MONTE DEI PASCHI DI SPAZZATURA - MOODY’S DECLASSA MPS, IL PD E’ NEI GUAI - LA FONDAZIONE SI E’ DISSANGUATA PER DIFENDERE (INVANO) IL 51%, MA L’INCUBO SI CHIAMA PROCURA - L’INCHIESTA SULL’ACQUISIZIONE DI ANTONVENETA (9 MILIARDI MALE INVESTITI) FA TREMARE L’EX DG ANTONIO VIGNI E L’EX COLLEGIO SINDACALE - MA L’EX PRESIDENTE MUSSARI OGGI ALLA GUIDA DELL’ABI, E’ SOTTO INCHIESTA OPPURE NO? MISTERO…

Andrea Greco per "la Repubblica"

"Spazzatura" è una parola evocativa se riferita a un debito. Nessuno l'aveva accostata al Monte dei Paschi. Da ieri lo ha fatto l'agenzia Moody's scatenando i venditori in Borsa (-4%) e la solita ridda di commenti nella città del Palio. Dove la campagna elettorale - si dovrebbe votare in primavera, per ridotare Siena del sindaco fatto fuori per beghe interne al Pd sulle nomine del management bancario - è un misto di dalli al Monte, di sindacati che invocano la discesa in campo dei partiti per parare i tagli (pardon, "esternalizzazioni", di 2.360 dipendenti come da piano di rilancio: Mps è anche la prima azienda cittadina, la trattativa si è chiusa proprio ieri, senza accordo) e di tutti contro il Pd.

Il partito di governo, che qui per decenni ha potuto dire "abbiamo una banca" (altro che Bnl) non l'ha saputa difendere, e passare indenne i marosi della globalizzazione e della crisi finanziaria. Colpa di un tessuto a maglie troppo fini, dove l'incesto è regola e l'endogamia produce figli scadenti.

Colpa, anche, degli uomini al potere, che sull'asse Comune-Provincia-Fondazione-banca hanno compiuto le scelte che hanno ridotto a una frazione valore e patrimonio del Monte e della fondazione azionista, e minato alla radice la funzione di ufficiale pagatore dell'istituto, per la gioia bellezza e ricchezza dell'intorno. Oggi siamo alla spazzatura finanziaria, a un presente la va o la spacca e a un futuro da scrivere e diverso.

«Sopra la banca la città campa, ma sotto la banca la città ci crepa», diceva il preside di una locale facoltà. «Visto oggi, forse è vero che c'è stato un eccessivo legame tra banca, comunità ed enti nominanti. Ma è una considerazione da senno del poi», chiosa Gabriello Mancini, presidente della fondazione, che ha speso quasi tutto il patrimonio per difendere "quota 51%" e oggi si ritrova inerme al 33%, ma prospetticamente - dopo l'aumento da un miliardo riservato a nuovi soci che la banca lancerà l'anno prossimo - dovrà difendere "quota 20%", forse 15 o 10. A Siena, dove i tre sport sono Palio, basket e Monte, numeri simili erano eresie da foresti.

«Noi abbiamo interpretato e portato avanti un sentimento diffuso e radicato nella comunità, e avallato da precisi documenti programmatici dei nostri enti nominanti, concordando orientamenti con loro». Mancini chiama in causa Comune e Provincia, feudi del Pci-Ds-Pd che nominano 13 consiglieri su 16 in fondazione. Erano loro a decidere, fomentati dagli elettori-cittadini che, quando non lavorano in banca, ne sono clienti o beneficiari come sponsorizzazioni, iniziative, erogazioni. Un circolo chiuso, tutti alla greppia e nessun controllo autonomo.

Neanche il Pd romano, si dice tra le viuzze medievali come dentro la banca, ha saputo tenere a bada il notabilato locale. «Magari la banca l'avesse diretta il Pd!», dice un insider, memore di quando il ministro del Tesoro Vincenzo Visco venne preso a male parole perché chiedeva di conformare lo statuto dell'ente alla sentenza della Consulta, e incarnare lo spirito della legge Ciampi che voleva la società civile in maggioranza nelle fondazioni. Anche Piero Fassino ricorda talvolta quando da segretario, con il padre nobile Giuliano Amato (eletto nel collegio senese) saliva da Roma per convincere i locali a mollare il 51%, respinto. Ma son cose del passato: lo statuto è in via di modifica, la Provincia di Siena rischia di essere soppressa dal governo Monti, tra un anno la deputazione della fondazione va al rinnovo e Mancini non è ricandidabile. Novità in vista anche nell'azionariato.

«Mi pare abbastanza evidente che la fondazione scenderà di molto: per l'aumento riservato, ma anche perché dovrà ripagare parte dei debiti rimasti e diversificare il patrimonio - ragiona Alessandro Profumo, presidente nel ruolo di garante della transazione - . Poi entrerà un pugno di investitori con quasi altrettante azioni, quindi prevedo un capitale molto diffuso. Sarà un mondo diverso, diversa formazione della gestione d'impresa e del cda.

Ma in qualunque caso sarà fondamentale mantenere un buon rapporto con la comunità senese: sono tutti nostri clienti». Alle otto di sera l'ex ad di Unicredit fa il punto di giornata nel suo ufficio con l'ad Fabrizio Viola; se recitano concordia sono attori da Oscar. «Chiaro che la mossa di Moody's ci disturba - dice Viola - per la tempistica e le motivazioni». Secondo l'agenzia, a Mps potrebbero servire ulteriori aiuti pubblici, soffre «un deterioramento operativo, con profittabilità ridotta». Sul mercato, però, non è molto chiaro come una banca di fatto nazionalizzata, dove lo Stato ha messo 3,4 miliardi, abbia un rischio così peggiore dei Btp.

«Forse un eccesso di zelo dell'agenzia di rating - dice Matteo Ghilotti, capo della ricerca di Equita - tra l'altro Mps è all'inizio di un progetto di ristrutturazione che il mercato può apprezzare». Viola rimarca quel che ha fatto in quattro mesi, mentre tutti a Siena si accapigliavano attorno a Rocca Salimbeni: «Un piano industriale con costi tagliati di 600 milioni, la disdetta dell'integrativo aziendale, il ricambio di otto decimi del management. E senza condizionamenti».

Sullo sfondo resta aperta l'inchiesta della Procura locale sull'acquisizione di Antonveneta, 9 miliardi male investiti che hanno portato i guai veri. I pm cercano un difetto nelle comunicazioni con la vigilanza sul prestito convertibile Fresh, e l'aggiotaggio sul titolo (contro ignoti). Non sembra che, per ora, cerchino "stecche" della transazione famigerata. Quattro indagati, l'ex dg Antonio Vigni e l'ex collegio sindacale. Mistero sul fatto che sia indagato l'ex presidente Giuseppe Mussari oggi alla guida dell'Abi, l'uomo che il tassista di Siena incolpa per lo stato di cose. Né lui né la procura hanno confermato indiscrezioni di stampa.

 

GIUSEPPE MUSSARI MPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA Gabriello ManciniLA PARTENZA DEL PALIO DI SIENA PIERO FASSINO Giuliano Amato ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA antonio vigni lap

Ultimi Dagoreport

donald trump tulsi gabbard vladimir putin

DAGOREPORT - A CHE SERVONO LE AGENZIE DI SPIONAGGIO A TRUMP E PUTIN? - ANZICHÉ PROTEGGERE LA SICUREZZA DELLO STATO, ANTICIPANDO RISCHI E CRISI, OGGI LA MISSIONE DI CIA E FBI IN AMERICA E DI FSB, SVR, GRU IN RUSSIA, È DI REPRIMERE IL DISSENSO CONFERMANDO IL POTERE - CIRO SBAILÒ: ‘’PER LA PRIMA VOLTA, IL VERTICE POLITICO NON SI LIMITA A INDIRIZZARE: PUNTA A SVUOTARE LA FUNZIONE DELL’INTELLIGENCE, RIDUCENDOLA A UNA MACCHINA DI STABILIZZAZIONE POLITICA AD USO PERSONALE...’’

ali larijani khamenei vladimir putin xi jinping

A TEHERAN QUALCOSA STA CAMBIANDO – SI NOTANO CURIOSI MOVIMENTI NEL SISTEMA DI POTERE IRANIANO: MENTRE RICOMPAIONO VECCHI VOLPONI COME ALI LARIJANI, STA NASCENDO UN NUOVO CENTRO DECISIONALE NON UFFICIALE, A GUIDARE LE MOSSE PIÙ DELICATE DEL REGIME. I PASDARAN PERDONO QUOTA (LA LORO STRATEGIA È FALLITA DI FRONTE ALL’ANNIENTAMENTO DI HEZBOLLAH, HAMAS E ASSAD), AVANZA UN “CONSIGLIO OMBRA” DI TRANSIZIONE, CON IL CONSENSO DI KHAMENEI – “L’ASSE DEL MALE” CON RUSSIA E CINA PROSPERA: TEHERAN HA BISOGNO DELLE ARMI DI PUTIN E DEI SOLDI DI XI JINPING. ALLA FACCIA DI TRUMP, CHE VOLEVA RIAPRIRE IL NEGOZIATO SUL NUCLEARE…

matteo salvini luca zaia giorgia meloni

DAGOREPORT – COSA SI SONO DETTI GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA NELL'INCONTRO A PALAZZO CHIGI, TRE SETTIMANE FA? - TOLTA SUBITO DI MEZZO L'IDEA (DI SALVINI) DI UN POSTO DI MINISTRO, LA DUCETTA HA PROVATO A CONVINCERE IL “DOGE” A PRESENTARE UNA SUA LISTA ALLE REGIONALI IN VENETO MA APPOGGIANDO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA (ANCORA DA INDIVIDUARE) - MA TRA UNA CHIACCHIERA E L'ALTRA, MELONI HA FATTO CAPIRE CHE CONSIDERA ZAIA IL MIGLIOR LEADER POSSIBILE DELLA LEGA, AL POSTO DI UN SALVINI OSTAGGIO DELLE MATTANE DI VANNACCI – UN CAMBIO DI VERTICE NEL CARROCCIO EVOCATO NELLA SPERANZA CHE IL GOVERNATORE ABBOCCHI ALL’AMO...

elly schlein giorgia meloni beppe sala ignazio la russa maurizio lupi marcello viola

DAGOREPORT - NESSUNO VUOLE LE DIMISSIONI DI BEPPE SALA: DA SINISTRA A DESTRA, NESSUN PARTITO HA PRONTO UN CANDIDATO E TRA POCHI MESI A MILANO COMINCIANO LE OLIMPIADI MILANO-CORTINA – MA SALA VUOLE MANIFESTARE ALL'OPINIONE PUBBLICA UNO SCATTO DI DIGNITÀ, UN GRIDO DI ONESTÀ, UNA REAZIONE D'ORGOGLIO CHE NON LO FACCIA SEMBRARE  ''LU CIUCCIO 'MIEZZO A LI SUONI'' - L’UNICO A CHIEDERE IL PASSO INDIETRO DEL SINDACO È IGNAZIO LA RUSSA, CHE INVECE UN CANDIDATO CE L’HA ECCOME: MAURIZIO LUPI. METTENDO SOTTO LA SUA ALA IL PARTITO DI LUPI, "NOI MODERATI", ‘GNAZIO SOGNA IL FILOTTO: CONQUISTARE SUBITO IL COMUNE DI MILANO E NEL 2028 LA REGIONE LOMBARDIA – MOLTO DELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA DIPENDERÀ DALLA DECISIONE DEL GIP, PREVISTA PER MERCOLEDI': SE IL GIUDICE NON ACCOGLIERÀ LE RICHIESTE DEI PM (CARCERE O DOMICILIARI PER GLI INDAGATI), LA BUFERA PERDERÀ FORZA. VICEVERSA…

ravello greta garbo humphrey bogart truman capote

DAGOREPORT: RAVELLO NIGHTS! LE TROMBATE ETERO DI GRETA GARBO, LE VACANZE LESBO DI VIRGINIA WOOLF, RICHARD WAGNER CHE S'INVENTA IL “PARSIFAL'', D.H. LAWRENCE CHE BUTTA GIU’ L'INCANDESCENTE “L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’’, I BAGORDI DI GORE VIDAL, JACKIE KENNEDY E GIANNI AGNELLI - UN DELIRIO ASSOLUTO CHE TOCCO’ IL CLIMAX NEL 1953 DURANTE LE RIPRESE DE “IL TESORO D’AFRICA” DI JOHN HUSTON, SCENEGGIATO DA TRUMAN CAPOTE, CON GINA LOLLOBRIGIDA E HUMPHREY BOGART (CHE IN UN CRASH D’AUTO PERSE I DENTI E VENNE DOPPIATO DA PETER SELLERS). SE ROBERT CAPA (SCORTATO DA INGRID BERGMAN) SCATTAVA LE FOTO SUL SET, A FARE CIAK CI PENSAVA STEPHEN SONDHEIM, FUTURO RE DI BROADWAY – L’EFFEMMINATO CAPOTE CHE SI RIVELÒ UN BULLDOG BATTENDO A BRACCIO DI FERRO IL “DURO” BOGART - HUSTON E BOGEY, SBRONZI DI GIORNO E UBRIACHI FRADICI LA NOTTE, SALVATI DAL CIUCCIO-TAXI DEL RISTORANTE ‘’CUMPÀ COSIMO’’ - QUANDO CAPOTE BECCÒ IL RE D’EGITTO FARUK CHE BALLAVA ALLE 6 DEL MATTINO L’HULA-HULA NELLA CAMERA DA LETTO DI BOGART… - VIDEO + FILM

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…