di maio tria

L’ASSALTO AL MINISTRO TRIA (“PRETENDO CHE TROVI I SOLDI”) NASCONDE IL TERRORE DI DI MAIO DI NON RIUSCIRE A MANTENERE LE PROMESSE ELETTORALI. NEL M5S CRESCE IL MALUMORE DI CHI SI SENTE TROPPO SUBALTERNO ALLA LEGA E NON DIGERISCE L’ALLEANZA CON SALVINI - I CAPIGRUPPO GRILLINI NON RIESCONO PIÙ A TENERE I PARLAMENTARI: “SONO COME LEONI IN GABBIA. DEVONO RISPONDERE AI LORO ELETTORI” - IL MAIL BOMBING DI LAMENTELE DELLA BASE E L'IPOTESI ECLATANTE DI...

1 - UN DIKTAT PER TACITARE I MALUMORI NEL MOVIMENTO

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE

Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

 

Il diktat del vicepremier Luigi Di Maio al ministro dell' Economia, Giovanni Tria, è a dir poco irrituale. Pretendere che «trovi i soldi», perché «un ministro serio i soldi li deve trovare», rivela una concezione singolare del ruolo di chi governa e deve tenere i conti in ordine. Forse, la sua uscita va letta in controluce e inquadrata nei malumori crescenti nel Movimento Cinque Stelle: malumori verso il suo leader e la subalternità alla Lega di Matteo Salvini. Solo il nervosismo per il timore di non mantenere le promesse può spiegare parole così ruvide.

 

A questo si aggiungono il pasticcio delle Olimpiadi invernali, sballottate tra Torino, Milano e Cortina; e il ritardo nella scelta del commissario per gestire la ricostruzione del ponte crollato a Genova. Emerge una maggioranza nella quale la formazione maggiore, quella di Di Maio, sembra sentirsi insicura. E cerca di forzare sulla manovra, non riuscendo a imporre gli obiettivi che si è prefissa. Il risultato non è tanto quello di logorare Tria, ma di confermare tensioni e confusione nell'esecutivo.

 

DELVOX TRIA SALVINI DI MAIO

«Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro dell'Economia ma pretendo che trovi i soldi per gli italiani», lo ha strattonato il capo del M5S. «Non possono più aspettare». Di Maio, in partenza per la Cina, evidentemente sa che un'uscita di scena di Tria terremoterebbe il governo sul piano internazionale; e che un successore non potrebbe proporre ricette diverse: a meno di far saltare i conti pubblici e vedere schizzare alle stelle gli interessi sui titoli di Stato. Per questo ha aggiunto che «nessuno ha chiesto le dimissioni di Tria». Ma il tentativo di condizionarlo in vista della manovra sta assumendo toni parossistici.

 

«Il percorso bilanciato» tracciato dal ministro per conciliare «bisogni sociali e requisiti economici», non basta: soprattutto perché Di Maio soffre il protagonismo di Salvini; i rapporti freddi ma mai recisi con Silvio Berlusconi; e i sondaggi che danno i Cinque Stelle in calo a favore del Carroccio. Dunque, Di Maio alza la voce con Tria rivolto prima ancora a quei settori del Movimento che non digeriscono il sodalizio con Salvini; e ritengono poco incisivo il loro vicepremier.

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE

 

Il colloquio dei giorni scorsi a casa Berlusconi ha rianimato tra i grillini il sospetto che Salvini sia pronto a accogliere alcune richieste in materia televisiva. Lo confermano le parole irritate del ministro per il Sud, Barbara Lezzi. «Salvini può dare le garanzie che vuole a Berlusconi». Ma «noi non gli faremo nessun regalo...». Si tratta di una durezza verbale che non prelude a rotture. Non esistono alternative visibili al governo tra M5S e Lega. La variabile è che i contrasti accumulati alla fine sfuggano di mano; e che le divisioni esplodano.

 

giovanni tria

2 - I PARLAMENTARI GRILLINI STUDIANO UN DOCUMENTO CONTRO IL TESORO

Federico Capurso, Amedeo La Mattina e Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

«Un miliardo, ha detto che ci dava solo un miliardo in più rispetto al reddito di inclusione. Inaccettabile». Luigi Di Maio è seduto di fronte ai ministri e ai sottosegretari 5 Stelle, riuniti lunedì in un ristorante del centro di Roma per una riunione in notturna. È uno sfogo collettivo. E il bersaglio è sempre lui: il ministro dell' Economia Giovanni Tria.

 

matteo salvini luigi di maio

Il vertice sulla manovra si è appena concluso a Palazzo Chigi . Di Maio fa il resoconto delle oltre tre ore di accesa discussione sui conti, su Tria che irremovibile dice che per il reddito di cittadinanza la disponibilità è poca: un solo miliardo da integrare al Rei, introdotto dal centrosinistra. Di Maio esplode e appena è in strada dà ordine di aprire il fuoco sul titolare di via XX settembre, che pochi minuti prima aveva gelato gli interlocutori di governo: «Se me lo chiedete posso togliere il disturbo».

 

Alla cena con Di Maio ci sono anche i capigruppo M5S Francesco D' Uva e Stefano Patuanelli. Dicono che non riescono più a tenere i gruppi parlamentari: «Sono come leoni in gabbia. Devono rispondere ai loro elettori nei territori».

 

conte salvini di maio

La promessa del reddito di cittadinanza ha portato oceani di voti per grillini. «Senza risorse non abbiamo spazi di manovra». I parlamentari parlano di un vero mail bombing della base, centinaia di lamentele che avrebbero invaso le caselle di deputati e senatori. Gli eletti, dicono a Di Maio, sono pronti, a un suo segnale, a dare vita «a un' iniziativa eclatante» per costringere Tria ad allargare le maglie del deficit, mentre a Montecitorio comincia a circolare l' idea di una raccolta firme su un documento da inviare al governo e al Mef.

 

LA BATTAGLIA SUL DEFICIT

La discussione si avvita, poi, attorno alle percentuali di deficit. Di Maio conferma che Tria non vuole sentir parlare di oltrepassare l'1,6 per cento. «Anzi - aggiunge il leader 5 Stelle - mi ha detto che già è tanto se l' Ue ci concede quel margine». I 5 Stelle invece chiedono di andare ben oltre il 2 per cento, e di avvicinarsi per quanto possibile al 3. Anche la Lega chiede uno sforzo maggiore per superare il tetto del 2 per cento.

salvini di maio

 

Ma il Carroccio ha scelto una via diversa, più prudente nei toni e nelle aspirazioni. Una strategia soft che trova le sue ragioni nella disponibilità del ministro dell' Economia sulla riforma delle pensioni. Tria avrebbe accontentato i leghisti e concesso i 62 anni come età anagrafica necessaria per accedere, sommando gli anni di contributi, ai requisiti di Quota 100.

 

Il vice premier Matteo Salvini e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti si dicono soddisfatti e lasciano che siano i 5 Stelle a cingere d' assedio il ministro. «Io penso che Tria possa dormire sonni tranquilli» dice Giorgetti, convinto che alla fine la battaglia sul deficit potrebbe chiudersi con un compromesso al 2 per cento. Quello è l'obiettivo.

GIOVANNI TRIA

 

Il sottosegretario è più ottimista del solito, strappare un primo passo verso il superamento della Fornero gli sembra un buon risultato. «Dopotutto Quota 100 era una proposta anche dei 5 Stelle. Ma vedrete che faremo anche un pezzo di reddito di cittadinanza». I grillini però vogliono nero su bianco, nella manovra, le cifre necessarie per avviare una misura robusta che assicuri i 780 euro annunciati, convinti che le pensioni siano un tema che accredita di più la Lega tra gli elettori.

 

IL CASO DELEGHE

LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI

Ma i motivi di irritazione dei 5 Stelle nei confronti di Tria non si limitano solo alle priorità politiche della manovra. «Non veniamo presi in considerazione, ci scavalca», si lamentano i responsabili economici del M5S. Ci sono le riunioni al ministero del Tesoro convocate senza avvisare i 5 Stelle. E ci sono le deleghe, che il vice ministro dell' Economia Laura Castelli chiede a Tria da mesi ma che ancora non sono arrivate.

 

O meglio, una proposta è già finita sulla scrivania di Castelli e del suo omologo leghista Massimo Garavaglia. Ma al suo interno non è menzionata alcuna competenza specifica. In sostanza hanno avuto in regalo una scatola vuota e la reazione è stata durissima: la proposta respinta e i documenti non firmati. Neanche con il sottosegretario all' Economia in quota M5S Alessio Villarosa i rapporti sono idilliaci.

 

giovanni tria e claudio borghi

Il titolare del Tesoro - si è lamentato Villarosa - lo avrebbe tenuto in disparte nella gestione del fondo per i truffati delle banche che il sottosegretario leghista Massimo Bitonci ha annunciato essere di 500 milioni di euro. Malumori, questi, che iniziano a serpeggiare anche in Parlamento, dove il presidente della Bilancio Daniele Pesco critica il decreto con cui Tria ha permesso l' acquisto di crediti deteriorati delle banche con una garanzia pubblica per l' 80 per cento del loro valore. «Sono soldi che metteremo noi», spiega a La Stampa , «mentre avremmo potuto abbassare le garanzie anche solo al 50 per cento».

Ultimi Dagoreport

matteo salvini luca zaia giorgia meloni

DAGOREPORT – COSA SI SONO DETTI GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA NELL'INCONTRO A PALAZZO CHIGI, TRE SETTIMANE FA? - TOLTA SUBITO DI MEZZO L'IDEA (DI SALVINI) DI UN POSTO DI MINISTRO, LA DUCETTA HA PROVATO A CONVINCERE IL “DOGE” A PRESENTARE UNA SUA LISTA ALLE REGIONALI IN VENETO MA APPOGGIANDO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA (ANCORA DA INDIVIDUARE) - MA TRA UNA CHIACCHIERA E L'ALTRA, MELONI HA FATTO CAPIRE CHE CONSIDERA ZAIA IL MIGLIOR LEADER POSSIBILE DELLA LEGA, AL POSTO DI UN SALVINI OSTAGGIO DELLE MATTANE DI VANNACCI – UN CAMBIO DI VERTICE NEL CARROCCIO EVOCATO NELLA SPERANZA CHE IL GOVERNATORE ABBOCCHI ALL’AMO...

elly schlein giorgia meloni beppe sala ignazio la russa maurizio lupi marcello viola

DAGOREPORT - NESSUNO VUOLE LE DIMISSIONI DI BEPPE SALA: DA SINISTRA A DESTRA, NESSUN PARTITO HA PRONTO UN CANDIDATO E TRA POCHI MESI A MILANO COMINCIANO LE OLIMPIADI MILANO-CORTINA – MA SALA VUOLE MANIFESTARE ALL'OPINIONE PUBBLICA UNO SCATTO DI DIGNITÀ, UN GRIDO DI ONESTÀ, UNA REAZIONE D'ORGOGLIO CHE NON LO FACCIA SEMBRARE  ''LU CIUCCIO 'MIEZZO A LI SUONI'' - L’UNICO A CHIEDERE IL PASSO INDIETRO DEL SINDACO È IGNAZIO LA RUSSA, CHE INVECE UN CANDIDATO CE L’HA ECCOME: MAURIZIO LUPI. METTENDO SOTTO LA SUA ALA IL PARTITO DI LUPI, "NOI MODERATI", ‘GNAZIO SOGNA IL FILOTTO: CONQUISTARE SUBITO IL COMUNE DI MILANO E NEL 2028 LA REGIONE LOMBARDIA – MOLTO DELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA DIPENDERÀ DALLA DECISIONE DEL GIP, PREVISTA PER MERCOLEDI': SE IL GIUDICE NON ACCOGLIERÀ LE RICHIESTE DEI PM (CARCERE O DOMICILIARI PER GLI INDAGATI), LA BUFERA PERDERÀ FORZA. VICEVERSA…

ravello greta garbo humphrey bogart truman capote

DAGOREPORT: RAVELLO NIGHTS! LE TROMBATE ETERO DI GRETA GARBO, LE VACANZE LESBO DI VIRGINIA WOOLF, RICHARD WAGNER CHE S'INVENTA IL “PARSIFAL'', D.H. LAWRENCE CHE BUTTA GIU’ L'INCANDESCENTE “L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’’, I BAGORDI DI GORE VIDAL, JACKIE KENNEDY E GIANNI AGNELLI - UN DELIRIO ASSOLUTO CHE TOCCO’ IL CLIMAX NEL 1953 DURANTE LE RIPRESE DE “IL TESORO D’AFRICA” DI JOHN HUSTON, SCENEGGIATO DA TRUMAN CAPOTE, CON GINA LOLLOBRIGIDA E HUMPHREY BOGART (CHE IN UN CRASH D’AUTO PERSE I DENTI E VENNE DOPPIATO DA PETER SELLERS). SE ROBERT CAPA (SCORTATO DA INGRID BERGMAN) SCATTAVA LE FOTO SUL SET, A FARE CIAK CI PENSAVA STEPHEN SONDHEIM, FUTURO RE DI BROADWAY – L’EFFEMMINATO CAPOTE CHE SI RIVELÒ UN BULLDOG BATTENDO A BRACCIO DI FERRO IL “DURO” BOGART - HUSTON E BOGEY, SBRONZI DI GIORNO E UBRIACHI FRADICI LA NOTTE, SALVATI DAL CIUCCIO-TAXI DEL RISTORANTE ‘’CUMPÀ COSIMO’’ - QUANDO CAPOTE BECCÒ IL RE D’EGITTO FARUK CHE BALLAVA ALLE 6 DEL MATTINO L’HULA-HULA NELLA CAMERA DA LETTO DI BOGART… - VIDEO + FILM

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER?