SQUINZI: “UN PO’ DI AMARO IN BOCCA PER COME SONO ANDATE LE OPERAZIONI DI VOTO MI È RIMASTO: SE 105 SAGGI AVEVANO FATTO IL MIO NOME ALLA VIGILIA, PERCHÉ LE PREFERENZE SONO STATE SOLO 93? CHI HA CONVINTO GLI ALTRI DELEGATI A CAMBIARE IDEA, QUANDO E PERCHÉ?” - IL GRANDE IMPUTATO PER LA VITTORIA “IN VOLATA” E NON PER DISTACCO HA UN NOME: VINCENZO BOCCIA - A SQUINZI SONO MANCATI I VOTI DELLA PICCOLA INDUSTRIA, CHE PURE BOCCIA AVEVA GARANTITO….

1- DAGOREPORT
Nel day after di Confindustria, mentre il neo presidente Squinzi volava a Londra per un impegno di Mapei, il grande imputato per la vittoria "in volata" e non per distacco di Squinzi su Alberto Bombassei assumeva un nome e un cognome: Vincenzo Boccia.
Secondo gli osservatori interni ed esterni, infatti, a Squinzi sono mancati i voti della Piccola industria di Confindustria, che pure Boccia aveva garantito.

All'ultimo momento invece, sotto la pressione del veneto Bastianello, vicepresidente della Piccola e già rivale di Boccia due anni fa per la presidenza, Boccia ha lasciato ai suoi libertà di voto, facendo così mancare un blocco importante a Squinzi. E' così che si è arrivati alla vittoria "in volata" e non per distacco.

2- "PANORAMA": INTERVISTA ESCLUSIVA A GIORGIO SQUINZI, NEOPRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA
«Di certo un po' di amaro in bocca per come sono andate le operazioni di voto mi è rimasto: se 105 saggi avevano fatto il mio nome alla vigilia, perché le preferenze sono state solo 93? Chi ha convinto gli altri delegati a cambiare idea, quando e perché? Qualche risposta me la sono data, ma non importa. Da oggi in poi dobbiamo lavorare tutti per obiettivi condivisi».

È quanto dichiarato da Giorgio Squinzi, neopresidente della Confindustria, nella sua prima intervista concessa dopo la nomina di ieri, pubblicata su www.panorama.it.
Nel corso del colloquio, avvenuto sul volo di rientro da Londra dove l'imprenditore si
era recato subito dopo il verdetto dei saggi per festeggiare il 75esimo compleanno della
sua Mapei, il nuovo numero uno di viale dell'Astronomia ha affrontato anche altri temi
caldi del dibattito in corso, definendo in pratica quella che sarà la sua agenda futura. Tra
i punti sui quali intervenire, secondo Squinzi, ci sono crescita, credito alle imprese, fisco
e patto di stabilità.

Non tutte le mosse, ricorda, dipenderanno «solo da me o solo dalla Confindustria: vanno
trovate intese ed elaborate strategie comuni di ampio respiro, sia al nostro interno sia di
concerto con le istituzioni. E vanno trovate in fretta, perché la situazione è critica».

Sul nuovo assetto ipotizzato per l'articolo 18, invece, Squinzi si dice «favorevole, compresa la sua applicazione anche ai lavoratori pubblici. Ma dubito che sarà un mio problema. Il prossimo 23 maggio la linea del governo su questo aspetto sarà ormai definita, credo».

Mentre sulla possibilità di far rientare la Fiat ha ribadito: «Non so che margini di ricomposizione ci siano, comunque farò ogni tentativo, come ho già dichiarato ieri subito dopo l'elezione»

3- IL CAMPIONE DEL MADE IN ITALY CON LA PASSIONE DEL CICLISMO
Guido Palmieri per Il Sole 24 Ore

Campione del made in Italy, uomo di sport, appassionato di musica. L'intuizione di fare della Mapei (azienda fondata dal padre Rodolfo nel 1937 alla periferia di Milano) una "multinazionale tascabile" scatta nel lontano 1976 quando vince l'appalto, insieme con l'azienda piemontese Mondo, per realizzare la pista olimpica di Montreal.

Giorgio Squinzi (laureato in chimica industriale all'università di Milano) segue la parte vendite, inizia a girare il mondo e impara le lingue: «Dopo aver visitato il cantiere - ammette - ci siamo accorti delle potenzialità del mercato canadese». Trascorsi due anni viene avviata la prima fabbrica in Canada che si affianca allo stabilimento.

Da allora è iniziato un processo di globalizzazione che ha portato Mapei ad aprire 60 impianti produttivi distribuiti in 29 Paesi nei 5 continenti: internazionalizzazione imposta anche dal tipo di materiali(adesivi per l'edilizia) che non si possono trasportare oltre 500 chilometri e, quindi, per essere competitivi sui prezzi bisogna produrre sul posto. Il modello di business nel mondo si consolida nel corso del tempo; l'azienda "sonda" il mercato iniziando a esportare, poi costituisce una società commerciale e, quando ci sono certezze, viene avviata una produzione.

Il risultato è una multinazionale con un fatturato di oltre 2,1 miliardi nel 2011 (erano 150 poco più di 20 anni fa) che occupa 7.500 dipendenti, il 12% dei quali impegnati nella ricerca. «Uno dei risultati più significativi nella mia carriera imprenditoriale - sottolinea Squinzi - è quello di non aver mai effettuato licenziamenti e non aver mai chiesto la cassa integrazione».

La Mapei ha conservato tutte le caratteristiche di azienda famigliare in un contesto organizzativo "globale": oltre a Giorgio Squinzi (amministatore unico) lavorano in azienda la moglie Adriana, i figli Marco e Veronica e il marito Emanuele, affiancati da una prima linea composta da 150 manager a livello mondiale; tutti reclutati sul posto, perchè non c'è mai stata l'abitudine del dirigente "esportato".

L'imprenditore milanese (non vuole essere definito industriale bergamasco: «Sono nato nel '43 a Cisano Bergamasco, soltanto perché la mia famiglia era sfollata ma in quel paese sono rimasto sei mesi») indica i tre pilastri la filosofia aziendale: forte specializzazione (soltanto chimica per l'edilizia, dove Mapei è tra i leader nel mondo con Basf e Sika e adesivi per la chimica dove è numero uno) internazionalizzazione e ricerca.

Questa formula ha consentito a Mapei di partecipare a costruzioni e restauri tra i più prestigiosi al mondo: attualmente è impegnata nella costruzione degli impianti olimpici a Londra, ai lavori per il canale di Panama e nella realizzazione della diga più alta al mondo in Etiopia. Squinzi, imprenditore giramondo, è uomo pragmatico che ha fatto della ricerca dell'efficienza una prerogativa anche nelle piccole cose: ha sempre il carnet di 10 biglietti in tasca e per andare in centro a Milano preferisce la metropolitana perchè è inutile perdere tempo in auto.

Le vacanze? Per tanti anni a Milano Marittima dove ha conosciuto la moglie Adriana, giovane laureata in scienze politiche (tesi sul mercato degli adesivi in Italia) con relatore il professor Romano Prodi. All'attività imprenditoriale Squinzi ha unito la partecipazione alla vita associativa in Confindustria. Presidente di Federchimica dal 1997 al 2003 e dal 2005 al 2011 ha firmato (con tutte le sigle sindacali) sei rinnovi contrattuali senza un'ora di sciopero; gli accordi hanno introdotto flessibilità diventati apripista per altri settori industriali.

Da ottobre 2010 è presidente del Cefic (l'associazione dell'industria chimica europea) che riunisce tutti i big (da Basf a Bayer a Dow Chemical) Ma Giorgio Squinzi (primo presidente nella storia centenaria di Confindustria proveniente dal settore chimico e primo milanese a oltre 50 anni dall'ultimo meneghino, Alighiero De Micheli) è anche un grande appassionato di ciclismo e musica.

Passioni ereditate dal padre Rodolfo. «Per la prima volta mi ha portato alla Scala il 1° gennaio del 1956 a vedere la Norma interpretata da Maria Callas e Mario Del Monaco», ricorda Squinzi. Non perde uno spettacolo alla Scala e, spesso, vola al Metropolitan di New York, a Salisburgo o a Vienna per seguire gli appuntamenti con la musica lirica anche se non disdegna la sinfonica.

Ma le preferenze vanno al grande repertorio di Verdi, Puccini, Donizetti e Bellini. Musica ma soprattutto ciclismo. Il padre Rodolfo, corridore professionista dal '28 al '32, («Conservo una sua foto che lo ritrae in fuga durante la classica Coppa Bernocchi») trasmette al giovane Giorgio la passione per la bicicletta. Per quasi 10 anni (dal 1993 al 2002) la Mapei è al top del ciclismo professionistico, colleziona 654 vittorie, vestono e vincono con la casacca multicolore le più importanti classiche tanti big di allora.

In squadra correvano i migliori ciclisti del Belgio (per esempio Johan Museeuw) e Squinzi in quel paese godeva di una popolarità straordinaria: «Tanti mi fermavano per strada e mi chiedevano l'autografo». E poi grandi corridori italiani degli anni '90: Franco Ballerini, Paolo Bettini, Andrea Tafi rimasti legati al Dottore anche dopo la chiusura dell'attività sportiva.

Un ritiro dettato dal fatto che «il ciclismo non era più pulito ed era oramai troppo distante dalla nostra filosofia». Poi qualche tentazione di ricominciare bloccata, però, dalla scomparsa prima di Ballerini e poi di Aldo Sassi, anima del Centro Mapei Sport di Castellanza che continua a preparare campioni come Cadel Evans. Più recente l'impegno nel calcio: il patron della Mapei (grande tifoso del Milan) da alcuni anni è proprietario e sponsor del Sassuolo calcio che sta lottando per salire dalla serie B alla A.

Una passione ciclistica che si rinnova ogni domenica mattina. Immancabile l'appuntamento di Giorgio Squinzi (corre esclusivamente su bici Colnago) con un gruppo di amici sulle strade della Brianza, della Val Taleggio o sulle rampe del Ghisallo o del passo San Marco.

Scorribande in amicizia che si chiudono con un brindisi; prosecco di Valdobbiadene, salame e formaggio delle valli bergamasche dell'amico Giacomo e la torta del pasticcere Sergio, fedelissimi delle uscite della domenica. Sempre in pista (Squinzi ora percorre in media 2mila chilometri all'anno ma nei periodi migliori è arrivato a 4mila) per preparare l'appuntamento clou della stagione: il Mapei day di metà luglio con la scalata da Bormio allo Stelvio. Da fare in ogni condizione di tempo: come nel 2008 quando Giorgio Squinzi, arrivato in vetta, al termine di una scalata sotto la neve e la grandine ha ancora la forza di incoraggiare gli amici stanchi e infreddoliti: «Anche noi siamo entrati nella leggenda». ©

 

 

 

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