1. DOPO LA MOSSA CORAGGIOSA DI UNICREDIT DI FAR PULIZIA DI 14 MILIARDI DI CREDITI MARCI (L’80% MESSI INSIEME NELL’EPOCA PROFUMO), VIENE DA CHIEDERSI SE GLI UOMINI DI GHIZZONI SIANO STATI PIÙ REALISTI DEL RE, ALLA VIGILIA DELLE ISPEZIONI EUROPEE, OPPURE SE ALTRE BANCHE ITALIANE SIANO UN PO’ IMPRUDENTI. O SEMPLICEMENTE NEI GUAI 2. CON 160 MILIARDI DI SOFFERENZE BANCARIE (FONTE BANKITALIA), DESTINATE AD AUMENTARE FINO A QUOTA 190 (STIMA ABI) NEL 2015, FANNO SORRIDERE GLI AUMENTI DI CAPITALE PER 6 MILIARDI E MEZZO FINORA UFFICIALMENTE PREVISTI PER IL 2014. METÀ DEL MONTEPASCHI 3. SOLO GUARDANDO SORGENIA, ALITALIA, TELECOM E TASSARA, VIENE IL DUBBIO CHE LE “NUOVE SOFFERENZE” NON SI NASCONDANO NEL CREDITO COOPERATIVO DI CORBEZZOLI SCALO 4. LANNUTTI: “NELLA ‘PULIZIA CONTABILE’ DI CREDITI E AVVIAMENTI DI UNICREDIT SONO COMPRESE LE AVVENTURE KAZAKE DELLA ATF BANK DELL’EX A.D. PROFUMO, LIQUIDATO CON UN MAXI ASSEGNO DI 40 MILIONI DI EURO, IL DOPPIO DI QUANTO GLI SAREBBE STATO DOVUTO?”

Francesco Bonazzi per Dagospia

"Voltiamo pagina, ora leader in Europa", esulta Federico Ghizzoni dalle prime pagine del Sole 24 Ore di oggi. E c'è da capirlo, perché mettere a bilancio 14 miliardi di perdite a annunciare che altre 8.500 persone verranno spedite a casa è una gioia di quelle che non capitano tutti i giorni. Ma al di là delle affettuosità della stampa, il giorno dopo le grandi pulizie dell'era Profumo bisogna ammettere che Unicredit ha fatto il suo, ma alzando l'asticella del "realismo di bilancio" ha messo nei guai tutte le altre banche.

Secondo gli ultimi dati di Bankitalia, a gennaio le sofferenze bancarie avevano toccato quota 160 miliardi di euro e l'Abi teme che si possa arrivare a 190 nel 2015. Se però si va a vedere il totale degli aumenti di capitale previsti tra le banche, ci si ferma a 6,5 miliardi, metà dei quali in casa Montepaschi. Sicuro che bastino dopo la mossa del cavallo di Piazza Cordusio?

Una considerazione generale e due flash-back per inquadrare meglio come ci tocca danzare sull'orlo di un abisso. Partiamo dai bilanci delle banche italiane.

Per l'ex presidente di una grossa banca del Nord-Ovest, "Mosse come quella di Ghizzoni confermano che si può tranquillamente mettere a bilancio utili su utili per diversi esercizi consecutivi, fin quando arriva un altro management e decide di fare il Giubileo dei prestiti marci".

La volete leggere in modo un tantino più accademico? Non c'è problema. Ecco qui.
"Riuscire a determinare se i bilanci di una banca, soprattutto quando dispone di asset che si avvicinano o superano, in dimensione, il Pil del paese in cui opera, siano completamente trasparenti, è estremamente difficile. Di norma, solo il management della banca è in grado di stabilire quanti prestiti, o più in generale quante attività, sono di cattiva qualità. Ciò costituisce un tipico esempio di asimmetria informativa, per cui né gli analisti di mercato né le autorità di vigilanza sono in grado di avere un quadro preciso della situazione dei conti".

Parole scritte dall'economista Carlo Milani il 27 dicembre 2012, sul meritorio sito "Lavoce.info". Lo stile è più accademico, ma la sostanza non cambia.
La memoria è in realtà una delle poche difese contro questi bilanci confezionati da veri maestri dell'arte pasticcera per matrimoni di una volta: costruzioni a più piani, coperture di panna e ghirigori colorati, e sotto che Dio ce la mandi buona.

E allora torniamo indietro di 12 mesi soltanto. E' il 15 marzo 2013 quando Federico Ghizzoni incontra gli analisti per presentare i conti 2012. Con loro sottolinea il fatto che la banca da lui guidata ha adottato "la massima prudenza" sulle coperture, arrivata al 43,4% dei crediti deteriorati in Italia.

Quel giorno, il manager è orgoglioso di spiegare anche l'esito dell'ultima ispezione di Bankitalia: «Ci hanno controllato a campione 550 posizioni debitorie, e alla fine ci sono stati chiesti accantonamenti per 60 milioni che già avevamo previsto.

A un anno di distanza, Unicredit annuncia una perdita straordinaria di 15 miliardi sul bilancio 2013, con accantonamenti su crediti per 13,7 miliardi. E sempre il Sole 24 Ore, si affretta a informarci che a questo punto "il rapporto di copertura dei crediti deteriorati del gruppo va al 52%, tornando ai valori pre-crisi, di gran lunga "il più elevato in Italia e tra i migliori in Europa", come sottolinea il gruppo".

E non è di poco conto notare, sempre per tornare sul tema dell'asimmetria informativa dei bilanci bancari, che circa l'80% dei crediti deteriorati risalgono addirittura all'era di Alessandro Profumo, che ora per punizione guida un'altra banca "deteriorata" (il Monte dei Paschi di Siena), dopo essersene andato da Milano nel 2010 con 40 milioni di liquidazione. Nel 2010, mica ieri. Al confronto, il ritrovamento dello "scottante" documento sul derivato "Alexandria" nella cassaforte dei nuovi capi di Montepaschi è stata un'operazione fulminea.

"Unicredit ha comunque fatto la classica mossa del cavallo. Rischiava di essere travolta e ha sparato la botta degli accantonamenti: la distrazione di massa funziona anche sui mercati, almeno nel breve", ragiona un analista sotto garanzia di assoluto anonimato.

A questo punto viene solo da chiedersi se gli uomini di Ghizzoni siano stati più realisti del re, alla vigilia delle ispezioni europee, oppure se altri istituti italiani siano un po' imprudenti. O semplicemente nei guai.

I numeri dati ieri suggeriscono poi un secondo esercizio di memoria, forse più cheap ma non meno interessante.
"E' stato praticamente costruito mattone su mattone, con scientificità, pervicacia, costanza e maestria un buco di 14 miliardi di euro, un ammontare incredibile di debiti finanziari di cui dieci miliardi ai danni dei risparmiatori (...) E' stato sferrato un colpo duro alla credibilità internazionale della nostra economia". Questo è un brano dalla requisitoria finale del pm Carlo Nocerino al processo Parmalat.

Per carità, sia ben chiaro che qui non siamo di fronte a reati e nessuno ha rubato soldi a nessuno. Ma quella somma sparita nella voragine Parmalat, nel 2008 ci sembrava enorme e fu oggetto di alati dibattiti e causa della durezza della risposta penale. Oggi, quella stessa somma messa a bilancio come perdite da Unicredit nell'ultima trimestrale viene presentata come "l'inizio della svolta" di una banca "ora leader in Europa".

Insomma, a Piazza Cordusio si sono ingeriti una Parmalat con il sorriso stampato sulla faccia e tutto va bene. Nel paese dove tutti fanno i consulenti, conta di più sbandierare la "best practice" delle nude cifre.

Adesso, dopo la mossa comunque coraggiosa di Unicredit, tocca aspettare le altre banche e la loro disponibilità a seguire l'istituto guidato da Ghizzoni nella sullodata "best practice". Con 160 miliardi di sofferenze bancarie (fonte Bankitalia), destinate ad aumentare fino a quota 190 (stima Abi) nel 2015, fanno sorridere gli aumenti di capitale per 6 miliardi e mezzo finora ufficialmente previsti per il 2014. Metà sono del Montepaschi, poi ci sono in lista d'attesa il Banco popolare (1,5), Carige e Bpm.
Chissà dove saranno tutte quelle "nuove sofferenze". Solo guardando Sorgenia, Alitalia, Telecom e Tassara, viene il dubbio che non si nascondano nel Credito cooperativo di Massa Martana.

2. UNICREDIT, NEL BUCO DA 14 MILIARDI DI EURO SONO COMPRESE LE PERDITE DI ATF BANK ?
Elio Lannutti (Presidente Adusbef) per Dagospia

Nella ‘pulizia contabile' di crediti e avviamenti di Unicredit a chiusura del bilancio 2013, che ha prodotto un buco di 14 miliardi di euro, pari al crack della Parmalat ed un esubero di 8.500 lavoratori (5.700 in Italia) contro gli utili stimati a 400 milioni, sono comprese le avventure kazake dell'ex a.d. Alessandro Profumo, liquidato con un maxi assegno di 40 milioni di euro, il doppio di quanto gli sarebbe stato dovuto ?

Sarebbe importante conoscere come sono state appostate le perdite della Atf Bank, pagata nel giugno 2007 2 miliardi e 275 milioni di dollari (con una perdita di 1,7 miliardi di dollari), per soccorrere l'Eni, che aveva sforato il budget ed i tempi di consegna dei lavori per realizzare i pozzi nel giacimento di Kashagan, tanto che il presidente del Kazakistan Nazarbayev, decise di far pagare a Eni 10 miliardi di dollari di penali.

Nel giugno 2007 infatti, Unicredit annunciò l'acquisto di ATF Bank, la quinta banca kazaka dal proprietario che era il capo dello Staff di Nazarbayev, il presidente del Kazakistan, ad un prezzo di 2 miliardi e 275 milioni di dollari, quando il secondo offerente aveva proposto 850 milioni di dollari, generando sospetti che dentro quei 2,2 miliardi di dollari ci sarebbe stata una tangente per lo stesso Presidente, che da quel giorno tagliò le penali all' Eni.

Il presidente del consiglio Prodi, vola in Kazakistan con una delegazione composta da Paolo Scaroni dell' Eni ed Alessandro Profumo di Unicredit, che compra Atf strapagandola. Unicredit ha provato a venderla già un anno dopo averla comprata, ma nessuno la voleva.

Nel marzo 2013, uno sconosciuto uomo d'affari di 31 anni, Galimzan Yesenov, se la compra a un prezzo stracciato, 464 milioni di dollari con una perdita di 1,7 miliardi di dollari. Eni ha terminato i lavori nel giacimento di Kashagan nel settembre scorso con ben cinque anni di ritardo, con l'estrazione ancora ferma, al costo di 48 miliardi di dollari, più del doppio delle prime stime.

Chissà se le Procure della Repubblica di Milano e Roma, che hanno ricevuto gli esposti denunce dell'Adusbef, chiariranno il misterioso acquisto di una banca kazaka, che deve aver contributo al buco di 14 miliardi di euro nel bilancio Unicredit 2013, da parte del presidente del Monte dei Paschi di Siena ed affezionato consigliere di amministratore dell'Eni Alessandro Profumo.

 

 

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