berlusconi bollore

IL GIOCO DELL'OPA - UNA STRATEGIA PUBBLICA, QUELLA DI FARE UN GRANDE ACCORDO CON MEDIASET. E UN'ALTRA PRIVATA, NASCOSTA E INCONFESSABILE: SCALARE IL BISCIONE. QUESTO IL QUADRO DESCRITTO DALLA PROCURA DI MILANO NEL CHIUDERE LE INDAGINI SULL'OPERAZIONE CHE HA PORTATO VIVENDI ALLE SOGLIE DEL 30% DI MEDIASET - DA MEDIOBANCA FANNO SAPERE CHE LO SCENARIO DELL'OPA TOTALITARIA NON ERA NEL MANDATO RICEVUTO, MA…

 

Francesco Spini per ''la Stampa''

 

BOLLORE BERLUSCONI

Una strategia pubblica, quella di fare un grande accordo con Mediaset. E un'altra privata, nascosta e inconfessabile: scalare il Biscione. Ecco, in buona sostanza, il quadro descritto dalla Procura di Milano nel chiudere le indagini avviate all'indomani della salita di Vivendi fino al 28,8% del capitale di Mediaset. Per Vincent Bolloré, patron del gruppo francese dei media, e l'ad Arnaud de Puyfontaine vengono confermate le accuse di manipolazione del mercato e ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, in questo caso la Consob.

 

Da Parigi si difendono, sostengono di aver acquisito la partecipazione nel Biscione «nel rispetto di tutte le leggi applicabili». Assicurano «di aver sempre comunicato in modo trasparente al mercato e alle autorità di regolamentazione». Insomma, i loro manager sono «estranei» e pronti a chiarire tutto. Ma è chiaro che questo apre un nuovo capitolo, mentre si avvicina l'appuntamento di gennaio, quando un giudice civile dovrà stabilire se Mediaset ha diritto o no al risarcimento richiesto da 3 miliardi. La storia è proprio quella al centro delle indagini - coordinate dalla pm Silvia Bonardi ed eseguite dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza -, che riscrivono la storia.

BOLLORE' DE PUYFONTAINE

 

Si sostiene come l'8 aprile del 2016, quando i francesi raggiungono l'accordo con Mediaset per acquisire la pay tv Premium e avviare una collaborazione industriale, Vivendi abbia già in mente un piano diverso. «Già a partire dal 18 febbraio», si legge nell'avviso di chiusura indagini, e dunque due mesi prima, senza dir nulla a Consob, il consiglio di sorveglianza di Vivendi «aveva autorizzato il management di Vivendi a procedere all'acquisto di azioni Mediaset fino al raggiungimento» per lo meno «del 24,99% del capitale azionario».

 

Una scalata che a dicembre sarebbe effettivamente arrivata fino al 28,8% del capitale e al 29,9% dei diritti di voto. Questo in contrasto con gli accordi di aprile e che prevedevano di arrivare massimo al 3,5%. Fatto sta che dopo aprile comincia quella che i magistrati descrivono come «una sistematica attività di pretestuosa contestazione in ordine all'oggetto delle pattuizioni contrattuali», ovvero Mediaset Premium. È il dietrofront di Bolloré. La battaglia si scatena attorno ai risultati previsionali. Deloitte Italia li certifica, un'altra Deloitte, francese, dichiara che «il business plan appare irrealizzabile».

 

GIUSEPPE CONTE ARNAUD DE PUYFONTAINE

Un'escalation che culmina il 19 ottobre del 2016. Ma che per gli inquirenti è fatta di «informazioni artefatte», strumentali «a far credere al mercato che il mancato adempimento» fosse colpa di Mediaset e della sua pay tv laddove «la mancata esecuzione delle obbligazioni contrattuali era stata programmata ab origine da Vivendi». Che, di comunicazione in comunicazione, tra il 26 luglio e il 28 novembre 2016 avrebbe fatto deprezzare il titolo Mediaset del 30,8%. Non per nulla fin da subito, tra i filoni di indagine, sarebbero rientrate anche le modalità con cui è stata eseguita la scalata, con la ricerca - tramite rogatorie - di operazioni estero su estero, di misteriosi investitori terzi, con operazioni che avrebbero approfittato prima del crollo e poi del repentino rimbalzo dell'azione.

 

I magistrati scomodano anche una storia di dieci anni fa e accusano Bolloré di aver posto in essere un'altra condotta manipolativa sul titolo Premafin (holding dei Ligresti), propedeutica al buon esito dell'acquisizione da parte di Groupama di una partecipazione rilevante nella finanziaria. Per tornare ai giorni nostri, e all'affare Mediaset, la Procura accusa i vertici di Vivendi di aver taciuto a Consob di essersi avvalsi «senza soluzione di continuità» di Mediobanca (di cui sono azionisti sia Bolloré sia la Fininvest dei Berlusconi) «per la preparazione, lo studio e l'analisi di diversi scenari operativi relativi all'acquisizione di consistenti pacchetti azionari di Mediaset».

Marco Rosini (Direttore Commerciale Mediaset Premium) - Franco Ricci (AD Mediaset Premium) – Pier Silvio Berlusconi (Vice Presidente e Amministratore Delegato Mediaset) - Yves Confalonieri (Direttore

 

A Parigi, nella sede di Vivendi, gli inquirenti avrebbero rinvenuto un documento in cui, tra gli scenari, verrebbe esaminato anche quello di un'Opa totalitaria su Mediaset. Tuttavia fonti vicino a Piazzetta Cuccia fanno notare di non aver mai ricevuto alcun mandato da Vivendi e come tutte le loro proposte di soluzione alla vicenda - peraltro di natura amichevole - siano state rigettate. Alla fine è fallita anche quella che avrebbe portato alla creazione di una società (Newco) formata da Vivendi, Tim (dove i francesi sono azionisti col 23,9%) e Mediaset per risolvere la questione di Premium. Di cui oggi si torna a parlare

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…