafia e pizza. Mi piacerebbe venirci, la conosco poco, mia moglie la frequenta più spesso. E mi piacerebbe incontrare Sabina. Quando ho visto Viva Zapatero! ho sentito il mio stesso spirito, l´ho chiamata subito e mi ha raccontato che la chiamano il Michael Moore italiano. Mi ha fatto molto piacere».
Dagospia 20 Agosto 2007