
ARTSPIA - L'ABITO FA LA MONACA. DALLA THATCHER ALLA MERKEL, IL DESIGN MUSEUM DI LONDRA SPIEGA COME LE DONNE DI POTERE HANNO BISTRATTATO LA MODA. A COMINCIARE DA ZAHA HADID CHE FIRMA L'ALLESTIMENTO
Alessandra Mammì per Dago-art
D'ora in poi (dopo questa mostra che si è inaugurata il 29 ottobre e resta aperta fino al 26 aprile) vi sarà chiaro che nessuna delle signore qui rappresentate si è vestita così male per puro caso.
Dalla senatrice texana Wendy Davis che ostenta le scarpe da ginnastica anche in abito da sera, alla stopposa cotonatura della Thatcher fino alle orribili e maltagliate giacchette di Angela Merkel, ogni look ed abito sono stati calcolati al centimetro da sarta.
Colori improbabili, cappelli impossibili. I fuseaux su Zaha Hadid e il color carota dei capelli di Vivienne Westwood sono il risultato di studi filologici. Del resto le donne di potere sono le uniche libere di poter piegare la moda, tradirla, bistrattarla, per fondare un nuovo stile. Il loro.
Che diventa un simbolo di potere e di imperitura immagine. Tanto che il serissimo Design Museum di Londra si è lanciato in una rassegna tra l'antropologico e l'estetico per ridisegnare i confini di quel rapporto complesso fra le donne e il potere partendo proprio dai loro abiti: dai corsetti e dai busti del tempo che fu, fino ad arrivare ai bottoni formato frittata dei tailleur della cancelliera tedesca.
A questo si aggiungono collaborazioni di donne più o meno di potere ma comunque emancipate (c'è anche Julia Peyton-Jones la direttrice della Serpentine Gallery) che hanno tirato fuori dagli armadi e prestato i loro iconici panni di rappresentanza.
Il tutto ( non a caso) allestito da una superdonna che di potere se ne intende: Zaha Hadid malvestita archistar che ha spopolato in un campo abito finora da maschi. Di solito vestiti fighetti.
Wendy Davis, the Texas state senator
una scarpa disegnata da Zaha Hadid