BIT-CRAC - SVOLTA DRAMMATICA PER BITCOIN: LA MONETA VIRTUALE FINISCE IN TRIBUNALE A TOKYO CON LA RICHIESTA DI FALLIMENTO DI MT.GOX, UNA DELLE PRINCIPALI BORSE PER GLI SCAMBI SULLA VALUTA ONLINE - ALLARME DERIVATI IN USA

1-LA MONETA VIRTUALE FINISCE IN TRIBUNALE
Stefano Carrer per ‘Il Sole 24 Ore'

Svolta drammatica per Bitcoin: la moneta virtuale finisce in tribunale a Tokyo con la richiesta di fallimento di Mt.Gox, una delle principali borse per gli scambi sulla valuta online. Ai valori di mercato tracciati dall'indice CoindDesk, si tratta di un crack da 473 milioni di dollari, pari a 750mila Bitcoin nei portafogli della clientela e 100mila facenti capo a Mt.Gox.

Ufficialmente, Mt.Gox ha dichiarato passività per circa 6,5 miliardi di yen (63,6 milioni di dollari) contro asset per un valore di 3,84 miliardi di yen. Il responsabile di questa borsa elettronica, Mark Karpeles, ha attribuito i problemi emersi fin dall'inizio di febbraio agli hacker - ovvero ad accessi illegali che hanno sottratto ingenti quantità di Bitcoin - dichiarando che alcuni esperti sono al lavoro per ricostruire l'impatto preciso di queste violazioni al fine di sporgere una denuncia penale.

Sarebbe una consolazione ben magra per centinaia di migliaia di persone che nel mondo fronteggiano perdite reali sulla valuta virtuale e non sono certo rassicurate dalla corsa generale a prendere le distanze dalle faccende di Tokyo: un fenomeno che riguarda non solo le altre borse di Bitcoin e la Bitcoin Foundation, ma anche le autorità. Ieri, ad esempio, il ministro delle Finanze giapponese Taro Aso ha risposto controvoglia alle domande sul caso enfatizzando la propria «ignoranza».

«Non sappiamo bene cosa siano i Bitcoin: abbiamo cominciato a studiarci sopra», ha detto, aggiungendo di aver sempre pensato che questa moneta virtuale non potesse durare a lungo, anche se la resa dei conti «è avvenuta prima di quanto pensassi». A questo punto, ha proseguito, la polizia e varie autorità (dalla Financial Services Authority all'agenzia per gli affari dei consumatori) si consulteranno sulla questione.

Un po' più preciso era stato il vice ministro delle Finanze Jiro Aichi, secondo il quale il governo giapponese potrà considerare una regolamentazione della moneta non riconosciuta, il che comunque implicherà una cooperazione internazionale. In Giappone il problema è che, non essendoci alcuna normativa in proposito, nessuna autorità si è assunta alcuna responsabilità in materia, con l'argomento che non fa parte della sua competenza o giurisdizione: una eventuale norma dovrà appunto anzitutto stabilire quale agenzia o ministero debba monitorare questo tipo di transazioni.

C'è chi ha deciso di risolvere la questione in modo più duro: la banca centrale del Vietnam ha annunciato il bando a Bitcoin, pur senza precisare le sanzioni per eventuali violazioni da parte delle istituzioni finanziarie alle quali si fa obbligo di non coinvolgersi in alcuna transazione con la criptovaluta. Le ragioni addotte fanno riferimento all'«alto livello di anonimato» che può trasformarsi facilmente in uno strumento per operazioni criminali (dal riciclaggio all'evasione fiscale). Hanoi ha inoltre invitato i cittadini a starne alla larga anche in quanto troppo rischiosa come forma di investimento.

Per contro, a Singapore proprio tra giovedì e venerdì sono comparsi i primi «Atm» di Bitcoin, che consentono di inserire denaro reale in cambio delle valuta virtuale: nel bar The Spiffy Dapper la Tembusu Terminals ha installato una macchinetta venditrice, mentre nel Citilink Mall della città-stato Zann Kwan, proprietario della locale borsa specializzata, ha installato un analogo dispositivo. Una novità simile è scattata ieri anche a Hong Kong: la piattaforma Anxbtc ha lanciato un punto-vendita con un operatore che riceve il denaro ed effettua il «cambio» su un laptop.

Sono sviluppi che sembrano ignorare quanto sia precipitata la situazione a Tokyo nell'arco dell'ultima settimana, anche se già dal 7 febbraio molti investitori avevano cominciato a protestare per l'improvviso stop ai prelievi su Mt.Gox. Domenica scorsa si è appresa la notizia delle dimissioni di Karpeles dal board della Bitcoin Foundation, seguita dall'oscuramento del sito web.

Martedì un primo comunicato aveva annunciato la chiusura di ogni transazione al fine di proteggere il sito e la clientela; mercoledì Karpeles aveva assicurato sul sito di essere ancora in Giappone e di lavorare sodo per trovare una soluzione ai recenti problemi, mentre su Internet circolava un documento allarmante sulla crisi dell'exchange attribuita alla scomparsa di più di 744mila Bitcoin e su un piano per cercare di risolverla. Ieri il crack ufficiale, mentre le altre borse di Bitcoin e la Fondazione cercano affannosamente di trasmettere il messaggio che Tokyo è un caso isolato, o addirittura che potrà anzi servire a rendere più sicure in futuro le transazioni.

2-SCATTA L'ALLARME SUI DERIVATI USA
Vittorio Carlini per ‘Il Sole 24 Ore'

«Cari clienti, grazie per il vostro continuo sostegno. Sfortunatamente, a causa della chiusura del nostra piattaforma contro-parte, il sito sarà sospeso in attesa di ulteriori notizie». Così, in maniera laconica, la piattaforma Btc.sx, dopo il fallimento di Mt.Gox in Giappone, ha annunciato via e-mail lo stop alle sue contrattazioni.

Operazioni e scambi, in leva, proprio sulla moneta digitale. Il famoso Bitcoin. L'evento, a ben vedere, è un effetto collaterale indesiderato ma assolutamente prevedibile. E sì, perchè la giapponese Mt.Gox era l'unica contro-parte della piattaforma Btc.sx (basata in Gran Bretagna e Singapore). La presenza di una sola controparte, per di più nel settore dei derivati, la dice lunga sul «pressapochismo» di una simile iniziativa. Tanto che molti investitori subito hanno alzato la voce: «non vogliamo perdere i nostri soldi virtuali!». «Niente paura - ha risposto Btc.sx - Nessuno dei fondi in Bitcoin andrà perso. Ogni richiesta di ritiro dei soldi sarà soddisfatta».

Già, soddisfatta. L'auspicio è che le cose si risolvano per il meglio. E, tuttavia, il rischio è che gli operatori debbano affidarsi solamente alla correttezza dei gestori di Btc.sx. Quella della compra-vendita dei Bitcoin, infatti, è un'attività dove l'incertezza della legge crea non pochi problemi. Negli Stati Uniti, ad esempio, i diversi Stati federali «litigano» su come debba essere regolata l'attività di «trasmissione» della divisa digitale. In Russia la moneta online è vietata mentre la Cina ha deciso di impedire le transazioni da parte degli istituti finanziari. Seppure, il trading continua ugualmente.

Più in particolare, tornando negli Stati Uniti, la materia è finita nel radar della Commodity Futures Trading Commissions (Cftc). La Cftc, infatti, sta valutando se e come vigilare sui derivati con sottostante il Bitcoin (o altre monete digitali). «La Commissione - afferma Salman Banaei, della società di consulenza legale Norton Rose Fulbright - potrebbe considerare la divisa online alla stregua di una commodity sottoposta alla legge statunitese». Così, «sarebbero applicabili le regole contro le manipolazioni e le frodi».

Senza dimenticare, poi, che «qualunque piattaforma attiva nel settore dovrebbe chiedere la registrazione alla Cftc». Insomma, le proposte non mancano. Anche se «la nebbia - come rileva Tom Carper, senatore democratico del Delaware - dev'essere» ancora spinta via. Nel frattempo, i difensori dell'attività in derivati sul Bitcoin sollevano la «solita» motivazione a loro sostegno: gli strumenti in leva permettono di coprirsi dagli scollamenti di prezzo della moneta. «Un solido mercato dei derivati - dice George Samman di Btc.sx - potrebbe spazzare via la volatilità che ha tormentato il Bitcoin nel 2013».

Sarà! A ben vedere, però, l'espansione dei derivati è più un «pannicello caldo» che la soluzione del problema. La quotazione del Bitcoin infatti, slegandosi volontariamente da una Banca centrale, è molto influenzata dal lato della domanda. Superfluo ricordare che, oltre ai semplici risparmiatori, su questo fronte agiscono certamente investitori speculativi. I quali scommettono sulle loro plusvalenze. Seppure virtuali.

 

 

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