IL DILEMMA DEI CITTADINI VADO LIGURE: È MEGLIO MORIRE DI MISERIA O DI INQUINAMENTO?

Marco Neirotti per "La Stampa"

Si fa lontano il canto di Georges Brassens: morire per delle idee vale la pena? I giovani sono ora ostaggio di un'alternativa meno poetica: morire di miseria o d'ambiente? Nella vicenda della centrale a carbone Tirreno Power, chiusa da un'ordinanza della magistratura, vedono svettare la questione lavoro, che scava un fossato tra generazioni, la loro in ansia per le ricadute sociali e quella dei padri con lo sguardo che spazia fino alla salute.

Sono riflessioni, certezze rapide come frecce, scagliate via Facebook, cui risponde una pacata ostinazione a valutare tutto questo camposanto di cifre: 400 morti, 2700 ricoveri per patologie cardiache e respiratorie, dicono le carte, più di 600 lavoratori - famiglie - in cammino verso il vuoto. Un confronto sullo stesso principio vacillante: sopravvivere.

Non si può chiamare virtuale il dibattito in rete, aperto dalla libreria Ubik di Savona, da sempre impegnata sui rischi per l'ambiente legati alla centrale. La Ubik cita i livelli di inquinamento «nascosti alla cittadinanza per sei anni: cromo, arsenico, mercurio...». E attacca: «Vi dicevano che tutto va bene, che si può ampliare con nuovi gruppi di maggior potenza che brucerebbero ancora più di 5 mila tonnellate di carbone al giorno in mezzo a case e scuole. E questo nell'indifferenza complice della politica savonese».

Rispondono i Giovani Democratici di Savona, i quali (in un post poi cancellato) attaccano la Procura. Andrea Spartaco Di Tullio, figlio del vicesindaco Pd di Savona Livio Di Tullio, dipinge il futuro sequestro «di tutti i furgoni, i camion, le moto, i motorini, le auto di tutti gli abitanti della provincia» e cita «fantomatiche ricerche» compiute in quel senso da chissà chi (nel 2007 uno studio fu commissionato proprio da Tirreno Power). Sferza: «Mi raccomando da domani in bicicletta al lavoro e candele la sera». E tutto questo perché «un procuratore va in pensione sentendosi fiero di aver fatto un ottimo lavoro».

I giovani - ritenuti sempre alfieri dell'ambiente - reagiscono in un clima nel quale sono massacrati - nel concreto e attraverso i media - dall'incombere di una disoccupazione in crescita che riguarda prima di tutti loro. E si misurano qui con la freddezza di cifre, non con nomi, volti, storie, pianti e racconti, come sono state le Spoon River di tragedie quali il Vajont, l'Eternit, la Thyssen. Giulia Benzi, segretaria dei Gd savonesi, definisce «avventato» il provvedimento, riprende le accuse alla Procura e a «una rete di associazioni radical-chic e finto ambientaliste».

Mattia Zunino, segreteria nazionale Gd, figlio dell'ex deputato Massimo Zunino, conta i 3.653 morti e i 264.716 feriti sulle strade italiane, più le «leucemie da benzene», e immagina un magistrato che sequestrerà «furgoni, auto, camion, corriere...».

La risposta è raccolta nelle parole di Livio Di Tullio al figlio Andrea Spartaco, via Facebook: «Vorrei che tu riflettessi: chi sbaglia non è il procuratore che sostiene una tesi d'accusa. Non solo fa il suo dovere ma tutela la Comunità da comportamenti criminosi che danneggiano tutti. I magistrati non sono buoni quando perseguono i mafiosi e cattivi quando con le loro azioni determinano conseguenze che non ci piacciono». Ricorda che la magistratura deve «preoccuparsi del più debole rispetto al più forte» e che «il diritto di fare impresa e il diritto di lavorare cessano quando si lede la salute e la vita delle persone».

I commenti piovono, parlando di «crociate» e «ambientalismo integralista». Qualche dipendente della centrale reagisce all'iniziativa d'una insegnante di proporre un tema sull'argomento agli allievi dell'Istituto Nautico. E il tema diventa un «caso», con il sindacalista Maurizio Perozzi che lo considera «gettare benzina sul fuoco» e il preside Alessandro Gozzi (quello che fece togliere le porte dei gabinetti per evitare che ci andassero a fumare) che assicura che non uscirà all'esterno una riga degli scritti.

Non meritano ascolto le riflessioni dei più giovani su un dilemma feroce come «salute o lavoro»? Sarebbe un'occasione per far di più: stimolare ragazzi e un po' di adulti - con i debiti distinguo fra l'oggi e l'Ottocento inglese - a leggere «Tempi difficili» di Charles Dickens, ambientato in una spettrale città chiamata significativamente Coketown, in epoca di pieno sviluppo industriale, tra muri di mattoni e volti anneriti dalla cenere.

 

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