RASSEGNATI STAMPA - RAI CORROTTA, INFORMAZIONE INFETTA; L'OZIO DI DE MASI GENERA MOSTRI; MI CONSENTA, "CI CAGO" PURE IO.
1 - L'OZIO DI DE MASI
Vespe da Il Sole 24 Ore
Che l'ozio fosse il padre dei vizi, ce l'avevano insegnato fin da piccoli. Non sapevamo, però, che tra i figli dell'ozio vi fosse anche un vizio particolarmente insidioso: quello di scrivere. L'abbiamo scoperto ora che è atterrato nelle librerie, con un gran tonfo vista la Mole, l'opus magnum del professor Domenico De Masi, che dell'ozio, è considerato il profeta: La fantasla e la concretezza - questo il titolo del libro, che ha fatto lungamente gemere i torchi della Rizzoli - consta di appena 752 paginette, di cui 60 solo di note e di bibliografia. Partendo dall'assunto che la creatività sia la risorsa più feconda dell'uomo, I'Oziologo si limita, da vero flâneur, a ripercorrere pigramente la storia dell'umanità «alla luce di questa tensione febbrile che la spinge a correggere, senza soste, la natura con la cultura: dalla ruota agli occhiali, dal Paradiso alla Magna Charta, dalle città mesopotamiche alla catena di montaggio, dalle cattedrali gotiche al Progetta Genoma, dal cinema al jazz» come riassume il risvolto di copertina. Brevi cenni sull'universo. Una sfaticata di proporzioni bibliche, insomma, per l'autore e per i suoi lettori. Che forse, arrivati al fondo si domanderanno che fine abbia fatto quell'Ozio creativo di cui il sociologo favoleggiava solo tre anni fa: una società con meno lavoro e più tempo libero. Se l'ozio di De Masi genera tomi di ottocento pagine, trovategli in fretta un'occupazione.
2 - RAI CORROTTA, INFORMAZIONE INFETTA
Aldo Grasso per il Corriere della Sera
I dibattiti sulla tv sono i più difficili da dibattere in tv: se entrano troppo nello specifico, annoiano; se restano in superficie, deludono. E la puntata de «L'Infedele» dedicata alla Rai, «La maledizione della tv di Stato», ha mandato a vuoto molte aspettative (La7, sabato, ore 20.58), come se la maledizione di cui sopra colpisse anche coloro che ne parlano. Gad Lerner aveva in studio Pierluigi Celli, ex direttore generale della Rai, l'economista Salvatore Bragantini (inventore della felice espressione «duopolio collusivo»), Antonio Pilati, dell'Autorità garante, Luigi Crespi, il «sondaggista più amato da Berlusconi», Luca Josi, imprenditore televisivo, e, in collegamento da Roma, Roberto D'Agostino e Michele Santoro. Crespi si è subito messo a sbraitare mandando in vacca ogni possibilità di dialogo, Santoro ha fatto Santoro, e così ognuno, quando è riuscito a prendere la parola, si è limitato a tirare l'acqua al proprio mulino. Per dirne una: la discussione si è animata solo alla fine quando il discorso è scivolato su «Dagospia», il sito più frequentato dagli addetti ai lavori e ai livori. Invece di guardare al futuro, a come uscire da una simile situazione, la contesa si è incartata sul passato (è colpa di quello, è colpa di quell'altro, noi siamo i buoni, voi siete i cattivi, e così via). Per dirne due: in studio c'era Antonio Pilati. Da una disamina dei suoi scritti, non è difficile dedurre che la «legge Gasparri» ha in lui un padre fondatore. E' lì, presente, parlante e garante, ma allora, vogliamo fargliela qualche domanda in proposito, visto anche come difende il nuovo scenario del digitale terrestre? No, meglio fare inutili e un po' ridicoli servizi su Alda D'Eusanio o discutere sul perché i presidenti Rai, una volta in carica, abbiano a cuore «avventure sentimentali».
3 - MI CONSENTA, "CI CAGO" PURE IO.
Als Ob per Il Sole 24 Ore
Idiozie a non finire, «come non si era mai visto dall'inizio della televisione». Questo è l'impegno del Pippo Franco, che in Miconsenta si presenta vestito da Arlecchino. E infatti l'abito multicolore di cui fa sfoggio viene dall'antico centunculus, indossato dai mimi che nel sesto secolo impersonavano lo stupidus. Simili erano gli stracci di cui si ricoprivano gli attori delle farse atellane, stupidissimi anche loro. Insomma, sempre i grandi comici popolari - da Arlecchino a Totò - hanno avuto e hanno a disposizione quest'arma potente, quest'arma pericolosa ed esplosiva, le idiozie. Rivestito con i colori della grande tradizione teatrale, il Franco dovrebbe ben saperlo. E dovrebbe anche sapere che bisogna saperla usare, quell'arma.
A proposito di idiozie, sul palco del Salone Margherita in Roma si presenta il Leo Gullotta, orrendamente travestito da Colombina. In realtà, ci informa, è qui al posto di "Caterina" Zeta Jones, protagonista di Chicago. La quale Zeta-Jones, insiste, è dovuta «andare a cena col Patata e pure col Cipolla». Devono girare un film insieme, spiega tirando la battuta per le lunghe, in modo che l'afferrino tutti. Per la precisione, il film si intitola «"Ci cago" pure io». Il pubblico in platea se la ride di gusto, forse ritrovando nella memoria i tempi belli delle elementari. Seguono poi travestimenti vari, ma nessuno originale: il George Bush che litiga con il Saddam Hussein, la Rosy Bindi che ruba il rasoio elettrico alla Condoleezza Rice, il Jacques Chirac che inneggia alla «force de frappe». Al che il Saddam - un Alberto Lionello che inciampa nelle parole - trova il modo di dirne una precisa, di idiozia: «C'hai le frappe? E le castagnole no?». E poi, a rinforzo: «Giochiamo tutti a scopa... chi fa la scopa vince...». Qui il poveretto, inciampato nella sua stessa lingua, si guarda attorno perso. Il che non gli impedisce di dirla come gli era stata scritta, l'idiozia: «... chi vince scopa».
Ed è ancora lui che, come Eliogabalo, è in attesa dei barbari nella quinta puntata della Storia di Roma messa in scena da Miconsenta. Al suo fianco c'è una delle tre "prime comiche" del varietà di Canale 5, ovviamente (s)vestita da Lupa, nel senso "professionale" della parola. Tra un «impalatelo così s'impala», e un «i barbari so' entrati nel palazzo e te vengono a fa' 'l mazzo», spicca un «i pupi hanno cominciato a scassarsi la minchia», riferito agli arabi che minacciano l'impero americano. Come da Eliogabalo si arrivi agli Usa, non è cosa di cui dare conto. Più significativo è quel che Bin Laden - ancora il Lionello - dice della caduta dell'impero romano. Nonostante i barbari gli invadessero la città, farfuglia per quanto gli consente la lingua, «il romano ben pasciuto rimanette seduto e manco facette il movimento di prendere lo schioppo perché la panza gli pesava troppo». Anche la platea del Salone Margherita, questa volta, fatica a ridere.
Le idiozie sono l'arma del comico, certo. Ma quando il comico se la fa esplodere tra le mani, quel che ci rimette è la sua faccia.
Dagospia.com 4 Marzo 2003