C’È GROSSA CRISI E SCOPPIA LA PACE TRA MEDIASET, RAI E SKY

Orazio Carabini per "l'Espresso"

Il primo trimestre del 2013 non ha invertito la tendenza. Anzi. La pubblicità in tv si è ridotta del 19,1 per cento rispetto a un anno prima. I conti sono presto fatti: ogni cinque euro di ricavi uno in meno.

I manager dei grandi gruppi che dominano il settore vivono nel terrore. E non c'è solo il crollo della pubblicità a fare paura. Di fantasmi che popolano quello che sembrava l'immutabile regno dorato di Mediaset e Rai, con il contorno di Sky e La7, ce ne sono altri. Tutti pronti, da quell'infernale mostro che si chiama Internet, a dare l'assalto finale alla televisione del passato. C'è Netflix, che sta per sbarcare in Italia con i suoi film e le sue serie tv. Ci sono gli over the top, come Google, Apple e Amazon, che lavorano senza tregua a catturare il cliente e a offrirgli tutto quanto desidera senza altre mediazioni. C'è la pirateria che minaccia di far fare al broadcasting la stessa fine dell'industria musicale.

I colossi tv barcollano sotto i colpi della crisi e dei cambiamenti strutturali che si profilano per il settore. Nessuno sembra avere una strategia chiara per scrollarsi di dosso le difficoltà e ripartire.

L'unico dato certo è che, per molti aspetti, l'ascia di guerra è stata sotterrata: soprattutto sul fronte dei costi Mediaset, Rai e Sky si risparmieranno i colpi bassi del passato. Come ha spiegato il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, al Festival della tv e dei nuovi media di Dogliani il 3 maggio scorso, «man mano che la pubblicità scende, tutti vengono spinti a cercare condivisione per ridurre costi e sprechi».

Rupert Murdoch, che attraverso NewsCorp controlla Sky, dopo cinque anni di guerra senza esclusione di colpi, ha fatto la pace con Silvio Berlusconi, la cui famiglia possiede la maggioranza di Mediaset, accettando un suo invito ad Arcore il 4 marzo scorso (vedere l'Espresso n. 15).

Murdoch ha capito per tempo che finché Berlusconi rimane sulla scena politica il pallino, in un modo o nell'altro, lo gioca lui. E per evitare brutti scherzi come il raddoppio dell'Iva dal 10 al 20 per cento sulle pay tv nel bel mezzo della recessione (accadde nel 2008 con il ritorno del patron di Mediaset al governo) ha pensato che forse è meglio scambiarsi una bella pacca sulla spalla e far finta di niente.

Tutti segnali che seguono, o precedono, mosse importanti. Sui diritti per gli eventi sportivi, per esempio. Che Sky ha in parte accettato di condividere con Mediaset (Champions League di calcio) o con la Rai (Formula 1) in modo da attutire il forte impatto dei costi (per entrambi). «Spero che si riesca a collaborare di più con Sky, con cui stiamo già collaborando», ha affermato Gubitosi a Dogliani, «e anche con Google e Soru (proprietario di Tiscali, ndr). Lavoriamo per una convergenza».

E intanto Sky compra pubblicità sulle reti delle tv generaliste dopo che per anni Mediaset gliel'aveva rifiutata. Al punto da essere trascinata in tribunale dai manager italiani di Murdoch. Mentre la Rai valuta se rinunciare o meno a criptare alcuni suoi programmi trasmessi da Sky sulla piattaforma satellitare.

Fin qui le mosse sullo scacchiere degli accordi commerciali. Poi c'è il sottinteso: «Tutti dobbiamo tagliare i costi, non danneggiamoci». Ovvero: paghiamo il meno possibile le star, i registi, le aziende di produzione televisiva, i diritti delle partite e dei film. «Fino a qualche tempo fa una puntata di fiction televisiva costava a Rai e a Mediaset da 1,4 a 1,6 milioni di euro», racconta un operatore del settore. «Adesso stiamo scendendo verso 1,3 milioni e Mediaset ha come obiettivo di arrivare a 700 mila. D'altra parte se i ricavi pubblicitari calano a colpi del 20 per cento l'anno è inevitabile reagire con tagli di costi adeguati».

Per pagare di meno il primo presupposto è non competere. E per non competere non serve una Yalta dei palinsesti (questa star a me, questa a te) o un patto collusivo siglato in una stanza oscura dai boss del settore. Basta un'alzata di sopracciglio. E l'andamento dei bilanci. Con Mediaset che nel 2012 ha perso 287 milioni, la Rai che ne ha persi 245, Sky che, dopo aver raggiunto un record di 5 milioni, è scesa a 4,78 milioni in pochi trimestri e ha rinunciato a comunicare il risultato operativo del periodo.

Se dal lato dei costi dunque l'attenzione a non pestarsi piedi è massima, dal lato dei ricavi accade invece il contrario. A scatenare una specie di guerra nucleare è stato l'arrivo alla Sipra, la concessionaria della Rai, di Fabrizio Piscopo, proveniente da Sky e con esperienze precedenti alla Mondadori e alla Manzoni (gruppo Espresso). La Sipra ha chiuso un 2012 catastrofico, con ricavi in calo di quasi il 25 per cento.

Per rilanciarla Gubitosi e Piscopo si sono inventati di tutto: dal cambio di nome, diventerà Rai Pubblicità, al recupero di Carosello, come contenitore di spot pregiati. Ma Piscopo ha puntato soprattutto sull'arma del prezzo per guadagnare quote di mercato. Offrendo spazi a condizioni veramente stracciate e pescando molto tra i clienti Mediaset. Che a sua volta ha reagito svendendo i propri spazi. Risultato? Il fatturato non aumenta, e i margini sono in calo per tutti.

Insomma la televisione, che sembrava aver assorbito meglio l'offensiva di Internet, è avviata verso un declino simile a quello della carta stampata. I giovani la guardano sempre meno. E la pubblicità cerca altri mezzi: non a caso solo Internet fa segnare dati di raccolta pubblicitaria in crescita.

I grandi operatori sono paralizzati in uno stallo strategico. Sono concentrati sui costi perché non sanno come aumentare i ricavi. Di espansione non si parla più. Persino le frequenze che tra poco il governo metterà all'asta sembra non interessino più a nessuno. Secondo "Il Sole 24 Ore", il ministero dello Sviluppo economico si accontenterebbe di incassare anche meno di 150 milioni dalla procedura quando fino a pochi mesi fa si favoleggiava di oltre un miliardo.

Escluse Rai, Mediaset e Telecom Italia Media per rispettare gli impegni con l'Unione europea, i candidati scarseggiano. La stessa Sky, che sembrava determinata a buttarsi sul digitale terrestre, dopo l'esperienza non entusiasmante di Cielo e la pace con Mediaset sembra aver rinunciato a partecipare.

Dal fronte regolamentare non arriveranno scosse destinate a sconvolgere la vita del settore. Sky ha accettato senza batter ciglio la conferma della numerazione dei canali del digitale terrestre da parte dell'Autorità delle comunicazioni (Agcom). L'Antitrust, il 23 aprile scorso, con il parere favorevole dell'Agcom, ha stabilito che l'intesa Sky-Mediaset sui diritti della Champions League fa venir meno i presupposti delle accuse di abuso di posizione dominante rivolte a Sky dalla stessa Mediaset. Di Auditel e delle sue manipolazioni non si parla più. «L'unica novità in vista», osserva Pier Luigi Parcu, direttore dell'area media e tlc della Florence school of regulation, «è una direttiva Ue sul single market che punta a rendere un po' meno nazionali i mercati televisivi dei Paesi europei. Ma siamo ancora ai primi passi».

Quella che si profila nel settore è una stretta micidiale sugli investimenti dei grandi gruppi tv. A farne le spese sarà tutto il mondo che ruota intorno a quella che è stata un'enorme fonte di ricavi: le aziende di produzione audiovisiva, gli agenti, le star, il calcio. Con conseguente addio agli ingaggi milionari delle soubrette e ai trasferimenti di calciatori a colpi di decine di milioni.

 

 

james murdoch piersilvio berlusconiPiersilvio BerlusconiJAMES MURDOCH ANDREA ZAPPIA E LUIGI GUBITOSI SkyRaiFABRIZIO PISCOPO logo cielo

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…