donald trump xi jinping yuan dollaro

THREE, TWO, YUAN – LA CINA RISPONDE AI DAZI DI TRUMP SVALUTANDO LA SUA MONETA, CHE PER LA PRIMA VOLTA DAL 2008 RAGGIUNGE LA SOGLIA DI 7 YUAN PER DOLLARO. IL PUZZONE DI WASHINGTON SI INCAZZA SU TWITTER ACCUSANDO PECHINO DI MANIPOLARE I CAMBI (COME AVEVA FATTO CON LA BCE) – MA LA PERDITA DI VALORE DEI REMINBI PUÒ FAR MALE ANCHE ALLE IMPRESE CINESI, IN MOLTI CASI INDEBITATE IN DOLLARO…

 

 

 

Escalation Usa-Cina: Pechino risponde ai dazi con la svalutazione dello yuan

Vittorio Carlini per www.ilsole24ore.com

 

DONALD TRUMP XI JINPING

La classica escalation. Proprio quello che i mercati speravano fosse evitato. Il Presidente Donald Trump, dopo che nel G20 di Osaka si era sperato che la tregua sulla “guerra commerciale” tra Ua e Cina potesse preludere al rasserenarsi degli animi, la scorsa settimana ha fatto l’ennesima mossa. Ha promesso che, dal primo settembre 2019, verranno applicati dazi su ulteriori 300 miliardi di dollari d’import cinese. Vale a dire: quasi tutte le esportazioni dal Paese del Dragone verso l’America sono ormai sottoposte a più alte tariffe.

yuan dollaro 1

 

Il botta e risposta

L’ex presentatore di “The Apprentice”, evidentemente, sperava che la sua scelta avrebbe portato a più miti consigli i cinesi. Lunedì invece lo yuan è scivolato verso il dollaro oltre la soglia di sette. Si tratta di una mossa che, seppure non esista alcuna prova che la People’s bank of China sia direttamente intervenuta, diversi operatori attribuiscono a Pechino.

yuan dollaro

 

Sia come sia oggi, ovviamente e banalmente, ha fatto seguito l’ennesimo scambio di battute. Trump, via Twitter, ha accusato la Cina di manipolare i cambi (la stessa critica, va ricordato, che ha rivolto alla Bce) . La banca centrale del Paese del Dragone, dal canto suo, ha respinto le accuse. In una nota il governatore della People’s Bank of China, Yi Gang, ha spiegato che lo «yuan non viene usato da Pechino come uno strumento a cui ricorrere nelle dispute commerciali».

 

Gli effetti della strategia

XI JINPING DONALD TRUMP

Fin qui la dialettica tra le parti. Ma quali, a ben vedere, il significato della mossa di Pechino? La risposta è articolata. In primis la Cina ha mandato un segnale ben preciso a Washington: non ci facciamo spaventare dalle tariffe. In secondo luogo, svalutando la propria moneta, ha reso più difficili le esportazioni statunitensi verso il Paese del Dragone. Se a questo aggiunge la stretta sul fronte degli acquisti dei cereali Usa da parte di Pechino ben si capisce il perché del nervosismo di Trump. Le imprese americane possono pagare uno scotto non da poco a causa di questa strategia.

xi jinping

 

La svalutazione dello yuan, però, rischia di fare male alle stesse imprese cinesi. Non va dimenticato che molte di queste sono indebitate in dollari. Una situazione in cui, se il biglietto verde si rafforza, può dare fastidio alla struttura finanziaria delle società in oggetto. Non solo. La svalutazione di una moneta, se non viene controllata, può portare alla fuga di capitali da quel Paese. Così è anche per la Cina. Il colosso asiatico, poi, è alle prese con la rivolta in Hong Kong. Gli investitori, seppure non lo dicano apertamente, tengono ben monitorata l’evoluzione nell’ex colonia britannica. Il timore, per l’appunto, è che si inneschi un “sell off” nel Far East che potrebbe avere un effetto destabilizzante non solo in quell’area ma su tutti i mercati.

 

Dazi: yuan si svaluta su dollaro, timori guerra valute

yuan

(ANSA) - Lo yuan supera per la prima volta dal 2008 la soglia di 7 sul dollaro con il mercato che scommette sulla disponibilità della Cina di lasciar svalutare la propria moneta per rispondere alla guerra commerciale lanciata dagli Stati Uniti. La Pboc, la banca centrale cinese, ha imputato la perdita di valore del renminbi all'aspettativa dei nuovi dazi annunciati da Donald Trump, assicurando comunque che si impegnerà a combattere la speculazione di breve termine sulla valuta cinese e a stabilizzare le attese del mercato.(ANSA).

 

donald trump xi jinping mar a lagoyuan

Il cambio per lo yuan, sia onshore che offshore, è scivolato sopra quota 7 dopo la Banca centrale Cinese ha fissato il tasso di cambio di riferimento sopra 6,9 per la prima volta da dicembre, rispetto all'ultimo fixing di 6.8996. Il tasso di cambio è stato fissato a 6.9225 per dollaro, con una svalutazione superiore a quanto si attendevano gli analisti, che si aspettavano un fixing a 6.9178. Di fronte all'indebolimento che si è registrato sui mercati la Banca Centrale cinese è intervenuta con un comunicato dicendo di essere in grado di mantenere lo yuan a un valore ragionevole e a un livello bilanciato e dando la colpa della perdita di valore del renminbi alle politiche commerciali Usa. La rottura della soglia di 7, ha aggiunto, non significa che lo yuan "non tornerà indietro" in quanto le fluttuazioni sul mercato valutario sono normali. In ogni caso la Pboc si batterà per contrastare la speculazione e assicurare la stabilità del renminbi. Sul mercato la svalutazione è stata letta da più d'uno come una risposte di Pechino all'annuncio di nuovi dazi da parte degli Usa. "Con la China e gli Usa che cercano entrambe di avere una valuta più debole, c'è adesso il timore che si scateni una guerra valutaria globale", ha commentato a Bloomberg Kei Yamazaki, gestore di Sumitomo Mitsui DS Asset Management. "Senza dubbio la guerra valutaria globale è qui ed è la naturale estensione della guerra commerciale, che sta volgendo al peggio", ha commentato George Boubouras, direttore di Salter Brothers Asset Management a Melbourne.

yuan dollaro 3

 

YUANMILIONARI CINESI SOLDI YUAN yuan dollaro 2

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”