1- L’ACCELERAZIONE DEGLI EVENTI POLITICI RISCHIA DI COMPROMETTERE IL “NUOVISMO” CHE LUCHINO, LO SCARPARO E LUIGINO ABETE AVEVANO IMMAGINATO PER SALVARE LA PATRIA 2- LA SCARNA DICHIARAZIONE MONTEZEMOLO NEI CONFRONTI DI MONTI, MENTRE IL SUO AMICO DIEGUITO (AUTORE DI UN MANIFESTO CHE NON È PIACIUTO AL QUIRINALE E A MOLTI ESPONENTI POLITICI), DOPO LA CONDANNA DI CALCIOPOLI, SI È RITIRATO DIETRO LE QUINTE 3- COSÌ, A MENO DI COLPI IMPREVEDIBILI DI SCENA, ANCHE LUIGINO ABETE DOVRÀ RINUNCIARE AL SUO SOGNO DI MINISTRO E SPOSTARE SUL CAMPIDOGLIO LE SUE AMBIZIONI 4- BINI SMAGHI HA ASPETTATO L’USCITA DI SCENA DEL PRESIDENTE PATONZA PER VENDICARSI DELLE TANTE PROMESSE CHE GLI AVEVANO FATTO INTRAVEDERE LE POLTRONE DELLA BANCA D’ITALIA, DELLA BEI E DELL’AUTHORITY PER LA CONCORRENZA 5- NEGLI ULTIMI MESI I RAPPORTI DI GIUSEPPE BONO CON GIUSEPPE ORSI SI SONO RINSALDATI 6- TRA MONTE PASCHI SIENA (300 MLN. DI PERDITA?) E ACEA, I DOLORI DI CALTARICCONE
1 - LE AMBIZIONI SBAGLIATE DI LUCHINO, LO SCARPARO E LUIGINO ABETE
Dopo le briciole di gloria raccolte al Festival del Cinema di Roma (sponsorizzato alla grande da BNL) dove le sue gaffe hanno messo in imbarazzo anche il suo amico Innocenzo Cipolletta, l'ex-tipografo romano sta cercando in tutti i modi di inserirsi nella battaglia di queste ore per i ministeri.
A Luigino piacerebbe da morire completare la collezione delle cariche con una poltrona nel governo che, salvo incidenti e colpi di scena, dovrebbe nascere lunedì mattina. E il suo obiettivo ideale è il ministero dello Sviluppo Economico che finalmente sarà liberato dall'inutile presenza dell'ex-Opus Dei, Paolo Romani, uno dei peggiori ministri del governo Berlusconi.
L'impresa è tutt'altro che facile perché Luigino si porta addosso l'immagine di un banchiere che rappresenta in Italia una delle banche più disastrate d'Europa. Come è noto, BNL è stata acquistata ed è controllata dal Gruppo Bnp Paribas, l'Istituto francese che guida la classifica delle banche d'Oltralpe più esposte verso i titoli di debito sovrani.
Appare quindi difficile arruolarlo in un governo del Presidente che non vuole esporre il fianco all'accusa di essere in balìa dei banchieri e dei tecnocrati. Non a caso Abete un paio di giorni fa è apparso nel programma "Sky Tg Economia" che va in onda alle 18,30 dove si è sforzato di parlare un linguaggio politico e ha strizzato l'occhio nei confronti di Monti, Amato, Maroni e Gianni Letta.
Con grande indulgenza il giornalista che ha sostituito nella trasmissione la piemontesina Sarah Varetto, si è ben guardato dal fargli una domanda qualsiasi sulle banche italiane e su quelle francesi che come Bnp Paribas soffrono la crisi finanziaria.
Lo sforzo che fa sudare Luigino e lo rende inquieto va interpretato anche alla luce della difficoltà che l'eventuale governo Monti rappresenta per la strategia della "lobby-continua" nella quale Luchino di Montezemolo è il rappresentante più fascinoso.
Non vi sarà sfuggito che l'accelerazione degli eventi politici rischia di compromettere il percorso che Luchino, Dieguito Della Valle e Luigino Abete avevano immaginato per salvare la Patria. Secondo i loro calcoli i tempi giusti avrebbero dovuto coincidere con le elezioni da tenersi a metà del 2012, un arco di mesi sufficiente per una discesa in campo costruita su un movimento di opinione pubblica più favorevole. E non è nemmeno sfuggito che questa botta di "nuovismo" ha poco a che fare con un governo del Presidente che cerca di creare anche a costo di fratture profonde un consenso parlamentare che va dalla destra alla sinistra.
In questo senso va interpretato il silenzio di Montezemolo che nei confronti di Monti ha rilasciato una scarna dichiarazione, mentre il suo amico Dieguito (autore di un manifesto che non è piaciuto al Quirinale e a molti esponenti politici) si è ritirato dietro le quinte. Adesso tutti sembrano aver dimenticato l'immaginetta sacra del presidente della Ferrari e dei suoi compagni di merenda, e in nessuno tra i molti organigrammi del governo che girano in queste ore c'è traccia di questa piccola lobby che in nome del nuovismo vuole rottamare la vecchia politica. Così, a meno di colpi di scena imprevedibili, anche Luigino dovrà rinunciare al suo sogno e spostare sul Campidoglio le sue ambizioni.
2 - LA VENDETTA DI BINI SMAGHI
Nemmeno la moglie Veronica e i figli Corso e Laudomia credono che Lorenzo Bini Smaghi prenda la valigia per chiudersi definitivamente all'università di Harvard.
Il banchiere fiorentino è troppo ambizioso per passare dal grattacielo di vetro della BCE alle aule solenni della più prestigiosa università americana. Le sue dimissioni sono state salutate con elogi rituali da parte di Mario Draghi e del "Corriere della Sera", il giornale che gli ha dato più corda nella sua battaglia ostinata a difesa della poltrona ricevendo in cambio indiscrezioni succulente sulla famosa Lettera BCE che ha segnato l'inizio della fine del governo Berlusconi.
à evidente che il 55enne fiorentino ha aspettato l'uscita di scena del Presidente Patonza per vendicarsi delle tante promesse che gli avevano fatto intravedere le poltrone della Banca d'Italia, della Bei e dell'Authority per la concorrenza.
Così, mentre esce dal clima freddo di Francoforte dove è riuscito a fare incazzare i governi di mezza Europa e a ridicolizzare l'Italia con la risatina tra la Merkel e Sarkozy, il buon Lorenzo dichiara di volersi rifugiare nell'insegnamento delle relazioni finanziarie internazionali al centro di studi di Harvard, ma il suo nome continua a saltellare per una poltrona nel governo di Mario Monti.
Senza rendersi minimamente conto della sua incompetenza in materia industriale, il "Corriere della Sera" di Flebuccio De Bortoli lo indica come probabile titolare del ministero dello Sviluppo Economico, mentre altri quotidiani si spingono a indicarlo come alternativa a Giulietto Tremonti.
Anche questa ipotesi non sta in piedi perché la fotografia di Bini Smaghi che partecipa alle riunioni dell'Ecofin accanto ai francesi e agli altri ministri europei che hanno deprecato la sua ostinazione, sembra poco credibile. Forse varrebbe la pena di fare uno sforzo per capire che il gesto delle dimissioni lascia la porta aperta a due ipotesi più realistiche.
La prima è quella di tornare in Italia al vertice di una banca, magari del MontePaschi toscano (come scrive oggi "l'Espresso"); la seconda ipotesi è che la sua esperienza possa tornare utile alla Direzione generale del Tesoro dove non è più un mistero che il pallido Vittorio Grilli potrebbe alzare i tacchi per andarsene a Goldman Sachs in modo da dimenticare la lunga e sofferta parentesi accanto a Tremonti.
3 - FINCANTIERI-FINMECCANICA: L'ASSE BONO-ORSI
A Trieste corre voce che Giuseppe Bono, l'amministratore delegato di Fincantieri, voglia rientrare alla grande in Confindustria dopo l'annuncio di qualche mese fa che aveva fatto indispettire la Marcegaglia.
Dopo la rottura di Marpionne, il manager calabrese aveva minacciato il congelamento dei contributi versati da Fincantieri nelle casse di viale dell'Astronomia accompagnando questo annuncio con critiche piuttosto dure. Adesso salta fuori l'idea che Bono potrebbe farsi promotore della fusione tra la Confindustria di Trieste e di Gorizia per creare un unico blocco di rappresentanza in grado di supportare le istanze della sua azienda e degli imprenditori locali.
I tre saggi che entreranno in azione a fine anno per scegliere il nome del presidente in scadenza di Confindustria Trieste non hanno ancora ultimato le consultazioni ma sembra che il progetto di piazzare Bono al vertice delle due associazioni unificate di Trieste e di Gorizia stia trovando un certo consenso.
Finora il manager calabrese che dopo la lunga esperienza all'Efim è sbarcato nel '93 in Finmeccanica non si è pronunciato, ma sembra che la sua candidatura sia ben vista anche nel quartier generale di piazza Monte Grappa dove Guarguaglini è stato schiaffeggiato dalla Marcegaglia che lo ha escluso dal vertice confindustriale.
E non è un mistero che negli ultimi mesi i rapporti di Bono con il nuovo amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, si sono rinsaldati fino al punto da far correre la voce che Paola Bulgarini, la donna che insieme a Battista è più vicina al capo di Fincantieri, potrebbe lasciare Trieste per dare una mano a Orsi. Se questi segnali sono attendibili si può anche immaginare che riprenda corpo il vecchio progetto di creare nuove alleanze industriali tra la società che costruisce le navi e quella che le attrezza con i radar e i missili.
4 - I DOLORI DI CALTARICCONE
Francesco Gaetano Caltagirone, per gli amici Caltariccone, ha seguito con distacco il consiglio di amministrazione che si è tenuto ieri a MontePaschi.
Il distacco era obbligato perché dopo la sentenza sulla scalata alla BNL, l'imprenditore romano ha inviato una lettera con la quale si è autosospeso dalla carica di vicepresidente della Banca senese. Al Calta interessa capire quale sarà il futuro dei suoi investimenti. Qualcuno dice che finora, dentro la banca guidata da Mussari, abbia perso qualcosa come 300 milioni, ma a dargli soddisfazione sono i risultati registrati nel suo Gruppo dalle attività di Cementir e di Acea, la multiutility dove la maggioranza è nelle mani del sindaco dalle scarpe ortopediche, Gianni Alemanno.
In realtà , conti presentati nei giorni scorsi da Acea non sono meravigliosi: l'utile è sceso del 43% e il titolo che a giugno sfiorava i 9 euro si ritrova oggi a 5,7 euro. Adesso per Caltariccone si tratta di capire se il nuovo governo aprirà la grande pagina delle liberalizzazioni consentendo ai privati di aumentare la loro presenza nelle imprese di servizi pubblici.
Sotto questo aspetto Alemanno ha fatto una mossa per mettere le mani avanti ed è riuscito a piazzare alle relazioni esterne dell'azienda il suo capo ufficio stampa Simone Turbolente, un giovinotto dal curriculum piuttosto scarso che il presidente di Acea, Giancarlo Cremonesi, ha voluto accanto a sé.
Il blitz del sindaco dalle scarpe ortopediche ha preso in contropiede chi pensava che Acea, già al centro di molte polemiche per lo scandalo Parentopoli, voltasse pagina liberandosi da quelle cattive abitudini che lo stesso Caltagirone aveva denunciato nell'aprile dell'anno scorso.
La leggerezza di Cremonesi e dell'etereo amministratore delegato Staderini, non dovrebbe impedire comunque a Caltariccone di considerare con un occhio vigile la generosità di Acea nelle sponsorizzazioni (l'ultima delle quali è stata di 200mila euro al Comitato del "No" sul referendum dell'acqua).













