TRAME GENERALI - I GIOCHI DI POTERE FRA MENEGUZZO, LEGATO A PERISSINOTTO, E NAGEL, CHE INVECE L’HA CACCIATO - L’EX AD Di GENERALI NE È CERTO: “ALL'ORIGINE DEL MIO LICENZIAMENTO C’È L'ERRATA CONVINZIONE CHE IO ABBIA IN QUALCHE MODO AIUTATO LA PALLADIO” - L’ASSE MENEGUZZO-PERISSINOTTO DURA DA ANNI: INSIEME FECERO DIMETTERE GERONZI - E ADESSO MENEGUZZO IN COPPIA CON ARPE FA PAURA ANCHE A NAGEL...

Luca Piana per "l'Espresso"

La richiesta di Roberto Meneguzzo di entrare nel patto di sindacato di Mediobanca, respinta al mittente. La decisione di Giovanni Perissinotto di affidare proprio a Meneguzzo ingenti risorse da investire nel private equity, accolta con malumore da Francesco Gaetano Caltagirone. Il dubbio espresso da Alberto Nagel, in un confronto con lo stesso Perissinotto, su chi abbia fornito a Meneguzzo le risorse per scalare la Fondiaria-Sai.

Sono questi alcuni dei retroscena della duplice battaglia che si è combattuta in questi mesi attorno alle due principali compagnie assicurative d'Italia. Il primo scontro è quello che va avanti ormai da tempo per la conquista della Fondiaria, ambita preda dopo la crisi di Salvatore Ligresti; il secondo, invece, si è concluso a inizio giugno, quando un gruppo di soci forti delle Generali ha sfiduciato il numero uno del colosso triestino, Giovanni Perissinotto.

C'è un aspetto da cui partire per raccontare come le due battaglie si sono intrecciate: il groviglio inestricabile fra i diversi protagonisti. Mediobanca, la banca d'affari guidata da Alberto Nagel, è il maggior creditore della Fondiaria e si batte per favorirne il passaggio all'Unipol. Mediobanca, però, è anche il maggiore azionista delle Generali, dov'è presente con una quota più piccola pure la Palladio di Roberto Meneguzzo, che a sua volta vuole conquistare la Fondiaria. Non basta? Ecco un ulteriore giro di giostra: Nagel è stato tra i fautori della sfiducia a Perissinotto, che al contrario ha sempre avuto in Meneguzzo uno dei sostenitori più fedeli.

È proprio in questo triangolo delle Bermuda che l'ex amministratore delegato delle Generali è convinto di essere affogato. È evidente, ha scritto, che all'origine del mio licenziamento ci sia "l'errata convinzione che io abbia in qualche modo aiutato" la Palladio, o che non abbia impedito "la sua partecipazione in operazioni che minacciano interessi vitali di Mediobanca".

Per capire che cosa c'è all'origine di rapporti tanto tesi, bisogna tornare al 2007, quando Mediobanca pilota all'interno dell'azionariato Generali tre big come il costruttore Caltagirone, l'industriale Leonardo Del Vecchio e il gruppo De Agostini. Già allora Nagel e i nuovi soci vorrebbero più poteri d'indirizzo e di controllo in consiglio, dove l'anziano presidente Antoine Bernheim comanda da leader indiscusso assieme a due amministratori delegati, Perissinotto e Sergio Balbinot. Bernheim, però, punta i piedi e respinge la richiesta.

Tre anni più tardi le tensioni si ripropongono, con nuovi attori. Il primo è il banchiere Cesare Geronzi, che mira alla presidenza. Il secondo è Meneguzzo, un imprenditore vicentino intorno al quale si muove un gruppo di industriali veneti. Più fonti raccontano a "l'Espresso" che è lo stesso Perissinotto a favorire l'incontro fra Meneguzzo e il banchiere Fabrizio Palenzona, nume tutelare della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Palladio e Crt mettono insieme le loro quote in Generali e ottengono un posto in consiglio. E Perissinotto, si dice, si porta in casa un alleato per rispondere alle mire di Geronzi, neo-presidente senza poteri operativi.

Per il manager triestino dovrebbe essere un trionfo. Non è così. I soci hanno iniziato a criticare alcune mosse, soprattutto l'ordine delle priorità nelle politiche di sviluppo. Uno dei punti discussi è un mega investimento, 500 milioni, che le Generali hanno effettuato in un fondo che dovrebbe puntare su società non quotate (private equity). Si chiama Valiance, ha l'ambizione di raccogliere da investitori terzi un ulteriore miliardo ed è promosso direttamente dalle Generali con due partner ai quali viene affidata la gestione, Michele Positano e Gianandrea Rizzieri.

I risultati, però, latitano e Perissinotto deve rispondere alle lamentele dei soci, che vorrebbero affidarsi a partner di levatura internazionale. Qualcuno si spinge a criticare il curriculum di Rizzieri, che con Perissinotto condividerebbe buoni rapporti con il governatore veneto Giancarlo Galan, ha una solida carriera allo studio legale Clifford Chance ma non ha mai gestito risorse di tale portata.

Il 7 settembre 2010 Perissinotto annuncia di aver risolto la grana. L'eredità di Valiance è raccolta da una società d'investimenti più piccola, chiamata Vei Capital, creata assieme al socio Meneguzzo, alla quale Generali affida 160 milioni. La tempistica indispettisce Caltagirone: il 9 settembre è convocata a Roma la prima riunione dell'appena costituito Comitato Investimenti, cui avrebbe gradito che l'operazione Vei fosse sottoposta.

Dopo quell'episodio, Meneguzzo torna protagonista delle manovre interne nella primavera 2011, quando i soci accorrono in difesa di Perissinotto, costringendo Geronzi alle dimissioni. In quell'occasione l'imprenditore veneto, che viene descritto come una persona attenta a misurare ogni mossa, stando a diverse testimonianze suggerisce di interpellare l'allora ministro Giulio Tremonti, che in passato si era speso per portare il banchiere romano a Trieste. Non vengono riferiti veti.

Una volta estromesso Geronzi, poi, Meneguzzo contatta alcuni azionisti di Mediobanca, fra i quali Palenzona, vice-presidente di Unicredit, manifestando il desiderio di acquisire una quota ed entrare nel patto di sindacato della banca d'affari. Dice di voler rafforzare gli argini contro il socio francese Vincent Bollorè ma ad alcuni sembra un tentativo di stringere i ranghi attorno a Perissinotto, ormai criticato anche apertamente da Del Vecchio. In ogni caso il piano, per il quale si spende anche Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e grande azionista di Intesa Sanpaolo, non va in porto.

Si arriva, infine, alla battaglia su Fondiaria, nella quale Meneguzzo trova come alleata la società d'investimenti Sator. Passano mesi di attacchi e contrattacchi, con Unipol che arriva quasi a far quadrare il cerchio ma con molti fronti che restano aperti, anche sul piano giudiziario. L'11 giugno, a Perissinotto defenestrato, l'agenzia Ansa rivela che le Generali hanno respinto una richiesta di Palladio di coinvolgere Vei Capital nella scalata alla compagnia di Ligresti.

Palladio smentisce di aver sottoposto di recente alla società partecipata dalle Generali una simile richiesta, non di averlo fatto in passato, prima che i termini dell'offerta su Fondiaria fossero definiti. La questione, però, è delicata. Meneguzzo ha sempre detto di poter finanziare l'intera operazione con fondi propri, che però nel bilancio 2011 la Palladio non sembra avere in cassa.

Come conferma la lettera di Perissinotto, la questione dei rapporti con Meneguzzo era però già stata affrontata da tempo. "Non so se l'abbia armato tu", si racconta abbia detto Nagel all'ad di Generali, "ma se anche lo volessi fermare adesso, non ci riusciresti: ha troppa voglia di arrivare".

 

ALBERTO NAGEL ROBERTO MENEGUZZO PERISSINOTTO MATTEO ARPE DEL VECCHIO FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE Cesare Geronzi

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...