1. L’ANTONVENETA, TRA I 2,3 MILIARDI DI VALORE PATRIMONIALE E I 9 SGANCIATI, È LA VERA BOMBA CHE ANCORA DEVE ESPLODERE. IERI A SIENA SONO VOLATI SOLTANTO I CORIANDOLI 2. LE BOMBASTICHE DICHIARAZIONI RESE NELL’ULTIMA ASSEMBLEA DELLA BANCA DA TOMMASO DI TANNO, MEMBRO DEL COLLEGIO SINDACALE DI MPS, NOTO PER LA SUA AMICIZIA CON VINCENZO VISCO E D’ALEMA: PER QUALE MOTIVO LA CIFRA PAGATA DA MUSSARI NON ERA STATA PRECEDUTA DA ALCUNA DUE DILIGENCE PREVENTIVA SULLA BANCA VENETA? 3. ELKANN SOGNA DI FONDERE DUE DEBOLEZZE: “LA STAMPA” E IL “CORRIERE DELLA SERA” 4. NUOVI DOLORI PER ORSI. D’ALEMA FERMA LA VENDITA DI ANSALDO ENERGIA: I MANAGER NON POSSONO VENDERE ASSET FONDAMENTALI PER IL PAESE “COME SE FOSSERO PROPRI”

1-. L'ANTONVENETAÈ LA VERA BOMBA CHE ANCORA DEVE ESPLODERE
I contradaioli di Siena che al mattino prendono il caffè leggendo il "Financial Times" si stanno divertendo come pazzi per le vicende che hanno travolto il boccoluto ex-presidente Giuseppe Mussari.

Verso il giovane banchiere che entrava a Palazzo Salimbeni con lo zainetto sulle spalle è scattato un sentimento di simpatia perché ormai si è capito che questo avvocato calabrese è definitivamente uscito dal gotha della finanza e sta andando incontro a un mare di guai.
Per i contradaioli la corsa del cavallo Mussari non è finita ieri con il missile lanciato da quel manipolo di "sinistrorsi" del quotidiano "Il Fatto" che con uno scoop di prima grandezza hanno superato di molte lunghezze i colleghi della grande stampa.

Per loro c'è una data precisa che segna la fine della carriera di Peppiniello ed è quella del 9 maggio dell'anno scorso quando sorseggiando il caffè con i dolcetti del bar di proprietà della famiglia di Gianna Nannini, hanno visto alle 7 del mattino entrare dentro la banca un plotone di 150 finanzieri che l'hanno rivoltata come un guanto.

Quel giorno i "canarini" delle Fiamme Gialle non si sono fermati davanti a niente, nemmeno davanti al bellissimo quadro della Madonna della Misericordia che fu dipinto nel 1481 per celebrare la fondazione del più antico istituto italiano. La misericordia non è servita nemmeno a impedire che entrassero a Villa Stasi, l'abitazione privata di Mussari, e nelle case dell'ex-direttore generale Antonio Vigni e del presidente della Fondazione Gabriello Mancini, il ragioniere che tra poco seguirà a ruota il destino dell'avvocato calabrese.

L'ispezione plateale delle Fiamme Gialle era una bomba attesa dopo i servizi di Milena Gabanelli a "Report" e soprattutto dopo le dichiarazioni rese nell'ultima assemblea della banca dal commercialista Tommaso Di Tanno, membro del collegio sindacale di Mps, noto per la sua amicizia con Vincenzo Visco e Massimo D'Alema.

In quell'occasione Di Tanno aveva abbandonato il suo studio romano di via Paisiello e il circolo Aniene, che frequenta regolarmente, per rispondere agli azionisti di MontePaschi che non avevano dimenticato la vicenda Antonveneta.

"Il valore patrimoniale della banca - disse il tributarista romano - era di 2,3 miliardi e fu acquistata per 9 miliardi", poi senza esprimere giudizi sul prezzo stratosferico pagato agli spagnoli del banco Santander, Di Tanno lasciò cadere sulla platea l'affermazione che per arrivare a definire la cifra pagata da Peppiniello Mussari non era stata preceduta da alcuna due diligence preventiva sulla banca veneta.

Adesso i contradaioli ricordano questa lacuna e ritengono che la bomba scoppiata ieri sui derivati sia soltanto l'antipasto di uno scenario destinato a deflagrare con effetti spaventosi.

L'acquisto di Antonveneta fu salutato all'epoca dagli applausi delle forze politiche locali e nazionali e ad alzare il vessillo della vittoria fu più di altri l'avvocato calabrese che nelle stanze di palazzo Salimbeni gridò ad alta voce: "finalmente usciamo dal letargo".

Nessuno in quel momento ebbe il coraggio di dirgli che tra i 2,3 miliardi di valore patrimoniale di Antonveneta e i 9 miliardi sganciati per l'acquisto c'era una differenza che prima o poi avrebbe generato sospetti e segnato il suo destino.
Ma quella ,a detta dei contradaioli, è la vera bomba che ancora deve esplodere. Ieri sono volati soltanto i coriandoli. Il vero carnevale deve ancora cominciare.

2- ELKANN SOGNA DI FONDERE DUE DEBOLEZZE: "LA STAMPA" E IL "CORRIERE DELLA SERA"

C'è un manager di 44 anni, nato negli Stati Uniti, sposato e padre di due figli, che la comunità finanziaria di Milano comincia a considerare con una certa tenerezza.
È Pietro Scott Jovane, l'ex-amministratore di Microsoft Italia che a maggio dell'anno scorso è stato piazzato sulla poltrona del Gruppo editoriale Rcs con il consenso unanime degli azionisti.

Quando Jovane raccolse l'eredità del precedente amministratore, Antonello Perricone, i soci forti di Rcs tirarono un sospiro di sollievo perché il suo arrivo metteva fine alla penosa ricerca di un candidato affidata alle più grandi società di cacciatori di teste.
A distanza di sette mesi il giovane continua a cercare la strada per portare il Gruppo del "Corriere della Sera" fuori dalle secche di un bilancio disastroso che ormai ha superato il miliardo di debiti.

Di fronte a questa impresa titanica il simpatico Pietro ha cercato la soluzione soprattutto con l'ausilio dei consulenti McKinsey ai quali pare abbia già pagato parcelle per 500mila euro. Così, mentre le redazioni e i dipendenti del Gruppo continuano ad agitarsi per le voci sui tagli delle testate e del personale, i soci forti aspettano che venga alla luce un piano industriale in grado di riportare equilibrio nei conti.

Acquattato in un silenzio indecifrabile, Dieguito Della Valle aspetta di vedere che cosa uscirà dalla testa del giovane amministratore che probabilmente sta guadagnando tempo non solo per le difficoltà nella messa a punto del piano, ma anche perché ha capito che la partita finale sul "Corriere della Sera" si giocherà dopo le elezioni.

Questo non sembra impedire tuttavia che nelle stanze del Gruppo circolino ipotesi suggestive. L'ultima arriva da Torino e dall'azionista Fiat che con John Elkann siede tra i consiglieri ed è stato tra i primi a battere le manine quando alla fine di maggio Scott Jovane è salito sulla sua poltrona.

Secondo rumors da prendere con le pinze sembra che sulle rive del Po sia iniziata una marcia di avvicinamento che potrebbe nel tempo portare il quotidiano "La Stampa" nel grembo di Rcs. Anche il giornale torinese deve far quadrare i conti e l'idea di unire le debolezze in un unico pacchetto editoriale ha cominciato a prendere una certa consistenza. Secondo gli ispiratori del progetto si arriverebbe così a una definizione più netta del ruolo delle due testate con il "Corriere della Sera" che gioca la parte del primo quotidiano nazionale, e "La Stampa" che continua a consolidare la sua tradizione e la diffusione in un bacino regionale che ha i suoi punti di forza in Piemonte e Liguria.

Probabilmente si tratta semplicemente di un sogno che si scontra con la difesa storica del giornale fondato nel 1867 da Vittorio Bersezio, ma che sul quotidiano della Fiat pesi una forte impronta provinciale non mancano le prove. L'ultima è di oggi quando i lettori della "busiarda" si sono trovati tra le mani un giornale che ha sparato in prima pagina la notizia dello spin doctor americano che dovrebbe pilotare la campagna elettorale di Mario Monti.
Se non è provincialismo questo, poco ci manca.

3- D'ALEMA FERMA LA VENDITA DI ANSALDO ENERGIA
Ormai è trascorso poco meno di un mese da Natale e i commissari della Consob hanno avuto il tempo necessario per smaltire le libagioni.
Questo dovrebbe consentire una maggiore attenzione sull'altalena del titolo Finmeccanica che alterna strappi all'insù e all'ingiù che in altri Paesi avrebbero già acceso i fari della vigilanza. Pochi giorni fa Standard&Poor's lo ha giudicato a livello di spazzatura, ma è bastato un articolo pubblicato ieri su "Repubblica" per ridare fiato ai movimenti di Borsa.

A incoraggiare la speculazione non sono gli uscieri di Finmeccanica che da anni hanno messo i loro risparmi sotto il materasso, e non ci sono nemmeno le prove che le manine rialziste appartengano al plotone dei centurioni ingaggiati dall'amministratore Giuseppe Orsi. Di sicuro c'è soltanto che il querulo manager piacentino vive in uno stato di agitazione perché vorrebbe chiudere la vendita di Ansaldo Energia in modo da mettere una pezza decente al prossimo bilancio.

Oggi si riunisce il consiglio di amministrazione che secondo voci di stampa chiaramente ispirate avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva sulle offerte per la società ligure. Non se ne farà nulla e il querulo Orsi insieme al suo braccio destro tanto stimato Alessandro Pansa, si limiterà a un'informativa sulle intenzioni dei tre potenziali acquirenti.
Tra questi sembrano fuori gioco i tedeschi di Siemens mentre le chances più forti vengono attribuite con insistenza ai coreani del Gruppo Doosan.

Nessun giornale si è preso la briga di spiegare chi sono questi coreani così interessati all'azienda guidata da Giuseppe Zampini, e vale la pena di dire che si tratta di una conglomerata fondata nel 1896 che occupa circa 40mila dipendenti e fattura più di 22 miliardi di dollari. C'è chi preso dall'entusiasmo e dalla simpatia nei confronti di Orsi arriva a immaginare che i coreani abbiano già formulato la bozza di un'offerta vincolante ,ma anche questa notizia è totalmente priva di fondamento.

Ogni decisione è rinviata a dopo le elezioni quando il tandem Orsi e Pansa dovrà vedersela con il nuovo Governo. Se a Palazzo Chigi arriverà Bersani il gioco ricomincerà da capo. Un segnale preciso è arrivato nelle ultime ore da Massimo D'Alema che in un'intervista al "Secolo XIX" ha ricordato che i manager non possono vendere asset fondamentali per il Paese "come se fossero propri".

4- DARIO VIGANÃ’, NUOVO DIRETTORE DEL CENTRO TELEVISIVO VATICANO
Laudetur Jesus Christus: Qui Radio Vaticana.
"Il Santo Padre è lieto di annunciare che ieri ha messo la sua firma sulla nomina del nuovo direttore del Centro Televisivo Vaticano, l'organismo della Santa Sede fondato nel 1983 per contribuire a documentare con le immagini televisive il ministero pastorale del Sommo Pontefice e le attività della Sede Apostolica.
La scelta è caduta su Dario Viganò, un dinamico sacerdote di 49 anni esperto di cinema che ha preso il posto di padre Federico Lombardi".

 

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