1. LE ULTIME PAROLE FAMOSE DI BEBE’ BERNABÈ IERI IN AUDIZIONE AL SENATO: “SE IL PERCORSO SI INTERROMPE O VA IN UNA DIREZIONE DIVERSA FAREMO LE NOSTRE RIFLESSIONI”. CHE TRADOTTO IN PAROLE POVERE VUOL DIRE: SIGNORI, HO VALIGIA PRONTA 2. I PATRIOTI ITALIANI CHE NEL 2008 SONO STATI INCASTRATI DA CORRADINO PASSERA PER SALVARE L’ALITALIA, HANNO LE MANI NEI CAPELLI: ENTRO DICEMBRE SARÀ NECESSARIA UN’ALTRA INIEZIONE DI LIQUIDITÀ INTORNO ALLA CIFRA-MONSTRE DI 300 MILIONI 3. GIAVAZZI AMARI PER ENRICHETTO LETTA: “CI VORREBBE UN’AZIONE PIÙ DRAMMATICA!” 4. DOPO LA NOMINA DI DE GENNARO ALLA PRESIDENZA FINMECCANICA C’È UN ALTO BUROCRATE E SERVITORE DELLO STATO CHE DA IERI SI È RINGALLUZZITO. È LAMBERTO CARDIA

1. I PATRIOTI ITALIANI SALVA-ALITALIA HANNO LE MANI NEI CAPELLI
I patrioti italiani che nel 2008 sono stati incastrati da Corradino Passera per salvare l'Alitalia, hanno le mani nei capelli.

L'unico di loro che non fa questo gesto è donna Edoarda Crociani, la padrona di Vitrociset. Gli altri sono a un passo dalla disperazione che è aumentata ieri quando Roberto Colaninno e il nuovo amministratore delegato Gabriele Del Torchio hanno presentato un piano industriale che fa rabbrividire.

All'incontro era presente anche il massiccio Fabrizio Palenzona nella sua qualità di presidente della società Aeroporti ,ma a differenza degli altri partecipanti aveva un sorriso mefistofelico. È difficile capire la ragione di questo atteggiamento anche se è nota la capacità del banchiere ex-camionista di assistere con indifferenza agli spettacoli della finanza vietati ai minori.

D'altra parte le sorti dell'Alitalia lo interessano fino a un certo punto anche se deve tener conto dello stato di salute dell'azienda che appoggia i suoi aerei allo scalo di Fiumicino.
Nel corso della presentazione il manager Del Torchio ha detto senza mezzi termini che entro dicembre sarà necessaria un'altra iniezione di liquidità sui 300 milioni.

A mettere i soldi sul tavolo potrebbero essere chiamati i 21 patrioti che tutti insieme detengono il 75% delle azioni e nell'arco di cinque anni hanno visto sfumare dai conti di Alitalia un miliardo, molto più di quanto avevano messo sul tavolo con l'aiuto determinante della banca di Passera e di altri istituti.

A questo scenario devastante si aggiunge la prospettiva di un pareggio di bilancio nel 2015 e un utile potenziale nel 2016. Questo vuol dire che i 21 patrioti dovranno buttarsi dalla finestra oppure tirar fuori dalle tasche altri quattrini oltre a quelli che hanno dovuto scucire nell'ultimo prestito ponte di 150 milioni rispetto al quale mancano ancora 55 milioni.

Il gelo è calato quando Colaninno ha parlato delle partnership con altre compagnie aeree e, tagliando corto alla montagna di chiacchiere circolate nell'ultimo anno, ha detto testualmente: "nessuno ci ha cercati e noi non cerchiamo nessuno".

Questa frase mette una lapide sulle voci che per mesi si sono rincorse sull'interesse di compagnie aeree russe e mediorientali. L'ultima smentita è arrivata a giugno da Aeroflot, ma già dieci mesi prima l'ex-amministratore Ragnetti (rimpianto dalle hostess di Alitalia per la sua prestanza fisica) aveva tagliato corto sull'interesse di Emirates e Ethiad. Anzi, per dirla tutta, con Emirates lo scontro è diventato durissimo a partire da maggio di quest'anno perché gli arabi volanti vorrebbero utilizzare e potenziare i voli da Malpensa creando una concorrenza serrata sulla rotta per New York, una delle più fruttuose per Alitalia.

Se poi a questo scenario si aggiunge la latitanza assoluta di AirFrance che finora non ha dimostrato di voler prendere la cloche della Compagnia italiana, i guai per Colaninno e Del Torchio aumentano a dismisura. Lo sanno bene i membri del consiglio di amministrazione, primo fra tutti il vicepresidente Elio Catania che si trova con le mani legate e non vede l'ora di tagliare la corda per un incarico più consono alla sua esperienza in IBM.

Forse è arrivato il momento di dire che il ragioniere di Mantova Colaninno, celebrato a febbraio in Campidoglio da Confindustria e Ice come l'"Imprenditore dell'anno", deve scendere dall'aereo e salire su quella Vespa che gli da grandi soddisfazioni.

Il mito dell'imprenditore capace di scalare Telecom con 100mila miliardi si è perso tra le nubi di Alitalia e non può illudersi di recuperare quota chiamando il cavaliere bianco della Cassa Depositi e Prestiti.

Il tempo limite per la Compagnia è ottobre e prima di allora il Governo dovrà uscire allo scoperto. Anche i patrioti italiani dovranno farlo mettendo da parte il nuovo slogan che l'Alitalia ha presentato ieri: "Orgogliosi di mostrare il meglio del nostro Paese. Appassionatamente". Chissà se qualcuno di loro, libero dagli incastri finanziari congegnati da Corradino Passera, avrà il coraggio e la passione di chiedere la testa del ragioniere di Mantova.

2. FRANCHINO BERNABÈ: HO VALIGIA PRONTA.
Non era affatto allegro Franchino Bernabè durante l'audizione che si è tenuta ieri davanti alle commissioni Industria e Lavori Pubblici del Senato.

Qualche parlamentare ha colto un velo di tristezza insinuando che il manager di Vipiteno fosse deluso per il nuovo assetto di Finmeccanica dove per mesi ha cercato di trovare un'alternativa al suo lavoro. In realtà Franchino si trova in mezzo al guado perché deve trovare la soluzione che consenta all'azienda di centrare il target di 27 miliardi di debiti e di reggere la concorrenza sempre più serrata degli altri operatori telefonici.

Di tutto questo si parlerà oggi nel consiglio di amministrazione del Gruppo che sarà introdotto da Gabriele Galateri di Genola, il collezionista di cariche che senza faticare è considerato l'uomo più fortunato del mondo.

Nella riunione di oggi i temi sul tappeto sono due e riguardano in primo luogo l'integrazione tra Telecom e 3Italia, la compagnia cinese controllata dal miliardario Lee Ka Shing.

Il secondo argomento è il tormentone dello scorporo della Rete, un dossier alto come una montagna del Trentino dove Bernabè passerà le vacanze, ma terribilmente complicato. Per quanto riguarda il matrimonio con i cinesi di 3Italia si può prevedere con un margine minimo di errore che non se ne farà nulla.

Anche qui come nel caso di Alitalia dovrebbe calare il sipario sul fiume di parole che si sono spese per le partnership. Così è stato quando si è parlato di Telefonica che avrebbe potuto cedere gli asset sudamericani alla At&T americana per poi impossessarsi di Telecom. E la stessa cosa è avvenuta nel momento in cui il "Financial Times" ha scritto di un possibile interessamento del vecchio emiro del Qatar che pochi giorni fa ha lasciato le redini del forziere al figlio ma prima ha fatto man bassa insieme alla bella moglie di alberghi, quadri d'autore e partecipazioni societarie.

Un po' di guazza a questo miraggio l'ha data lo stesso Bernabè quando pochi giorni fa ha accennato a un intervento di fondi di investimento orientali nell'operazione dello scorporo. Resta il fatto che anche questo dossier galleggia come una barca sul Nilo perché le intenzioni di Franchino si scontrano con il cauto atteggiamento dell'AgCom e della Cassa Depositi e Prestiti dove il presidente Franco Bassanini preferisce guadagnare tempo.

Che l'operazione sia salvifica per i conti di Telecom lo dicono tutti e per ultimo l'ha detto anche giovedì scorso il Centro Einaudi in documento molto lucido a firma Roberto Ricciuti. L'idea di inoltrarsi sulla strada della societarizzazione della Rete - si legge nel documento - "sembra più dettata da motivazioni contingenti piuttosto che da un piano strategico e una situazione simile si trova soltanto in Nuova Zelanda".

Questo bisogno di fare cassa l'ha confermato lo stesso Bernabè ieri al Senato quando, invocando l'urgenza sulle regole dei mercati, ha detto: "se i prezzi continuano a scendere del 30% l'anno, le telecomunicazioni non reggono". Da qui la sensazione che il consiglio di oggi servirà soltanto a fare il punto sui conti dell'ultimo mese e che la strada dello scorporo per fare cassa sia tutta in salita.

Ne è consapevole per primo lo stesso manager di Vipiteno che con un velo di tristezza ha concluso il suo intervento con una frase sibillina che suona così: "se il percorso si interrompe o va in una direzione diversa faremo le nostre riflessioni".
Che tradotto in parole povere vuol dire: ho valigia pronta.

3. GIAVAZZI AMARI PER ENRICHETTO LETTA: "CI VORREBBE UN'AZIONE PIÙ DRAMMATICA!".
Sono davvero curiosi questi economisti di fama quando dopo aver offerto briciole di intelligenza ai governanti, poi si ritirano nel loro splendido isolamento e continuano a locupletare incarichi più vantaggiosi.

Uno di questi è Francesco Giavazzi, l'accademico di Bergamo di matrice liberista che, forte delle esperienze alla scuola di Chicago di Milton Friedman, quando parla pensa di pronunciare encicliche. Lo ha fatto oggi in una lunga intervista a "Panorama" in cui a distanza di mesi dall'incarico che gli è stato conferito ad aprile 2012 dal pontefice massimo della Bocconi, Mario Monti, ripercorre l'esperienza condotta per un paio di mesi come consulente dell'ex-premier.

Il 20 giugno dell'anno scorso - ricorda Giavazzi - ho consegnato la cartellina di proposte che insieme ad altri due economisti avevo preparato per la spending review. A parte l'ironia inevitabile sullo sforzo titanico compiuto dal professore per la cartellina, colpisce la durezza con cui addossa ai burocrati la colpa di aver frenato le sue proposte di tagli. Nel mirino il buon Giavazzi mette in prima linea i dirigenti del ministero dello Sviluppo Economico accusati di aver sollevato obiezioni di ogni tipo. Il suo attacco riporta alla luce del sole il fastidio con il quale il ministro dell'epoca, Corradino Passera ha sempre considerato le proposte del 64enne economista.

Ma non finisce qui perché dopo aver dimostrato indulgenza nei confronti della povera Fornero, messa sottopressione inaudita da Monti per la riforma delle pensioni, Giavazzi chiede a gran voce a quella bravissima persona di Piero Giarda di spiegare una volta per tutte cosa intende tagliare e dove vuole usare le forbici.

Poi, dopo aver ricordato il coraggio con cui Giuliano Amato in una notte del '92 mise alla porta tre militari con il petto pieno di mostrine che si opponevano alla manovra da 92mila miliardi, l'esimio accademico si concentra su Enrichetto Letta e chiede che il cuneo fiscale venga portato a livello europeo. A questa richiesta aggiunge la necessità di tagliare 10-15 miliardi di contributi alle imprese e di recuperarne altri 5-6 abolendo le province.

Peccato che proprio ieri la Consulta abbia dichiarato l'incostituzionalità del taglio alle province, ma a Giavazzi ,che come tutti gli economisti non ha capacità di previsione, interessa ridimensionare soprattutto l'euforia di Enrichetto Letta. E per dare forza alla sua tesi nella quale si intravede lo scetticismo per i soldini raggranellati a Bruxelles per il lavoro dei giovani, finisce la sua ricostruzione liberatoria dicendo: "ci vorrebbe un'azione più drammatica!".

4. DOPO LA NOMINA DI DE GENNARO UN ALTO BUROCRATE SI È RINGALLUZZITO.È LAMBERTO CARDIA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che dopo la nomina di Gianni De Gennaro a Finmeccanica c'è un alto burocrate e servitore dello Stato che da ieri si è ringalluzzito.

È Lamberto Cardia, il 79enne magistrato di Tivoli che sta difendendo la poltrona di presidente delle Ferrovie conquistata nel 2010. L'ex-presidente della Consob ed ex-capo di gabinetto di un'infinità di ministeri ritiene che il Quirinale debba usare nei suoi confronti lo stesso riguardo riservato all'ex-capo della Polizia assurto al vertice di Finmeccanica".

 

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