trump huawei

HUAWEI GO AWAY - L'AMBASCIATA AMERICANA IN PRESSING SU ROMA PER ESCLUDERE LA COMPAGNIA CINESE DAL 5G - PER CHI VOLESSE CAPIRE QUALCOSA DEL CASO, C'È IL GENERALE RAPETTO, ESPERTO DI CYBERSICUREZZA, SU 'STARTMAG': LA GUERRA DEI DAZI DI TRUMP C'ENTRA POCO, LA QUESTIONE NASCE 7 ANNI FA, IN PIENO GOVERNO OBAMA. E PURE SILVIO, CHE ORA MENA SULLA CINA, NEL 2011 FIRMAVA ACCORDI FELICE E CONTENTO…

 

1. HUAWEI IL BANDO SUL 5G NEL MIRINO DELLA UE GLI STATI UNITI VANNO IN PRESSING SU ROMA

Nicola Lillo per “la Stampa

 

Meng Wanzhou

La pressione internazionale su Huawei sta salendo e l' Unione europea sta valutando se prendere provvedimenti e bandire di fatto la società cinese dallo sviluppo delle reti di nuova generazione 5G. La richiesta di una decisione da parte della Commissione Ue è arrivata già da due Paesi, l' Austria e il Lussemburgo, mentre altri stanno valutando azioni autonome, come la Germania, dove la cancelliera Angela Merkel ha detto che la Cina «non può accedere a tutti i dati raccolti dai prodotti cinesi». I timori sullo spionaggio per conto del governo di Pechino nascono soprattutto a Washington e si stanno ora diffondendo nelle capitali europee.

 

L' amministrazione di Donald Trump punta il dito da tempo contro due società delle telecomunicazioni cinesi, Huawei e Zte, e il pressing sugli alleati sta aumentando. Gli Usa hanno già vietato l' uso di apparecchiature cinesi per la realizzazione delle reti wireless 5G.

HUAWEI P20 PRO

 

È uno scontro dal valore geopolitico e commerciale che interessa i due colossi Stati Uniti e Cina, mentre l' Europa si trova in una posizione particolarmente scomoda, dato che Huawei è un pilastro del 5G nel vecchio Continente.

 

La settimana scorsa il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha detto da Budapest che «se l' infrastruttura Huawei è installata dove abbiamo importanti sistemi americani, rende più difficile per noi cooperare insieme». Il presidente di Huawei Xu Zhijun si difende e parla di una «campagna geopolitica, tattica e coordinata contro di noi».

 

In ballo c' è anche il mercato italiano. In autunno, come ha rivelato il Wall Street Journal , l' ambasciata americana a Roma ha convocato l' amministratore delegato di un grande operatore mobile italiano, invitando il gruppo a non usare più le apparecchiature di rete a marchio Huawei. Richiesta che sarebbe stata respinta, dato che non ci sarebbero sostituti sul mercato. Resta il mistero su chi tra i big italiani abbia incontrato i diplomatici Usa.

MIKE POMPEO

Sul fronte politico intanto il governo Lega-Cinque Stelle spiega di non aver intenzione di adottare iniziative, possibili solo qualora dovessero emergere delle criticità, come specifica il ministero dello Sviluppo guidato da Luigi Di Maio.

 

«I cinesi di Huawei sono i numeri uno in questo settore - spiega una fonte - Sono efficienti ed economici». Oggi la società in Italia - dove detiene un terzo del mercato degli smartphone - è coinvolta nello sviluppo della rete a Milano e a Bari-Matera. Mentre in un' altra area di test, L' Aquila-Prato, opera Zte, l' altro colosso contro cui si battono gli Stati Uniti. Per sviluppare la rete 5G e dare vita all' internet delle cose (gli oggetti reali connessi ad internet, come le macchine automatiche, le ambulanze o i robot) servono apparecchi tecnologicamente avanzati da installare sul territorio, proprio quelli che gli americani vorrebbero vietare.

 

zte

Il punto, spiega un' altra fonte del mondo delle telecomunicazioni, è «quanto possa essere sostenibile per questo mercato il divieto ad operare per un operatore che è avanzatissimo da un punto di vista tecnologico e che lavora con tutte le società di Tlc». Il bando, viene spiegato, rischia di lasciarci indietro. Tuttavia per gli Stati Uniti i rischi di spionaggio sono troppo alti.

 

 

 

2. COME NASCE IL CASO HUAWEI NEGLI USA E IN ITALIA?

Umberto Rapetto per www.startmag.it

 

L’approfondimento di Umberto Rapetto, Generale (ris.) della Guardia di Finanza, già comandante del GAT Nucleo Speciale Frodi Telematiche

 

zte huawei

Se “Tutti dicono I love you” è un classico delle opere di Woody Allen, il “tutti parlano di Huawei” è invece la sintesi di una spinosa questione di estrema attualità.

Mentre tutti si affannano a saperne di più e a spiegare anche quello che non sanno, nessuno si premura di tirare l’immaginario freno di emergenza dell’ipotetico convoglio su cui corre il Sistema Paese e fermare pensieri e opinioni prima che imbocchino binari sbagliati.

 

Chi ancora crede che si tratti di una novità e di qualcosa ancora da approfondire, spiace segnalarlo, si sbaglia.

La vicenda se si trattasse di un bimbo sarebbe già pronta a frequentare la seconda elementare perché la sua nascita risale a sette anni orsono e non a qualche mese fa.

 

UMBERTO RAPETTO

Per fornire un piccolo contributo a soddisfazione della legittima curiosità collettiva, senza scomodare i pastori (ora impegnati nella sacrosanta rivendicazione dei loro diritti) e i Re Magi, vale la pena raccontare il Natale di questa mastodontica problematica per consentire – a chi deve decidere – di “ricominciare da tre” (Troisi docet) e non da zero come avrebbe voluto l’indimenticabile Gino Bartali.

 

La genesi è riconducibile all’8 ottobre 2012, data di pubblicazione – da parte della U.S. House of Representatives – del corposo “Investigative Report on the U.S. National Security Issues Posed by Chinese Telecommunications Companies Huawei and ZTE”. E’ il documento con cui si evidenzia formalmente il rischio di vulnerabilità e vengono ipotizzati seri rischi di spionaggio. La lettura del testo può fornire un interessante stimolo a chi – trovato il bandolo della matassa – vuole leggere la fonte primigenia del contendere.

In realtà il Report della Camera dei Rappresentanti USA arriva dopo una lunga gestazione e a guardare con attenzione ci si accorge che la “gravidanza” è stata particolarmente lunga.

 

Obama telefona

Già nel 2005, infatti, il celeberrimo think tank americano RAND Corporation aveva individuato una serie di criticità connesse a Huawei nell’ambito della ricerca “A New Direction for China’s Defense Industry” (qui un piccolo estratto agevola i più curiosi). L’esame molto interessante di RAND mette in chiaro i primi passi di Huawei, narrando quando l’odierno colosso cinese si impegnava nel “reverse engineering” (ovvero “smontava” per carpirne i segreti industriali) della Lucent, per poi scippare gli specialisti di CISCO operanti in India e così a seguire.

 

Non è da trascurare che nell’autunno del 2010 la stampa internazionale aveva mostrato interesse a Huawei e ai rapporti di quell’azienda con le realtà governative di Pechino ed in particolare con l’intelligence cinese. Questi rumors non lasciano indifferente il Congresso americano che il 12 ottobre dello stesso anno decide di incaricare la Federal Communition Commission (FCC) di occuparsi del problema delle reti di telecomunicazioni Usa.

Proprio la lettera indirizzata a Julius Genachowsky, presidente della FCC, è una pietra miliare nel panorama della tutela degli interessi e della sicurezza nazionali.

donald trump barack obama

 

Il Congresso aveva chiesto in quella occasione all’Ente regolatore se si era attivato con il Dipartimento per la Homeland Security e con la comunità dell’Intelligence per affrontare in maniera sistematica i possibili rischi, se aveva monitorato la compravendita dei prodotti Huawei e ZTE, se disponeva di una mappa dettagliata di operatori telefonici e specifiche infrastrutture in cui i dispositivi potenzialmente pericolosi fossero stati installati e così via.

Il successivo step informatico risale al gennaio 2011.

 

Lo U.S.-China Economic and Security Review Commission Staff, basandosi su informazioni acquisite fino al novembre precedente) in quel periodo aveva presentato un rapporto dal titolo “THE NATIONAL SECURITY IMPLICATIONS OF INVESTMENTS AND PRODUCTS FROM THE PEOPLE’S REPUBLIC OF CHINA IN THE TELECOMMUNICATIONS SECTOR” anch’esso meritevole di attenzione.

 

Nonostante già nel febbraio 2011 circolassero in Rete (in blog vicini all’underground digitale) rumors su ipotesi di spionaggio cinese in Italia, nel successivo mese di giugno Telecom Italia firma un significativo accordo con Kevin Tao, Presidente di Huawei Europa. L’agreement – di importanza strategica – viene sottoscritto alla presenza del Vice-Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping e del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

 

XI JINPING DONALD TRUMP

Arriviamo, finalmente, al 2012 ma prima che si rompano le acque e venga partorito il report dei deputati Usa ci sono ancora due elementi indispensabili per un corretto e strutturato approccio all’“affaire Huawei”.

 

Il 12 giugno 2012 il Permanent Select Committee on Intelligence presso la US House of Representatives formula a Huawei precise istanze con finalità conoscitiva che l’azienda – sollecitata in precedenza a fornire chiarimenti – ha disatteso o non soddisfatto.

 

Il 13 settembre ha luogo una audizione pubblica. È probabilmente utile leggere gli interventi e le dichiarazioni del Presidente del Committee on Intelligence Mike Rogersdel Ranking Member Dutch Ruppersbergerdel Vice Presidente di Huawei Charls Ding e del Vice Presidente per Nord America ed Europa di ZTE Zho Jinyun.

Chi ha voglia di “cucinare” il problema, adesso ha a disposizione gli ingredienti di base. In un Paese di aspiranti Cracchi e Cannavacciuoli forse il mettersi ai fornelli può essere di ispirazione.

 

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