I TENTACOLI DEI LIGRESTO’S - DON TOTÒ PARLAVA CON LETTA (ZIO) PER MANTENERE GIANNINI, IL SUO CONTROLLORE, ALL’ISVAP

1. FONSAI, TESTIMONE RIVELA "PER GIANNINI ALL'ISVAP LIGRESTI PARLA CON LETTA"
Giovanni Pons per "la Repubblica"

A sorpresa anche Jonella Ligresti, in carcere dal luglio scorso, chiede il patteggiamento. I suoi legali hanno depositato ieri mattina presso il tribunale di Torino la loro proposta: farla uscire dal processo, come la sorella Giulia, con una condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione. Una mossa che segna un altro punto a favore dell'inchiesta dei pm torinesi Vittorio Nessi e Marco Gianoglio, dalla quale continuano a emergere elementi inediti.

Questa volta è il nome di Letta (probabilmente Gianni, l'ex sottosegretario del governo Berlusconi, anche se le carte della Guardia di Finanza non lo specificano. Il premier Enrico Letta ha precisato: «Mai parlato con Ligresti in vita mia») a spuntare in una conversazione telefonica del dicembre 2012 tra Fausto Marchionni, ex ad di Fonsai, e Alberto Alderisio, uomo di fiducia della famiglia Ligresti.

I due parlano di Giancarlo Giannini, ex presidente dell'Isvap ora indagato dalla procura di Milano per corruzione. «Ha paura, ha paura di tutti. Ma sai cos'è? È che secondo me - dice Marchionni - il "vecchio" (Salvatore Ligresti, ndr) si lascia andare tutte le volte a discorsi tipo "massì, ma lui lo sa che ho parlato a Letta, è tutto a posto, che lo rinnovano"». L'intercessione del "controllato" Salvatore Ligresti presso l'allora premier Silvio Berlusconi e il sottosegretario Gianni Letta, per una nomina di Giannini seno all'Antitrust è proprio l'argomento su cui si sono concentrati i sospetti del pm milanese Luigi Orsi.

Inoltre il tema di un rapporto illecito tra la famiglia Ligresti e Giannini emerge durante la deposizione di Piergiorgio Peluso, ex dg di Fonsai, a Torino. «In effetti si epresse con me in tal senso il presidente esecutivo della Liguria assicurazioni Salvati, ora deceduto - racconta Peluso - . Vi sarebbe stato un tramite verso Giannini da parte dei Ligresti attraverso l'avvocato Tuccillo di Napoli, avvocato che concentrava su di sé un importante numero di pratiche legali. In seguito feci un controllo sulle fatture emesse verso Tuccillo ma ciò non diede riscontri».

Peluso, figlio del ministro Annamaria Cancellieri, è il manager che entra in Fonsai nel maggio 2011 e traghetta il gruppo verso Unipol. Questa era la soluzione preferita da Mediobanca, che temeva per la propria esposizione creditizia verso la compagnia. «Era nostra opinione che sarebbe stata la soluzione migliore per la compagnia, attese le sue caratteristiche, essere gestita da un gruppo di settore e non da un gruppo familiare, come accaduto fino a quel momento», ha spiegato Alberto Nagel, ad di Mediobanca, ascoltato anch'egli a Torino.

«Dopo i risultati estremamente negativi che emergevano dalla terza trimestrale di Fondiaria - ha continuato Nagel - Mediobanca cominciò a prendere contatto con alcuni gruppi assicurativi internazionali ». Ma gli approcci con Allianz, Axa, Zurigo e Munich Re non ebbero esito. Quattro, secondo Nagel, erano i fattori che scoraggiavano gli acquirenti stranieri: «I consistenti investimenti in titoli di Stato di Fondiaria, la posizione della famiglia Ligresti, l'esposizione immobiliare di circa tre miliardi e lo spread in salita. A questo punto - ha riferito Nagel - ci rivolgemmo a Unipol. E Carlo Cimbri si disse interessato».

La famiglia Ligresti rappresentava un ostacolo al progetto poiché manteneva salda la presa sul controllo e sulla governance del gruppo. Posizione che permetteva di indirizzare benefici considerevoli a tutti i membri della famiglia. Per esempio, tra i "benefit" che i Ligresti addebitavano a Fonsai figurava anche l'affitto di un elicottero «accessoriato secondo i desiderata della famiglia ed in particolare di Gioachino Paolo». Il costo, riferisce ai pm torinesi il responsabile della sicurezza, Luciano Gallo Modena, era di «circa 2 milioni di euro all'anno».

Un elenco dei benefit ancora attivi nel 2012 era stata redatta sempre da Peluso in una mail finita agli atti dell'inchiesta torinese. Salvatore Ligresti, emerge dal documento, aveva a disposizione cinque segretarie, cinque autisti e tre auto, Jonella cinque auto, due segretarie, un "supporto linguistico", due dipendenti dedicati alle sue società personali.

Cinque auto anche alla sorella Giulia che si doveva accontentare di una sola segretaria e un solo autista ma che, presso la sua griffe Gilli, godeva delle prestazioni di tre dipendenti Premafin e di uno di Milano assicurazioni. Paolo Ligresti si giostrava tra dieci auto aziendali, in gran parte di proprietà di Atahotels, assistito da sei, tra collaboratori e segretarie, e da due autisti. La famiglia siciliana disponeva inoltre di abitazioni, foresterie, uffici, utenze telefoniche messe a disposizione dalla società.


2. IL PREMIER: NON HO MAI PARLATO CON LIGRESTI
Ra. Zan. per "La Stampa" - Ieri anche il premier Enrico Letta è intervenuto sulla vicenda Ligresti, ma per precisare un'intercettazione telefonica che rischiava di coinvolgerlo. A parlare è Fausto Marchionni, ex top manager di Fonsai. Sta parlando con Alberto Alderisio, uomo di fiducia dei Ligresti, sulla sorte di Giancarlo Giannini, al vertice dell'Isvap e preoccupato per l'inchiesta che lo coinvolge a Milano proprio per i rapporti con i Ligresti. «Ha paura, ha paura di tutti - dice Marchionni - Ma sai cos'è? È che secondo me il "vecchio" (Salvatore Ligresti, ndr) si lascia andare tutte le volte a discorsi tipo: "Massì, ma lui lo sa che ho parlato a Letta, è tutto a posto, che lo rinnovano"».

L'intercettazione non specifica se Salvatore Ligresti parlò con Gianni o Enrico Letta, ma dopo la pubblicazione della telefonata intercettata (che risale al dicembre 2012, fonti di Palazzo Chigi hanno precisato che «senz'altro non può trattarsi di Enrico Letta perché il presidente del Consiglio non ha mai parlato con Salvatore Ligresti in vita sua».

 

 

 

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