dariush radpour

LA SITUAZIONE È GRAVE MA NON È SERIA - ISIS, IL PANICO-EBOLA, LE BORSE IN ALTALENA, L’EUROPA FERMA E LA CINA CHE RALLENTA. MA LA STRIZZA DEGLI AMERICANI È SBAGLIATA: LA NUOVA CRISI GLOBALE NON È DIETRO L’ANGOLO

Francesco Guerrera per “la Stampa

 

KOBANE  ISIS KOBANE ISIS

La scorsa settimana ero tra le pietre immortali del Grand Canyon, in vacanza, quando Ebola è passato da virus sconosciuto a pericolo vero per milioni di americani. Ammiravo le cime della Monument Valley rese famose dai film western di John Wayne quando i mercati sono colati a picco, spaventati dal pericolo di una recessione globale. E passavo tra paesi sperduti dai nomi poetici – Tuba City, Springdale, Hurricane, l’«america» con la A minuscola – mentre l’America, quella grande, si barcamenava tra una guerra calda in Medio Oriente e una fredda con la Russia di Putin.

 

La televisione e le e-mail raccontavano la storia di un Paese confuso e impaurito. Di un Presidente in difficoltà, incapace di calmare una nazione che non ha bisogno di uno «zar» anti-Ebola o di discorsi retorici, ma di una pacca sulla spalla dopo il bombardamento giornaliero di news cupe e preoccupanti.

 

sostenitori di isis festeggiano in siriasostenitori di isis festeggiano in siria

Se c’è un filo conduttore tra una malattia devastante (ma rara), il malessere dei mercati e la follia omicida degli estremisti cacciatori di teste è la vulnerabilità di un’America che si trova sola, o poco accompagnata, a far fronte ai problemi del mondo.

 

Un Paese che ha fatto dell’ottimismo la sua ragione d’essere sta dubitando di se stesso. «Non ci sono più certezze, nessuno è sicuro», mi ha scritto un investitore che di solito non ama l’iperbole.

 

Stava cercando di spiegare la caduta a picco delle Borse mondiali, ma la frase descrive bene la condizione attuale degli Stati Uniti: quando gli americani alzano gli occhi dalla loro vita quotidiana, hanno paura. E’ un paradosso raro nella storia recente degli Usa: la situazione interna è abbastanza positiva, ma i pericoli esterni sono minacciosi e in aumento.

 

ebola virusebola virus

Vista dal Grand Canyon, con le sue orde di turisti benestanti e tutto sommato ben educati (guidano piano, non danno da mangiare agli animali e buttano le bottiglie nell’apposito contenitore), l’America sembra in buona salute.

 

L’economia sta ricominciando a tirare, la disoccupazione è al livello più basso dai tempi della crisi finanziaria e il mercato dei consumi è in netta ripresa. Basta pensare a quanti americani viaggiano, mangiano al ristorante e attendono con ansia il lancio del nuovo gadget per i pagamenti firmato Apple per avere un’altra scusa per spendere di più.

 

Gli Usa stanno molto meglio dell’Europa, dove la recessione si tocca con mano, e persino della Cina, che sta rallentando più del previsto e deve affrontare l’attacco al suo regime da parte dei ragazzi di Hong Kong.

 

BORSABORSA

Ma nel mondo globalizzato di oggi, il benessere interno non basta. Se sei l’ultima superpotenza rimasta, a te spettano tutti i grattacapi del pianeta. L’Europa guarda verso l’Atlantico per difendersi da Putin e far ripartire un’economia in panne. L’Africa malata chiede agli Usa di creare un sistema sanitario quasi dal nulla perché i tremila morti di Ebola non diventino trecentomila o tre milioni.

 

E anche se Pechino non lo dice, la Cina ha bisogno degli Usa sia per stimolare la propria economia – tocca agli americani comprare i prodotti cinesi – sia per evitare una nuova Tiananmen tra i grattacieli di Hong Kong. Di fronte a sfide così grandi, gli Usa di oggi, ridimensionati sul piano internazionale e ancora non al top nel campo economico, fanno fatica. Non è un caso che i mercati – un barometro cinico, spassionato e crudele – siano scombussolati da tutte queste incertezze.

 

Attenzione però a dipingere il quadro con colori troppo scuri. Le trappole ci sono ma, come spesso accade, i mercati e le Cassandre esagerano. Prendiamo, per esempio, il citatissimo rischio di deflazione, l’Ebola dell’economia, che tutto d’un tratto è diventato un habitué sui titoli dei giornali e le bocche degli «esperti».

 

Barack Obama e Xi JinpingBarack Obama e Xi Jinping

E’ vero che l’Europa rallenta, la Cina cresce meno e gli Usa non sono una locomotiva velocissima. Ma ciò non vuol dire che siamo sull’orlo di deflazione e recessione – un calo dei prezzi accompagnato da crescita economica negativa. Con l’America in ripresa, spinta da consumatori più in salute e prezzo stracciato del petrolio, l’euro basso che aiuterà economie legate alle esportazioni come la Germania e l’Italia, e la Cina che, se va male, crescerà del 7% annuo, siamo molto lontani da una nuova crisi.

 

Chi si butta sui beni rifugio, come le obbligazioni del governo e l’oro, deve ricordarsi che riceverà un reddito bassissimo in cambio: è una polizza salata per assicurarsi contro un’eventualità remota. Lo stesso vale per l’Ebola. E’ una tragedia in Africa, ma per ora non ci sono le condizioni per trasformarla in pandemia. A differenza di virus più resistenti quale la Sars, l’Ebola si trasmette con difficoltà. I portatori sono contagiosi solo quando hanno la febbre alta e anche in quel caso, ci vuole contatto prolungato e diretto tra persone.

 

OBAMA PUTIN OBAMA PUTIN

Gli errori del governo americano con i primi pazienti faranno sì che i controlli saranno molto più stretti sia negli aeroporti che negli ospedali. La Cnn non lo dice, ma quest’ anno (e l’anno prossimo e quello dopo ancora) molti più americani moriranno in incidenti di macchina che di Ebola.

 

i primi in fila per il nuovo iphone 6 all apple store di new yorki primi in fila per il nuovo iphone 6 all apple store di new york

Rimangono le guerre, calde e fredde. Non scompariranno, ma i conflitti sono ormai parte della vita moderna. Prima di quest’ultimo momento di panico, i mercati, le economie e la gente comune erano riusciti a proseguire per le loro strade nonostante le molte conflagrazioni in Siria, Iraq e Ucraina. Forse risciacquare i panni nell’America più semplice ed ottimista del «motherhood and apple pie» – della mamma e della torta di mele – mi ha reso meno attento ai problemi del mondo. Forse il ritorno a New York mi farà capire la gravità della situazione.

 

Ma da qui, mentre sorvolo le grandi praterie che dividono questo Paese immenso, l’America sembra debole, fragile e vulnerabile, ma non sconfitta.

occupy central proteste a hong kong 6occupy central proteste a hong kong 6

 

Francesco Guerrera è il caporedattore finanziario del Wall Street Journal a New York.

 

 

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