C’È UN DON VERZÉ A ROMA? - LA CONGREGAZIONE DELL’IMMACOLATA, PROPRIETARIA DELL’IDI, FAMOSO OSPEDALE DERMATOLOGICO ROMANO, HA UN BUCO MOSTRUOSO IN BILANCIO, TRA I 300 E I 400 MLN € (SOLO A UNICREDIT OLTRE 150 MLN) - I FRATI RECLAMANO SOLDI DALLA REGIONE DI SDE-RENATA POLVERINI, CHE NEGA PARTE DEI RIMBORSI PERCHÉ CHIESTI PER PRESTAZIONI “INAPPROPRIATE” - BERTONE VOLEVA INSERIRE L’IDI NEL NUOVO POLO CATTOLICO, MA ORA DAL VATICANO FANNO SAPERE CHE “NON POSSIAMO SALVARE ANCHE LORO”…

Emiliano Fittipaldi per "espresso.repubblica.it", in edicola domani

Fratel Franco Decaminada l'8 dicembre di ogni anno va in chiesa per rinnovare i voti fatti alla Madonna. E' la legge della Congregazione a cui appartiene, quella dei "Figli dell'Immacolata Concezione": bisogna promettere castità, obbedienza, povertà. Da sempre Decaminada per i suoi fratelli è un padre spirituale, una guida sicura che indica la retta via. Anche nell'intricata giungla degli affari: la Congregazione gli ha affidato tutto il suo impero, e soprattutto i suoi beni più preziosi. Ossia l'ospedale San Carlo e l'Idi, l'Istituto dermopatico dell'Immacolata, uno dei più importanti centri dermatologici d'Europa.

"Castità, obbedienza, povertà", recita il regolamento. Che Decaminada segue a modo suo: tre anni fa s'è comprato una villa di 18 stanze in Toscana circondata da 23 mila metri quadrati di terreno e prati. Peccato veniale, si potrebbe dire. Il fatto è che mentre i lavori di ristrutturazione della magione sono quasi finiti, la Congregazione è in crisi e registra un buco mostruoso in bilancio, stimato da autorevoli fonti vaticane tra i 300 e i 400 milioni di euro.

Un'esposizione che pesa soprattutto sulle banche, Unicredit in particolare, e che fa tremare i polsi ai migliaia di dipendenti degli ospedali. "Decaminada", sussurrano preoccupati nei corridoi, "rischia di diventare il don Verzè del Lazio, e l'Idi il nostro San Raffaele. Sarebbe un peccato mortale".

Tra affari e politici. Andiamo con ordine, perché la storia della Congregazione è emblematica di come, troppo spesso, gli enti religiosi del Vaticano navighino con poca accortezza nei mari della finanza, finendo per assomigliare a spericolati hedge fund più che a enti no profit. Padre Franco - che tutti chiamano "presidente", anche se il capo dell'istituto religioso è il suo amico Ruggero Valentini - è l'indiscusso comandante che ha manovrato la nave negli ultimi lustri. Consigliere delegato dell'Idi, è grazie a lui che i suoi fratelli fanno il salto di qualità.

Nati nel 1857, anno in cui don Luigi Maria Monti fonda la Congregazione, celebri all'inizio del Novecento per le pomate per la cura della tigna dei contadini, oggi i frati controllano oltre ai due grandi ospedali romani "Villa Paola" in provincia di Viterbo, una dozzina tra case di cura e orfanotrofi sparsi in tutta Italia, una società farmaceutica che fattura 20 milioni di euro l'anno, il centro oncologico di Nerviano, vicino Milano, e l'Elea, un'azienda fondata dall'Olivetti specializzata in formazione.

I "concezionisti" sono dunque una realtà importante. Soprattutto nella capitale, dove sono riveriti e omaggiati. In primis dalla politica. Ogni mese i frati-laici invitano ai loro eventi (che definiscono la "Cernobbio in riva al Tevere") deputati e big di partito che discettano di fede, politica, televisione, crisi internazionale e Vangelo: dai ministri Franco Frattini e Giulio Tremonti a Marco Tronchetti Provera fino all'attrice Vittoria Puccini (che ha letto agli astanti le poesie di Prévert), alla corte di Decaminada ci vanno tutti. La settimana scorsa hanno presentato i loro ultimi libri due pezzi da novanta come monsignor Rino Fisichella e il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Ad applaudirli 300 persone, in mezzo senatori democrat, qualche lobbista e l'immancabile Mario Baccini dell'Udc, che dei fratelli è grande amico.

Se gli illustri ospiti probabilmente non hanno idea che la barca rischia di affondare, il Vaticano sa che la situazione finanziaria è compromessa. Qualche giorno fa (dopo le proteste dei medici dell'Idi che da mesi vengono pagati in ritardo) il cardinal Tarcisio Bertone ha spedito un visitatore apostolico per spulciare i conti e cercare di capire cos'è accaduto in questi ultimi anni. Non sarà facile, ma già ora i più pessimisti temono addirittura che il fallimento sia vicino. Sarà un caso, ma a "l'Espresso" risulta che i due enti della Congregazione che controllano le varie attività sono stati cancellati poche settimane fa dalla Camera di commercio di Roma.

Partiamo dal complesso Idi-San Carlo (quest'ultimo è stato acquistato nel 1998, ora i due ospedali sono un'unica entità), che viaggia con un debito verso Unicredit superiore ai 100 milioni di euro. Struttura d'eccellenza nel campo dermatologico, con un pronto soccorso e centinaia di posti letto, nei due nosocomi lavorano 1.500 tra medici, impiegati e infermieri, che offrono centinaia di migliaia di prestazioni l'anno, tra ricoveri e visite specialistiche. Tutto sembrava filare liscio, ma da quest'estate i dipendenti hanno cominciato a essere pagati in ritardo.

La Congregazione ha puntato l'indice sulla Regione, spiegando che i rimborsi dovuti non arrivano nei tempi previsti. Renata Polverini, però, non sembra avere molte responsabilità: in realtà i frati cedono da molti anni i crediti sanitari ad alcune società specializzate (in questo caso Ubi Factor) che anticipano all'Idi i soldi teoricamente dovuti dalla Regione Lazio. Anche parte dell'esposizione di Unicredit peserebbe sul cosiddetto "factoring".

Non è tutto, però. Il problema è che la Regione rischia di non pagarli mai, i circa 70 milioni chiesti dall'Idi-San Carlo: secondo i dirigenti della Polverini (che non hanno voluto dare spiegazioni a "l'Espresso") e quelli dell'Asl Roma E, infatti, sarebbero tantissimi i drg (cioè i ricoveri ospedalieri) e le attività dell'Idi da considerare "inappropriate". "C'è un grosso contenzioso in corso.

Non è un caso che Idi-San Carlo", spiega una fonte dentro l'Aris, l'Associazione religiosa istituti socio-sanitari, "non abbia firmato nel 2010 l'accordo tra la Polverini e l'Aris sul budget dei nostri nosocomi. Ogni anno dalla Regione rimandano indietro fatture per prestazioni inappropriate per circa 15-20 milioni di euro. Una volta s'è arrivati addirittura a 26". Denaro che, nel bilancio della Congregazione, è da considerarsi come mancato ricavo.

Ma anche gli investimenti, secondo i nemici di Decaminada, sono stati eccessivi. "Padre Franco ha affidato dal 2006 al 2009 la gestione economica a tal Giovanni Rusciano, un imprenditore campano venuto dal nulla ma con rapporti d'affari con gente del casertano. Rusciano prima s'è inventato l'Idi Card, poi ha comprato apparecchiature milionarie, sale operatorie, forniture di ogni tipo, tac".

Per la prima volta, insomma, un laico ha gestito tutti i flussi economici, sia finanziari sia di cassa. "Noi pensavamo fosse un economo, ma in realtà non aveva un ruolo ufficiale. Firme sui documenti non ce ne sono, ma nei protocolli della presidenza più importanti spunta spesso, sarà una coincidenza, la sigla g.r.".

Di sicuro la guerra con la Regione non ha ancora un vincitore. La partita, però, non si mette benissimo per i devoti della Vergine Maria: se il 2 febbraio Luca Casertano e Fabrizio Ferri della Direzione Sanitaria hanno mandato una durissima nota a Decaminada diffidandolo ad attivare "nuove funzioni assistenziali in assenza delle autorizzazioni previste" (il frate aveva infatti annunciato nuove attività di terapia intensiva da fare al San Carlo), qualche settimana fa l'Asl Roma E - dopo alcuni controlli - ha mandato alla procura regionale della Corte dei conti un fascicolo nel quale si segnalano alcune operazioni anomale: gli uomini della Congregazione avrebbero chiesto più volte il rimborso delle stesse prestazioni mediche.

Al centro dei controlli c'è una società, la Servizi Sviluppo e Ricerca srl, che diceva di aver comprato parte dei crediti dell'Idi-San Carlo. Fino al marzo 2011 la srl era amministrata proprio da Decaminada. Oggi la società ha cambiato nome, oggetto sociale e sede (da Roma a Catania). In molti si domandano perché. Nessuno, invece, sta indagando per capire che cos'è successo davvero ai call center dell'Idi, del San Carlo e di Villa Paola: per qualche mese per prenotare le visite le telefonate erano state affidate a un servizio esterno, e molti pazienti si lamentarono per i prezzi iperbolici: qualcuno, sul "Messaggero" disse di aver pagato la chiamata 28 euro. Più del costo della visita.

FORMIGONI SALVACI TU.

Un'altra operazione disastrosa è quella che ha portato all'acquisto del Nerviano Medical Sciences. Appoggiati da Gianni Letta e Pio Laghi (cardinale che fu discusso nunzio apostolico in Argentina durante la dittatura dei militari) i frati della Congregazione nel 2004 hanno battuto la concorrenza di colossi navigati, come il gruppo Dompè, e si sono aggiudicati dalla Pfizer una delle più grandi aziende europee specializzata in farmaci anticancro. Oltre 700 tra tecnici e ricercatori (ma oggi sono scesi a 540, compresi i precari) hanno festeggiato, sperando che i preti potessero rilanciarli. Sbagliavano di grosso.

I presupposti all'inizio c'erano tutti: la Pfizer non solo aveva ceduto il centro senza chiedere un euro, ma aveva lasciato in dote un tesoretto di ben 250 milioni. Somma a cui Decaminada e la sua squadra hanno presto aggiunto 138 milioni di euro, ottenuti da Unicredit come crediti diretti e indiretti. Un pacco di soldi, a cui vanno sommati i ricavi, oltre 15 milioni l'anno, più una ricapitalizzazione (nel maggio 2009) di 60 milioni di euro. Facendo i conti della serva, dal 2004 al 2009 (anno in cui è stata dichiarata l'insolvenza) il management ha in pratica bruciato poco meno di mezzo miliardo. Un'enormità. "Vorremmo capire", dice uno dei ricercatori, "come diavolo hanno fatto a spendere tutti quei soldi in così poco tempo".

Nonostante i roboanti annunci di nuove molecole sensazionali, di brevetti importanti venduti nemmeno l'ombra. Così tra sprechi e investimenti sballati oggi i frati devono a Unicredit oltre 150 milioni. A qualcuno, però, non è andata malissimo. Giampiero Duglio, per anni ad della struttura e fedelissimo di Decaminada, due anni fa ha lasciato la scena con una ricca buonuscita. Gli scienziati contattati da "l'Espresso" ricordano che aveva un curriculum assai originale per amministare un polo oncologico d'eccellenza: prima di arrivare a Nerviano era stato all'Atala, l'azienda di biciclette, e alla Oxygen di Padova, dove si occupava di monopattini elettrici.

"Molti dirigenti hanno avuto uscite milionarie", chiosa uno dei membri del cda. Lo prevedevano i "patti di stabilità" voluti dai frati. Gli stipendi? "Le dico solo che Donata Bertazzi, vicina a Decaminada e ancora dirigente in azienda, prende 200 mila euro l'anno, mentre don Franco nel 2009 guadagnava 300 mila euro lordi l'anno, senza contare benefit come macchina e autista".

A dicembre 2010 per salvare il salvabile è intervenuta la Regione Lombardia. Lo scorso Natale i preti hanno annunciato urbi et orbi che avrebbero donato il Nerviano Medical Sciences a una nuova Fondazione di proprietà del Pirellone. Un pacco regalo con dentro tutto: centro, terreni, ricercatori e debiti pregressi.

Finora, però, il passaggio di consegne non c'è ancora stato, e molti si domandano chi alla fine della fiera si accollerà il rosso record. Di sicuro l'accordo è stato preceduto da una strana operazione contabile: i concezionisti per rafforzare la situazione patrimoniale del centro hanno effettuato un aumento di capitale di 49,3 milioni di euro. E cosa hanno messo a garanzia i religiosi? Proprio quei crediti sanitari che la Congregazione sostiene di vantare nei confronti della Regione Lazio.

TRA FALLIMENTI, PRETESTI E VILLE DI LUSSO.

Se nei documenti della Camera di commercio spuntano a carico dell'ente religioso le prime ipoteche giudiziali per importi milionari, anche altre attività controllate dai finanzieri in tonaca non se la passano bene. L'Elea, società di formazione e consulenza, è stata comprata dai concezionisti nel 2006. Protagonisti della fusione Decaminada, il confratello Aurelio Mozzetta e Domenico Temperini, l'ad di Elea. Già consigliere regionale di An, Temperini è il manager che oggi organizza per la Congregazione gli eventi con banchieri e politici.

Il patto di ferro però non gli ha portato fortuna: è sì diventato direttore generale dell'Idi, ma negli ultimi due anni i ricavi dell'Elea sono scesi del 27 per cento. A febbraio del 2010 la società è persino fallita, ma per mancanza di passivo il curatore fallimentare ha permesso la continuità aziendale. Va meglio a un'altra importante controllata, l'Idi farmaceutici di Pomezia (che ha appena siglato un accordo con il colosso americano Merck, benedetto dal ministro per lo Sviluppo Paolo Romani in persona), che vanta un fatturato di 20 milioni l'anno. Gli investimenti dei concezionisti spaziano anche fuori dai confini nazionali: l'Università Nostra Signora del Buon Consiglio a Tirana, in Albania, è cosa loro. Come la fondazione e l'ospedale annesso, per cui hanno ottenuto 30 miliardi di lire nei primi anni Novanta. Il nosocomio, però, non è ancora pronto: al suo posto c'è un poliambulatorio.

Ora la Congregazione è preoccupata soprattutto delle vicende italiane. Tarcisio Bertone, che qualche mese fa pensava di inserire l'Idi in un polo sanitario cattolico, sembra aver cambiato idea. "Non possiamo salvare anche loro", chiosano dal Vaticano già impegnato a evitare il default del San Raffaele. Padre Decaminada, anche autore di un libro sulla "Maturità affettiva e psicosessuale nella scelta vocazionale", fa spallucce. Gli affari, almeno a lui, vanno bene. Tanto che una società di cui è unico azionista, la Punto Immobiliare, ha acquistato una villa, chiamata "Ombrellino", a Magliano in Toscana. Oltre 380 metri quadri, valore superiore al milione di euro. "La zona è prestigiosa", dice un contadino, "ci fanno pure il Morellino di Scansano".

 

idi istituto dermopatico immacolataIDI ISTITUTO DERMOPATICO DELL IMMACOLATA IDI ISTITUTO DERMOPATICO DELL IMMACOLATA FRANCO DECAMINADA E RUGGERO VALENTINI FOTO VITA TRENTINA PADRE FRANCO DECAMINADA FOTO PALAZZI PER L ESPRESSO FRANCO FRATTINI GIULIO TREMONTI CON BODYGUARD PIERLUIGI BERSANI BERTONE Roberto Formigoni PAOLO ROMANI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?