UN TRUST CHE SI CHIAMA NICOLETTA - PAVAROTTI HA DESTINATO TUTTE LE INGENTI PROPRIETÀ AMERICANE ALLA SECONDA MOGLIE, SCORPORANDOLE DAGLI ALTRI BENI CON UN APPOSITO FONDO ("TRUST", IN INGLESE) - LE TRE FIGLIE ADULTE CI VOGLIONO VEDERE CHIARO.
Giuseppe Caporale per "la Repubblica"
Un "trust". Un atto firmato dal maestro Luciano Pavarotti, poche settimane prima di morire. Un atto che esclude una fetta del patrimonio dall´eredità. E che rischia di scatenare una lite nella famiglia allargata del tenore. A colpi di carta bollata. Da una parte Nicoletta Mantovani: la seconda moglie, erede universale nel testamento principale e unica beneficiaria proprio di quel "trust".
Perfezionato, nei giorni più difficili della malattia. Dall´altra, le tre figlie del precedente matrimonio con Adua Veroni: Lorenza, Cristina e Giuliana. Ereditiere sì, ma di un ottavo ciascuno di un patrimonio, che, giorno dopo giorno, continua a perdere pezzi. Di certo c´è, che l´ultimo testamento di Luciano Pavarotti, quello pesarese, non è solo un atto tecnico. E non è l´ultimo atto. È molto di più.
Svela l´esistenza di un altro documento importante. Quello che disciplina uno dei principali beni accumulati negli anni dal tenore, il patrimonio americano. Un piccolo tesoro, con dentro tre appartamenti (di cui due mini) a New York, a Central Park, del valore complessivo di circa 10 milioni di euro, e altri beni mobili, tra cui una collezione d´opere d´arte inestimabile: quadri di Henri Matisse. E non solo, a quanto pare.
Dal testamento aperto ieri, presso lo studio di Gabicce del notaio Luciano Buonanno, su richiesta dell´avvocato Giorgio Bernini, legale rappresentante della Mantovani, si è scoperto, che questo tesoro americano è stato blindato. Non entrerà a far parte dei beni da dividere con l´eredità.
È, appunto, in un "trust": un patrimonio autonomo separato, costituito a quanto pare dopo il testamento pesarese. Costituito con documenti, che hanno viaggiato dall´America all´Italia, nei giorni della malattia. Carte, presentate in una banca newyorkese, ma firmate dallo stesso Pavarotti in Italia, nella sua villa di Modena, trasformata in ospedale.
Così, se nel testamento modenese, circa un mese prima, il Maestro aveva già disciplinato l´asse ereditario e stabilito le quote (il 50 per cento alla moglie Nicoletta Mantovani e l´altra metà alle quattro figlie: Lorenza, Cristina, Giuliana, Alice), con quello pesarese ha disciplinato il patrimonio americano, destinandolo solo alla moglie Nicoletta. Vincolandolo a una successiva (almeno in quel giorno di fine luglio) esecuzione di un "trust".
Un fondo, che di lì a pochi giorni, sarebbe stato formalizzato. Con un´unica beneficiaria: Nicoletta Mantovani. "Trust", che l´avvocato delle figlie di Pavarotti, Fabrizio Corsini, non esita a definire «un atto dubbio». «Quanto meno, ci coglie di sorpresa» spiega «noi, eravamo rimasti al testamento del 13 giugno (quello modenese, ndr) che seppur consegnava alle tre figlie solo la quota legittima prevista per legge (un ottavo dell´intero patrimonio, ndr) e nominava erede universale Nicoletta Mantovani, assegnandole anche la quota disponibile, le mie assistite avevano accolto con assoluta serenità.
Consapevoli che quella era la volontà del padre. Ora la vicenda assume contorni diversi. Vogliamo verificare bene i documenti: la data del "trust", il testamento pesarese. Poi chiederemo una stima del patrimonio. Di tutto il patrimonio. Anche di quello americano. Poi valuteremo.
Certo, se dovesse emergere, come appare, un danno grave all´eredità nel suo complesso, per altro già penalizzata da liquidazioni societarie e altre operazioni, si ragionerà sui passi da intraprendere per far valere i diritti delle tre figlie. Senza polemiche e non ora. Lei non ci crederà, ma le figlie di Pavarotti, non hanno fretta. Non mi chiedono di conoscere testamenti o altro. Sono a casa, ancora in lutto. Il tempo per i conti verrà poi».
Laconico il notaio Luciano Buonanno, sul quale da una settimana si erano accessi i riflettori. «Tanto rumore per nulla. Nel mio testamento si vincola una parte del patrimonio di Pavarotti a un successivo "trust". Il quale, una volta perfezionato, come mi risulta, toglie ogni efficacia al testamento redatto da me il 29 luglio nella villa del maestro».
Dagospia 18 Settembre 2007
Un "trust". Un atto firmato dal maestro Luciano Pavarotti, poche settimane prima di morire. Un atto che esclude una fetta del patrimonio dall´eredità. E che rischia di scatenare una lite nella famiglia allargata del tenore. A colpi di carta bollata. Da una parte Nicoletta Mantovani: la seconda moglie, erede universale nel testamento principale e unica beneficiaria proprio di quel "trust".
Perfezionato, nei giorni più difficili della malattia. Dall´altra, le tre figlie del precedente matrimonio con Adua Veroni: Lorenza, Cristina e Giuliana. Ereditiere sì, ma di un ottavo ciascuno di un patrimonio, che, giorno dopo giorno, continua a perdere pezzi. Di certo c´è, che l´ultimo testamento di Luciano Pavarotti, quello pesarese, non è solo un atto tecnico. E non è l´ultimo atto. È molto di più.
Svela l´esistenza di un altro documento importante. Quello che disciplina uno dei principali beni accumulati negli anni dal tenore, il patrimonio americano. Un piccolo tesoro, con dentro tre appartamenti (di cui due mini) a New York, a Central Park, del valore complessivo di circa 10 milioni di euro, e altri beni mobili, tra cui una collezione d´opere d´arte inestimabile: quadri di Henri Matisse. E non solo, a quanto pare.
Dal testamento aperto ieri, presso lo studio di Gabicce del notaio Luciano Buonanno, su richiesta dell´avvocato Giorgio Bernini, legale rappresentante della Mantovani, si è scoperto, che questo tesoro americano è stato blindato. Non entrerà a far parte dei beni da dividere con l´eredità.
È, appunto, in un "trust": un patrimonio autonomo separato, costituito a quanto pare dopo il testamento pesarese. Costituito con documenti, che hanno viaggiato dall´America all´Italia, nei giorni della malattia. Carte, presentate in una banca newyorkese, ma firmate dallo stesso Pavarotti in Italia, nella sua villa di Modena, trasformata in ospedale.
Così, se nel testamento modenese, circa un mese prima, il Maestro aveva già disciplinato l´asse ereditario e stabilito le quote (il 50 per cento alla moglie Nicoletta Mantovani e l´altra metà alle quattro figlie: Lorenza, Cristina, Giuliana, Alice), con quello pesarese ha disciplinato il patrimonio americano, destinandolo solo alla moglie Nicoletta. Vincolandolo a una successiva (almeno in quel giorno di fine luglio) esecuzione di un "trust".
Un fondo, che di lì a pochi giorni, sarebbe stato formalizzato. Con un´unica beneficiaria: Nicoletta Mantovani. "Trust", che l´avvocato delle figlie di Pavarotti, Fabrizio Corsini, non esita a definire «un atto dubbio». «Quanto meno, ci coglie di sorpresa» spiega «noi, eravamo rimasti al testamento del 13 giugno (quello modenese, ndr) che seppur consegnava alle tre figlie solo la quota legittima prevista per legge (un ottavo dell´intero patrimonio, ndr) e nominava erede universale Nicoletta Mantovani, assegnandole anche la quota disponibile, le mie assistite avevano accolto con assoluta serenità.
Consapevoli che quella era la volontà del padre. Ora la vicenda assume contorni diversi. Vogliamo verificare bene i documenti: la data del "trust", il testamento pesarese. Poi chiederemo una stima del patrimonio. Di tutto il patrimonio. Anche di quello americano. Poi valuteremo.
Certo, se dovesse emergere, come appare, un danno grave all´eredità nel suo complesso, per altro già penalizzata da liquidazioni societarie e altre operazioni, si ragionerà sui passi da intraprendere per far valere i diritti delle tre figlie. Senza polemiche e non ora. Lei non ci crederà, ma le figlie di Pavarotti, non hanno fretta. Non mi chiedono di conoscere testamenti o altro. Sono a casa, ancora in lutto. Il tempo per i conti verrà poi».
Laconico il notaio Luciano Buonanno, sul quale da una settimana si erano accessi i riflettori. «Tanto rumore per nulla. Nel mio testamento si vincola una parte del patrimonio di Pavarotti a un successivo "trust". Il quale, una volta perfezionato, come mi risulta, toglie ogni efficacia al testamento redatto da me il 29 luglio nella villa del maestro».
Dagospia 18 Settembre 2007