telecom italia tim amos genish pietro labriola roberto colaninno tronchetti provera luigi gubitosi

COME È STATA DISTRUTTA TELECOM ITALIA – NEL 1997 ERA LA SESTA SOCIETÀ DI TLC AL MONDO. DOPO LA PRIVATIZZAZIONE, I “CAPITANI CORAGGIOSI”, LE SCALATE E L’AUMENTO MONSTRE DEL DEBITO, ORA È SOLO DICIASSETTESIMA – GABANELLI: “CARICATA DI DEBITI NON È PIÙ RIUSCITA AD INVESTIRE NELLA MODERNIZZAZIONE DELLA RETE, INFATTI ABBIAMO ANCORA 2,8 MILIONI DI ABITAZIONI SENZA CONNESSIONE. NESSUNO STATO PERMETTE CHE VENGA COMPIUTO UN SIMILE SCEMPIO SU UN ASSET COSÌ STRATEGICO! ORA LA PARTITA SULLA FACILE PREDA È APERTA…”

COME E' STATA UCCISA TELECOM ITALIA - MILENA GABANELLI

Daniele Manca, Francesco Tortora e Milena Gabanelli per "Dataroom - Corriere della Sera"

 

milena gabanelli telecom 2

Poco più di 20 anni fa Telecom era il sesto operatore al mondo, oggi è diciassettesima. E non è colpa del mercato. Allora come ha fatto a ridursi così? Partiamo dall'inizio. Telecom nasce nel 1994 dalla fusione di Iritel, Telespazio, Italcable e SIRM, società del gruppo pubblico STET.

 

Nel 1995 lancia Tim, il primo operatore italiano dedicato alla telefonia mobile. Nel 1997 è la quarta impresa in Italia per fatturato, non ha debiti netti, conta una trentina di partecipazioni internazionali, un patrimonio immobiliare pari a oltre 10 miliardi di euro e 120.345 dipendenti. Nello stesso anno il governo Prodi, per mettere a posto i conti ed entrare nell'euro, decide di privatizzare il meglio che c'è.

roberto colaninno

 

Le azioni Telecom sono collocate sul mercato e dalla vendita del 35,26% del capitale si ricavano 26 mila miliardi di lire (circa 14 miliardi di euro). Un gruppo di banche e imprenditori acquista appena il 6,6% delle azioni, e la famiglia Agnelli con solo lo 0,6%, assume il comando. L'azionariato oltre ad essere poco solido è anche litigioso.

 

I capitani coraggiosi offshore

Nel 1999 una cordata di imprenditori guidata da Roberto Colaninno, numero uno di Olivetti, lancia un'offerta pubblica d'acquisto tramite la controllata Tecnost. L'operazione da 102 mila miliardi di lire (circa 50 miliardi di euro) sulla totalità delle azioni di Telecom Italia è quasi tutta a debito. Tecnost è una società quotata controllata da Olivetti, ad indebitarsi è quindi la Olivetti.

telecom nell anno delle privatizzazioni 1997

 

Olivetti a sua volta è controllata dalla finanziaria lussemburghese Bell, in cui Roberto Colaninno e il manager bresciano Emilio Gnutti hanno fatto confluire un gruppo di 150 investitori (per la maggior parte schermati da società offshore). Sopra la Bell c'è la Fingruppo di Colaninno e la Hopa di Emilio Gnutti, che in sostanza hanno il controllo di Telecom con appena l'1,5% del capitale.

 

gilberto benetton marco tronchetti provera tim

Ad appoggiare la scalata è il governo guidato allora da Massimo D'Alema, che boccia le azioni di difesa studiate da Telecom Italia (la fusione con Deutsche Telekom), non esercita il diritto di veto e impedisce a Mario Draghi, direttore generale del Tesoro, di valutare opzioni più favorevoli per gli azionisti, e battezza come «capitani coraggiosi» gli imprenditori della cordata.

 

I capitani lasciano il debito

amos genish

 L'intenzione di Colaninno è quella di fondere Tecnost e Telecom, ma il codice civile italiano vieta la fusione fra la società veicolo che si indebita al fine di acquisire la società madre e ripagare con la cassa generata da quest' ultima. Tenta allora di trasferire il controllo di Tim a Tecnost, un'operazione che avrebbe penalizzato gli azionisti di minoranza e definita dal Financial Times come «una rapina in pieno giorno».

 

MASSIMO DALEMA - FONDAZIONE DEGLI STUDI PROGRESSISTI

Nel 2001 Colaninno e soci vendono tutto il pacchetto portandosi a casa una plusvalenza di 1,5 miliardi di euro, e tutti gli immobili di pregio. A Telecom e alle società collegate restano i 43 miliardi di debito da cui la compagnia non riuscirà più a sollevarsi.

 

Arriva Tronchetti Provera

A comprare è Pirelli, di cui è amministratore delegato Marco Tronchetti Provera, attraverso la Olimpia, una società che sta sotto Pirelli con dentro la famiglia Benetton e altri investitori italiani. Olimpia è controllata dal Gruppo Partecipazioni Industriali (GPI), con Tronchetti Provera primo azionista.

 

Anche lui compra quasi tutto a debito: con 7,2 miliardi di euro Olimpia si prende il 27% delle azioni Olivetti e il comando di Telecom. I soldi sborsati da Provera di tasca sua equivalgono a meno dell'1% del capitale Telecom. Nel 2003 cambia il diritto societario: il meccanismo del leveraged buyout diventa legittimo e la fusione tra Olivetti e Telecom stavolta si può fare.

 

gli ultimi anni di telecom tim

Questo rende possibile il trasferimento dei ricchi flussi di cassa lungo la catena di controllo, ma scarica definitivamente i debiti sull'azienda di telecomunicazioni. La stagione Pirelli è quella che dura di più. Il Presidente Tronchetti Provera punta allo sviluppo di Internet attraverso la banda larga, tratta una partnership con la News Corp di Murdoch per la produzione di contenuti, avvia accordi con la spagnola Telefonica per allargare il mercato.

 

Per abbattere il debito vende gli immobili che restano, partecipazioni internazionali per 16,4 miliardi di euro e svaluta attività per circa 11,8 miliardi di euro. I dividendi sono molto generosi con i soci. In 6 anni il fatturato resta costante attorno ai 30 miliardi l'anno, l'utile netto a 3 miliardi. Poi acquista Tim, un'operazione rischiosa che fa riesplodere il debito della società: sono di 46,9 miliardi a metà 2005.

 

telecom italia olivetti

Nel 2006, secondo governo Prodi, Rovati, consigliere di Palazzo Chigi, fa circolare un piano di scorporo della rete. La politica torna ad occuparsi di Telecom. La situazione della società è impiombata, il titolo in caduta libera.

 

Da Telco a Telefonica a Vivendi

Nel 2007 Tronchetti vende per 4,1 miliardi di euro tutte le quote di Olimpia a Telco, un consorzio formato da Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali, che scelgono come partner industriale l'operatore spagnolo Telefonica.

 

FRANCO BERNABE

Telco, con il 22,8% delle azioni ora controlla Telecom, su cui pesano 35,7 miliardi di debito. La collaborazione con Telefonica è travagliata, e a giugno 2014 gli investitori istituzionali gli cedono le loro quote. Telefonica si trova dunque a comandare Telecom con solo il 15% delle azioni. Ma dura poco.

 

Più interessato agli asset sudamericani di Telecom e per nulla al rilancio della compagnia , nel 2015 Telefonica scambia parte delle sue quote con la francese Vivendi di Vincent Bolloré. Tra il 2005 e il 2016, tutti i processi di montaggio, smontaggio e rimontaggio della società arricchiscono schiere di consulenti: il costo per l'azienda è di 4,75 miliardi.

logo telecom italia tim

 

Cambiano 4 ad in sei anni e spunta il fondo Usa

Nei sei anni che seguono Vivendi diventa il primo azionista con il 23,75%, e si alternano 4 amministratori delegati: Marco Patuano, Flavio Cattaneo, Amos Genish, Luigi Gubitosi. In buonuscite Telecom Italia sborsa 33 milioni, di cui 25 a Flavio Cattaneo per un solo anno di incarico. Rientra lo Stato attraverso Cassa Depositi e Prestiti, che diventa il secondo azionista con il 9,81%.

milena gabanelli telecom 1

 

CDP sarebbe in conflitto d'interesse perché ha anche partecipazioni in Open Fiber, concorrente di Telecom sullo sviluppo della rete in fibra. A fine 2020 il fatturato scende a 15,8 miliardi, gli utili si attestano a 1,3 miliardi di euro, il debito resta fermo a 23,3 miliardi. A ottobre 2021 il titolo precipita al minimo storico: 0,28 euro. A fine novembre il fondo americano KKR invia una lettera a Tim nella quale manifesta l'interesse all'acquisto per 0,5 euro ad azione.

flavio cattaneo foto di bacco

 

La lettera viene diffusa, e in Borsa il titolo schizza, ma l'offerta nella quale si indica in modo giuridicamente vincolante un prezzo, e da dove arrivano le risorse per l'acquisto, non è stata depositata alla Consob, come prevede il testo unico della finanza. Però l'Autorità di vigilanza non mette KKR alle corde. È legittimo pensare che qualcuno abbia fatto insider trading.

pirelli vende telecom a telco 2007 13

 

Una preda facile

Lanciata come «la madre di tutte le privatizzazioni», la società di telefonia non solo non è mai riuscita ad affrancarsi dal potere politico che spesso ne ha determinato le sorti senza tutelare l'interesse pubblico, ma sulla sua strada ha trovato imprenditori rapaci che l'hanno uccisa per fare soldi.

 

le buonuscite degli amministratori delegati di telecom

Caricata di debiti non è più riuscita ad investire nella modernizzazione della rete, infatti abbiamo ancora 2,8 milioni di abitazioni senza connessione. Nessuno Stato permette che venga compiuto un simile scempio su un asset così strategico! Ora la partita sulla facile preda è aperta. Venerdì scorso è stato nominato il nuovo amministratore delegato Pietro Labriola, un manager che conosce molto bene l'azienda. Resta da vedere quali saranno le intenzioni dei soci e della politica.

luigi gubitosi henry kravis i principali operatori internazionali delle telecomunicazioni nel 2020milena gabanelli telecom 4milena gabanelli telecom 1LA FOTOGRAFIA DI TIM - AZIONISTI E SITUAZIONE FINANZIARIAkkr la scalata di colaninno a telecomil piano industriale di pirelli per telecom marco tronchetti provera telecom bettino craxi massimo dalemaemilio gnutti

Ultimi Dagoreport

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...