BUONANOTTE ITALIA - CROLLO DEI CONSUMI: -3,3% NEL 2012 - TROPPE TASSE DA PAGARE E LE FAMIGLIE NON COMPRANO PIU’ NIENTE: E’ RECESSIONE - SI SALVANO LE COMUNICAZIONI, A PICCO MOBILITÀ (-12,4%) E ABBIGLIAMENTO E CALZATURE (-4,3%) - SECONDO LA CONFESERCENTI NEGLI ULTIMI DUE ANNI HANNO CHIUSO 100.000 NEGOZI - SOLO PER LA BENZINA, 6 MILIARDI IN PIU’ DI SALASSO - PRESSIONE FISCALE AL 55%...

M.D.B. per il Messaggero

Mancano poco più di due mesi e mezzo alla fine dell'anno. Ma è già è tempo di bilanci in Confcommercio. E c'è un numero che agita e preoccupa i dirigenti: quello relativo all'andamento dei consumi. Nel dossier elaborato dall'ufficio studi in queste ore si prevede un calo, in termini reali, del 3,3% a consuntivo del 2012. Un tracollo di tali proporzioni da spingere gli economisti che collaborano con il presidente Carlo Sangalli a parlare di «uno dei dati peggiori dal dopoguerra ad oggi».

Più o meno la stessa analisi e lo stesso crudo riferimento evocato dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, alcune settimane fa. Negli ultimi mesi, soprattutto quelli estivi, osservano dalla confederazione, c'è stato un tentativo delle famiglie di reagire alla recessione mantenendo inalterati i livelli di spesa. Tuttavia, dopo una piccola fiammata estiva (con una modesta crescita dello 0,2%), la situazione si è nuovamente deteriorata in queste settimane. Le analisi di Confcommercio (che parla di un calo tendenziale del Pil 2,2%) entrano nel dettaglio ed evitano di addossare tutta la colpa ai salari bassi e alla ridotta produttività.

L'elemento che, invece, viene pesantemente chiamato sul banco degli imputati sono le tasse. «Dobbiamo considerare - è questo il ragionamento che viene sviluppato - che il 40% dei consumi complessivi di una famiglia se ne va in spese fisse, ovvero affitti, utenze domestiche, assicurazioni, carburanti. Spese sulle quali il fisco ha usato la mano pesante come dimostra il caso dei carburanti il cui aumento dei prezzi, tra il 2010 ed il 2012, è dovuto per il 56% all'aumento del prelievo fiscale». Confcommercio calcola che, solo per rifornirsi al distributore, gli italiani quest'anno sono stati sottoposti a un salasso aggiuntivo di 6 miliardi di euro.

«Tutte risorse sottratte ai consumi» si fa notare con rammarico. E così, stando agli ultimi dati disponibili, in questi mesi solo beni e servizi per le comunicazioni (+3,1%) si sono salvati, mentre in tutti gli altri comparti di spesa si sono registrate perdite piuttosto pesanti. Le riduzioni più significative della domanda hanno interessato la mobilità (-12,4%) e l'abbigliamento e le calzature (-4,3%).

Un problema gravissimo per l'Italia considerato che la domanda per consumi e investimenti vale l'80% del Pil. La situazione, da questo punto di vista, è caratterizzata da una depressione così grave da trascinare verso il basso l'inflazione, il cui tasso di crescita tendenziale, pari al 2,6% ad ottobre, sarebbe in calo dello 0,6% rispetto al 3,2% di settembre.

«Questo andamento - si legge nelle carte previsionali di Confcommercio - potrebbe riportare l'inflazione, dopo 13 mesi, al di sotto del 3%». Tuttavia, in questo quadro, la discesa dei prezzi non viene giudicata un indice di ma un ulteriore sintomo di recessione. Infatti cade la domanda interna per investimenti e consumi e l'andamento dell'export non riesce a riequilibrare la barca che affonda. La confederazione dei commercianti calcola che, nel biennio 2011-2012, hanno chiuso i battenti circa 100mila negozi.

E le previsioni segnalano un'ulteriore caduta del Pil (0,3% ) e dei consumi (0,8% ) anche nel 2013. «Questo significa un ulteriore rinvio temporale della ripresa della nostra economia». Viene poi calcolato che la pressione tributaria a carico dei contribuenti in regola è del 55%. «Un vero e proprio record mondiale - viene fatto osservare - che zavorra drasticamente investimenti e consumi e in queste condizioni fare impresa è una missione quasi impossibile». Per questa ragione, l'ipotesi di un ulteriore aumento delle aliquote Iva viene vista come fumo negli occhi. Secondo un'indagine interna, infatti, un nuovo ritocco dell'imposta (dopo quello già disposto nel 2011 ) si tradurrebbe, tra il 2011 ed il 2014, in una minore spesa per consumi di circa 38 miliardi di euro.

 

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