UN INVITATO E 4 TESTIMONI: 1990, VERONICA SPOSA, L'UNICO GIORNO MINIMAL DEL CAV
BRILLANO PER ASSENZA MAMMA ROSA E I FIGLI DI PRIMO LETTO, MARINA E PIERSILVIO
VERONICA SEGREGATA, PRIMA USCITA PER "SORRISI E CANZONI" CON BIAGI E TORTORA

Tratto da "Il giorno più bello - I matrimoni del secolo" di Laura Laurenzi (Rizzoli)

Milano, 15 dicembre 1990, sabato


Che matrimonio minimalista per uno abituato a strafare. Un matrimonio celebrato in sordina, se non di nascosto: in pochi minuti, quasi di corsa. C'è un solo invitato: la mamma della sposa. Le altre quattro persone sono i testimoni. Per lui nientemeno che Bettino Craxi, il suo nume tutelare, e poi Fedele Confalonieri, l'amico di sempre, amministratore delegato della Fininvest. Per lei Anna Craxi e Gianni Letta, collaboratore dello sposo e il suo consigliere più ascoltato.

Sembra sia stato proprio Gianni Letta, con la discrezione e il garbo che gli sono consueti, a fare pressioni affinché la coppia, che ha già tre figli e convive more uxorio da dieci anni, regolarizzasse. Brillano per assenza la madre dello sposo - che pure gli è legatissima - e i due figli, ormai grandi, avuti dalla prima moglie, Marina e Piersilvio: evidentemente solidarizzano con la mamma.

Silvio Berlusconi ha fatto di tutto per depistare la stampa. Girava voce che le nozze fossero imminenti, ma non si conosceva il giorno esatto. Mi sposo la vigilia di Natale, aveva annunciato sua emittenza. Doveva essere un matrimonio segreto ma così non è stato. Chi è la talpa, chi ha spifferato la notizia ai giornali? Lo sposo in persona, quando stamattina è andato a Milanello a salutare i suoi calciatori in ritiro prima della trasferta a Roma. Sceso dall'elicottero è stato chiamato all'interfono: il centralino di Agnelli lo stava cercando. In realtà era stato lui a telefonare all'Avvocato, peraltro irreperibile.

La tentazione di gridare al mondo mi sposo! è troppo forte: Berlusconi non ci riesce, proprio non ce la fa a tenere per sé la notizia. A voce alta e squillante, in modo che tutti i cronisti sportivi possano sentire, lascia un messaggio alla segretaria di Gianni Agnelli, parlando di sé in terza persona, come fa nelle grandi occasioni: «Riferisca all'Avvocato che Berlusconi voleva la sua benedizione perché oggi alle cinque si sposa».

Congratulazioni, sorrisi, strette di mano, auguri. I giocatori del Milan gli sono tutti intorno. Avevano già comprato il regalo: due antichi vasi cinesi. Si ride, si scherza. «È vero, mi sposo oggi, ma non fatelo sapere in giro.» Visto che è circondato da giornalisti sportivi, Berlusconi consegna alla cronaca una battuta in tema: «Per me sarà una notte da campione del mondo!». Sprizza felicità: «Conosco Veronica da dieci anni, ma ogni giorno con lei è come se fosse la prima volta». Poi confessa: «Sono emozionato come uno sposino».

Ai cronisti, per toglierseli di torno, racconta che si sposerà nella villa di Arcore, ma in realtà il vero appuntamento è a Palazzo Marino, sede del Comune, in piazza della Scala, alle cinque in punto. Gli sposi arrivano a bordo di una Thema in contemporanea con i coniugi Craxi: lui sta tornando dalla Sicilia e viene direttamente dall'aeroporto di Linate. Qualche minuto più tardi da un'altra auto scura emerge Gianni Letta, in lieve ritardo a causa del traffico prenatalizio.

Berlusconi è in doppio petto blu con cravatta in tinta a minuscoli pois e il solito cappotto di cashmere con la sciarpa bianca che porta anche allo stadio. Praticamente è in divisa. Lei sotto la pelliccia di visone selvaggio indossa un abito di raso di Valentino color bronzo, lucido e aderente con il collo alto, impreziosito da nodi d'amore ricamati sulle spalle imbottite e sulle maniche. Bellissima, giunonica, calma. Ha i capelli raccolti, rossetto madreperlato e un paio di scintillanti orecchini di diamanti da scorta armata. Non sembra una sposa, non fosse per il bouquet di giunchiglie e roselline che tiene in mano, stretto da un nastro bianco.

C'è qualcosa di insondabile nel suo sguardo. Chi la conosce bene sa che non è stata lei a insistere per le nozze. L'iniziativa è di Berlusconi: «È stata una sua scelta. Certo, lo desideravo, ma non avevo mai domandato nulla. Invece è successo. Forse è la riconoscenza per il tempo passato insieme».

Anche i Craxi hanno spinto perché si sposassero. Ai matrimoni si invitano solo le persone che ci credono, sì, insomma, quelli che fanno il tifo per la coppia, sostiene Veronica. Sarà per questo che gli invitati sono così pochi, anzi: uno solo. Gli altri sarebbero degli estranei. Il municipio è stato aperto appositamente per queste nozze così speciali. Le finestre sono tutte buie, i corridoi deserti. Soltanto nell'ufficio del sindaco si accendono le luci. A officiare è lui, Paolo Pillitteri, che è il cognato di Craxi, in giacchetta marrone e fascia tricolore: dura pochi minuti la cerimonia, giusto il tempo di pronunciare la formula di rito.

L'ufficiale di stato civile legge gli articoli del codice, gli sposi si promettono fedeltà, assistenza morale e materiale, si impegnano a mantenere, istruire, educare la prole e stop. Nessun discorso, nessuna frase da consegnare alla storia, arrivederci e grazie. Come riferisce Anna Craxi, «Silvio non voleva clamori. Si conoscono da dieci anni, hanno tre figli, non mancava che una firma sul registro». Un bacio però se lo danno, con tenerezza, non appena vengono dichiarati marito e moglie. Lui ha 54 anni, lei venti di meno.

La più commossa sembra la mamma della sposa, la signora Flora Bartolini, ex cassiera alla Standa che ha tirato su la sua unica figlia senza un marito accanto: «La mia Lella è una donna di classe superiore, vola alto al di sopra delle miserie terrene». Lei non la chiama Veronica, che è un nome d'arte scelto in omaggio a Veronica Lake, e non la chiama neppure Miriam, il suo vero nome anagrafico: ha sempre usato il secondo nome, Raffaella, o meglio, il diminutivo Lella. La descrive come «una persona che ha sempre preferito tenere per sé le sue emozioni. Ha un estremo pudore dei suoi sentimenti, quasi avesse paura di sciuparli».



Prova a spiegare il meccanismo che ha attratto la sua splendida figlia a Silvio Berlusconi: «Nel suo inconscio, forse, Lella ha sempre cercato un uomo più maturo di lei, per colmare il vuoto lasciato dal padre: aveva bisogno di una persona che le desse sicurezza, fiducia. Chi meglio di Silvio, un ottimista per definizione?». Quanto alle nozze, e al formidabile scatto sociale che ne deriva, è lui a volerle: «Lella ne è stata ben contenta, ma non si è mai sognata di fare la prima mossa. Non toccava a lei».

Niente festeggiamenti sontuosi, in armonia con un rito così sottotono, ma un pranzo «in famiglia». La piccola congrega si trasferisce in via Rovani, villa di città già appartenuta ai Borletti. Da anni è il quartier generale della Fininvest e lo studio personale del Cavaliere, ma anche tetto e rifugio per Veronica, che vi ha lungamente abitato da reclusa, al piano di sopra, prima da sola poi, via via, con i bambini nei primi tempi difficili e clandestini, quando Berlusconi aveva due famiglie: quella ufficiale con la moglie e i due figli grandi ad Arcore, e quella segreta, in espansione, «nascosta» sia pure fra molti lussi in via Rovani, con l'amante.

Ed è qui che stasera aspettano, con i pugni pieni di riso, i tre piccoli: Barbara, 6 anni, Eleonora, 4, e Luigi, 2. Per loro è festa grande. Davanti al portone di Palazzo Marino a parlare con la stampa, solo un rapido scambio di battute, sono rimasti Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Da giornalista ed ex direttore di quotidiano, Letta lascia trapelare le notizie considerate indispensabili, giusto i nomi e i cognomi dei testimoni, e conferma che, sì, la cerimonia c'è stata, no, gli sposi non ci hanno ripensato all'ultimo momento. Andranno in viaggio di nozze? Risponde Confalonieri, sorride e congiunge le mani come in segno di preghiera: Ragazzi, matrimonio rato e consumato.».

Poco più di un fantasma è stata Veronica Lario in tutti questi anni. Ha detto addio per sempre ai suoi sogni di gloria, rinunciando a tutto, del mondo dello spettacolo, tranne che al suo nome d'arte, una sorta di talismano. La sua prima gravidanza assestò il colpo di grazia al matrimonio, già molto pericolante, di Berlusconi e Carla Dall'Oglio. Partorirà ogni volta oltre confine, ad Arlesheim, in Svizzera, al riparo da giornalisti e curiosi. Padrino della prima bambina, che viene alla luce nel luglio dell'84, è Bettino Craxi.

La nuova famiglia del Cavaliere vive a lungo protetta da una cortina di silenzio e riservatezza che appare invalicabile. Soltanto nel novembre dell'86, a oltre sei anni dall'inizio del loro legame, Silvio concede alla sua silenziosa compagna un'uscita pubblica: al Circolo della Stampa di Milano si festeggiano i tre milioni di copie di «Tv Sorrisi e canzoni», di cui Berlusconi è l'editore; alla serata sono presenti Biagi, Tortora, Maradona, gli Spandau Ballet. Tre settimane dopo, un altro bis di visibilità, un altro diluvio di flash per la «nuova» coppia che fa il suo solenne ingresso alla Scala per la prima del Nabucco diretto da Riccardo Muti.

La relazione è diventata ufficiale, ma il mistero attorno all'enigmatica signora permane assai fitto. Le poche immagini che circolano nelle redazioni dei giornali sono foto sfuocate prese con il teleobiettivo in barca o sulla neve, con intorno una selva di guardie del corpo. Qualche rarissima comparsa in pubblico a un'anteprima teatrale, per lo più in abito da gran sera, capelli tirati e impressionanti parure di gioielli. Per il resto, nessun protagonismo, anzi: il massimo riserbo.

Berlusconi la definisce una donna di grande temperamento, con molto carattere e notevole forza d'animo. Inoltre è dolcissima: «E poi, anche se non è certo la cosa più importante, rappresenta il mio ideale di bellezza femminile. Per me è la più bella di tutte». Poco prima delle nozze ha voluto regalarle un duplice ritratto, loro due insieme, commissionato a Rinaldo Geleng, grande amico di Fellini: lei vi appare di tre quarti, ma girata di spalle, molto più diva che nella realtà, in un sinuoso abito lungo squarciato sul dorso da una maliziosa scollatura che scende fino alla vita.

C'è un fondo di malinconia nel suo sguardo. Forse la traccia di un'infanzia e di un'adolescenza non facili, vissute in un palazzone popolare alla periferia di Bologna. Il padre muore quando lei ha solo 13 anni, la madre va a fare la commessa alla Standa per necessità. Miriam-Lella-Veronica viene descritta come una ragazzina introversa e taciturna, ipersensibile, e dicono sia stata proprio la solitudine a forgiarle il carattere.

Troppo bella per non fare l'attrice, dopo il liceo artistico si iscrive a un corso di recitazione all'Antoniano. «Grazie al teatro ho vinto la mia timidezza», dirà. «Il teatro ha tirato fuori un carattere sopito che non sapevo di avere.» Grazie al teatro conosce, o meglio, folgora Silvio Berlusconi. È successo dieci anni fa, a Milano. «Ho sentito un colpo di fulmine, però non c'era il temporale», ricorderà il Cavaliere. Proprietario del teatro Manzoni, era andato in sala a dare un'occhiata al "Magnifico cornuto", in cui la Lario recitava a fianco di Enrico Maria Salerno, commedia imperniata sulla gelosia di un marito che, per avere conferma della sua ossessione, spinge la moglie, fedelissima, fra le braccia di altri uomini, fino a quando lei fugge con un contadino sano di cuore e di mente.

L'imprenditore resta ipnotizzato dal fascino prorompente dell'attrice, che in una delle scene recita con il maestoso seno nudo. Calato il sipario si precipita a bussare alla sua porta, adorante. Con un'impalpabile sottoveste di seta color avorio pronta a franare, grandi occhi da gatta verde-azzurro, bocca carnosa, zigomi alti, una gran massa di capelli, corpo plastico e morbido insieme, Veronica Lario gli era sembrata un'apparizione, la quintessenza della femminilità e della sensualità seduttiva, bella da spezzare il respiro: «Non me l'ha presentato nessuno. Si è presentato da solo. È venuto in camerino e mi ha fatto un sacco di complimenti. Mi ha detto che ero brava. Gli ho creduto e da allora non ho più smesso di credergli», racconterà lei. In realtà si erano già conosciuti, sia pure di sfuggita, l'anno prima, quando la Lario assieme alla compagnia con cui recitava fu invitata a una cena proprio in via Rovani; ma in quell'occasione Berlusconi non l'aveva notata.

Il corteggiamento dura quattro mesi, in cui Veronica è quasi sempre in tournée. A Roma abita in una casa gelida e come regalo - il primo di una lunga serie - Silvio le manda una coperta molto calda. «Difficile resistere a un uomo così, impossibile non farsi coinvolgere. È capace di travolgere tutto, ha un'energia straordinaria»: gradualmente Veronica si arrende alla sua corte, ma non ha ancora preso la decisione di sacrificare la carriera alla causa. Anche grazie alla sua protezione gira un paio di film con registi conosciuti. "Tenebre" è uno dei più crudeli fra quelli diretti da Dario Argento, non c'è un personaggio che non faccia una fine orrenda: a lei viene mozzata di netto una mano fra urla belluine e gran fiotti di sangue, ma quando il film passa sulle reti Fininvest la scena viene ogni volta accuratamente epurata. Se esistesse un premio Oscar per la macelleria, scrive un critico cinematografico, questo film lo vincerebbe di sicuro.

In "Sotto sotto, strapazzati da anomala passione", diretto da Lina Wertmüller, l'anomala passione è la sua, moglie infelice, per una giovane amica: una satira sull'italiano medio maschilista e geloso cui tocca in sorte scoprire che la sua signora si è innamorata di una donna. Durante le riprese Veronica è incinta e mentre gira le ultime scene intuisce che quello è l'addio definitivo alla sua carriera di attrice. Sceglie, o forse accetta, l'eclissi. Diventa giorno dopo giorno la donna invisibile, la reclusa di via Rovani: devota, disponibile, silenziosa. E molto paziente.


Dagospia 26 Maggio 2008