1. LA GDF NELL’UFFICIO DI BAZOLI E’ LA VIOLAZIONE DI UNO SPAZIO SACRO. MATTIOLI, CUCCIA, AGNELLI E BERNHEIM NON FURONO MAI PERQUISITI. CHE SUCCEDE AL PRESIDENTE DI INTESA? 3. SUCCEDE CHE PER LA PRIMA VOLTA HA LA DATA DI SCADENZA SULLA GIACCA: PRIMAVERA 2016 4. SU BAZOLI C’E’ IL FIATO SUL COLLO DI BANKITALIA, CON VISCO CHE IMPONE LA FINE DI QUELLA GOVERNANCE DUALE NELLA QUALE L’AVVOCATO BRESCIANO HA SGUAZZATO PER ANNI 5. E SE SI LEGGONO LE CARTE DELL’INCHIESTA SU UBI BANCA, SI VEDE CHE LA CADUTA DELL’”ARZILLO VECCHIETTO” (COPY DELLA VALLE) NASCE DA UN ESPOSTO DI VIA NAZIONALE 6. A NOVEMBRE, CON LA VIGILANZA BANCARIA CHE PASSA ALLA BCE DI DRAGHI, FINISCE L’ERA DEI BANCHIERI DI RELAZIONE (CON ROMA). E ANCHE GUZZETTI, SENZA ABRAMO, CONTA MENO

Francesco Bonazzi per Dagospia

Raffaele Mattioli, Enrico Cuccia, Gianni Agnelli e Antoine Bernheim non hanno mai subito una perquisizione. O se è successo, non si è mai saputo. Il che rende già bene l'idea di che cosa sia un potere davvero inviolabile. Eppure il fondatore della Comit, il padrino della Mediobanca, il Signor Fiat e il vecchietto terribile delle Generali ne hanno combinate, in vita. E se ne chiacchierava parecchio.

Abramo Bazoli, invece, è anche fisicamente l'incarnazione di una finanza buona e dolente, sobria e timorata di Dio. L'avvocato imparentato con Paolo VI ha salvato l'Ambrosiano del dopo Calvi-Sindona, è stato il regista della nascita della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo, ha fatto prestare soldi a tutta l'Italia che conta senza dover mai chiedere nulla in cambio.

E ieri il suo ufficio al numero 8 di via Monte di Pietà è stato perquisito manco fosse un malfattore. A 81 anni suonati e su un esposto della Banca d'Italia della quale è eminente azionista. Senza entrare nello specifico dell'inchiesta su Ubi Banca, qui non è che "qualcosa non torna". Non torna proprio nulla.

Siamo alla vigilia di una nuova Tangentopoli, intesa come una fase in cui le carte le smazzano le Procure della Repubblica, e Bazoli allora finisce nel mucchio insieme a Pesenti papà, Frigerio, Greganti, Matacena, Scajola e Dell'Utri? Non sembra proprio. Nel 1992, la Finanza che già indagava su Salvatore Ligresti, bussò con delicatezza al cancello di Mediobanca e si fece dare un po' di carte. Avvenne tutto con la stessa eleganza di un ricevimento a Buckingam Palace. Ieri le Fiamme Gialle, a Banca Intesa, invece si sono presentate con un mandato di perquisizione e sono andate dritte nell'ufficio del Patriarca.

Anche i giornali sono molto diversi. Un esempio basta e avanza. Vent'anni fa, era il 20 maggio del 1994, la Finanza citofona ancora in via Filodrammatici e preleva autonomamente quel che le serve per inchiodare la Ferruzzi sui fondi neri. Se salì anche al piano di Cuccia, non si è mai saputo. Il giorno dopo il Corriere della Sera, diretto da Paolo Mieli, titola così: "La Finanza nel tempio di Cuccia". Oggi, che hanno perquisito Bazoli, il Corriere di De Bortoli invece titola: "Si apre il caso della Ubi Banca. Indagati anche Bazoli e Pesenti". E la "violazione" del sacro spazio di lavoro di Nonno Nane? Zero carbonella, come dicono a Roma. No, questa non è Tangentopoli Due, è molto peggio: è frana a casaccio.

Ha invece ben più senso rispondere all'altra grande domanda che circola nei palazzi del potere da ieri mattina all'alba: perché Bazoli è diventato vulnerabile? Avrà anche comandato "di nascosto" in Ubi Banca, come sospettano Bankitalia e Procura, ma in fondo anche il suo ruolo al fianco di Romain Zaleski non è mica una bazzecola, ma lì nessuno ha mai trovato da ridire (a parte qualche fastidioso giornalista).

Detta in modo grossolano, e che non fa giustizia alla caratura del personaggio, Bazoli è semplicemente diventato un cartone di latte con la data di scadenza scritta sopra. Ok, ama il vino buono ed è sposato a una Folonari, ma in fondo è proprio così. Il suo mandato alla guida del consiglio di sorveglianza di Intesa scade con l'assemblea che dovrà approvare il bilancio 2015, nella primavera del 2016.

Entro quella data, Intesa deve rinunciare alla governance duale, nata per garantire poltrone per tutti nella lunga stagione delle fusioni bancarie, e la seggiola di Bazoli sparirà. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, sul punto è irremovibile: la stagione della governance duale deve finire e glielo ha anche messo per iscritto. Bazoli resisterà al comando della banca, affidata all'ad Carlo Messina, ma nella primavera del 2016 dovrà dedicarsi ad altro.

Oggi è fondamentale notare non solo che i reati contestati a Bazoli e agli altri indagati nascono da un'ispezione compiuta da Bankitalia in Ubi Leasing tra giugno e ottobre del 2012, ma che a novembre di quest'anno le funzioni di vigilanza voleranno via verso Francoforte, destinazione: la Bce di Draghi. E' una svolta fondamentale e di grande sostanza per il potere italiano. Finisce l'epoca dei Grandi Vecchi delle banche italiane e dei loro cerimoniosi rapporti con Via Nazionale. E una Via Nazionale ridotta a tesoreria e ufficio studi difficilmente, in futuro, "regalerà" all'Italia altri Carli, altri Dini, altri Ciampi e altre Tarantola.

Non solo, ma con la vigilanza in mani straniere, Bankitalia perderà il controllo di quella formidabile macchina da guerra che, grazie al potere ispettivo, le ha consentito di pilotare tutte le aggregazioni bancarie dell'ultimo mezzo secolo. Dalla nascita di Ambro-Cariplo sotto la regia di Bazoli, fino alla Popolare di Spoleto consegnata addirittura al Desio, passando per il progressivo "accorpamento delle problematiche" degli istituti di credito romani dai quali nacque Capitalia (poi rifilata a Unicredit).

Un Bazoli che per la prima volta appare vulnerabile lascia sulla scena soltanto Giuseppe Guzzetti, che dai vertici della Fondazione Cariplo ha condiviso con lui il potere su Intesa Sanpaolo? No, indebolisce anche l'avvocato di Turate, che il 27 di questo mese, oltre a prendere lo stipendio da presidente della Cariplo, compie la bellezza di ottant'anni.

Guzzetti è sempre stato un abilissimo comandante e oggi fa credere di occuparsi solo di filantropia e housing sociale. Ma alla spiccata capacità politica (una lunga militanza nella Dc aiuta), unisce l'astuzia di non mettere mai i suoi uomini nelle posizione di vertice delle banche, ma nelle loro controllate. Cioè, mette sempre un'intercapedine tra se stesso e gli affari.

Ma Guzzetti, da solo, non ha la mano su nessun bottone. Non ha il potere di "far succedere le cose". Non è Marchionne, per intendersi, e neppure un Greco delle Generali. E' un formidabile uomo di relazioni, ha una visione politica delle banche e delle fondazioni bancarie assai coerente, è il solido alleato di Bazoli, ma non ha pulsanti che sbloccano o bloccano il sistema.

Da qui all'autunno, quando Bankitalia lascerà lo scettro a Francoforte, i contraccolpi del declino di Bazoli, iniziato ufficialmente ieri, saranno tanti. Si coglieranno giorno per giorno sui tanti fronti dove Intesa è impegnata, come Alitalia, Rcs, Telecom e Sorgenia. Solo, ancora non si vede chi possa prendere davvero il posto di uno come lui.

 

 

LUIGI ABETE ALESSANDRO PROFUMO FEDERICO GHIZZONI GIOVANNI BAZOLI FOTO LAPRESSE Colosso BazoliGIOVANNI BAZOLI E ENRICO CUCCHIANI FOTO LAPRESSE GIANNI LETTA E GIOVANNI BAZOLI CHE RICEVE LA LEGION D ONORE FOTO LAPRESSE bncitl45 bazoli enrico lettabaz06 bazoli ceccherini perricone alfredo speranzaGIOVANNI BAZOLI E ROMANO PRODI FOTO LAPRESSE Vianello Mucchetti DeBortoli DeBenedetti Bazoli Geronzi GIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTIGIOVANNI BAZOLI E ROMANO PRODI FOTO LAPRESSE GIOVANNI BAZOLI ED ENRICO LETTA FOTO LAPRESSE GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE

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