MPS: TUTTE LE BUFALE DEL PRESTITO “FRESH” CHE UNA BANKITALIA DRAGHI-TARANTOLA NON HA VISTO (SICURI?)

1. MPS, SEGRETI E BUGIE DEL PRESTITO FRESH - E BANKITALIA SI FA BEFFARE DAI SENESI
Andrea Greco e Francesco Viviano per "La Repubblica"

L'inchiesta Mps-Antonveneta è centrata sul bond Fresh. Cinque dei sei capi d'imputazione - truffa, manipolazione, ostacolo alla vigilanza, falso in prospetto, false comunicazioni, illecito amministrativo - derivano dalla scorretta e omissiva gestione del prestito convertibile in azioni che Siena ideò nel 2008 per trovare il miliardo che le mancava a finanziare l'acquisizione dell'istituto padovano.

Ma le bugie sul Fresh sono anche la ragione che tiene Bankitalia e Consob fuori dall'indagine, malgrado certi aspetti dell'attività di vigilanza siano definiti «controversi », da alcuni imputati e da altri addetti ai lavori. L'accusa dei pm è che quel bond, che la banca spacciò come capitale, «in realtà doveva essere considerato strumento non innovativo » e pertanto non poteva concorrere al patrimonio Core tier 1. E i banchieri senesi truffarono e ostacolarono la vigilanza comunicando «dati materiali non rispondenti al vero» sull'emissione.

Ma le irregolarità di Mussari, Vigni & C sul Fresh non vanno disgiunte da un cambio di orientamento di Via Nazionale che, dopo una prima informale approvazione in base a cui fu lanciata l'operazione, a maggio 2008 chiese al Monte di renderne più aleatori i termini di remunerazione; revisione complessa, perché portava a rinegoziare con gli obbligazionisti condizioni peggiorative per loro.

Viene l'estate e il cantiere dell'acquisizione (compreso l'aumento di capitale da 6 miliardi) non deve fermarsi: tutto il sistema - anche il governo Berlusconi - spinge Antonveneta verso Siena. Ma gli obbligazionisti ancora nicchiano. Così il primo ottobre 2008 Mps concede un addendo contrattuale, firmato dal Cfo Pirondini, «in base al quale avrebbe corrisposto a Jp Morgan il canone di usufrutto eventualmente non erogato per effetto delle modifiche richieste da Banca d'Italia con lettera del 23 settembre 2008».

Un raggiro bello e buono alla vigilanza. Solo che quei 250 milioni pagati in quattro anni dai senesi a Jp Morgan (banca agente e mero tramite, che poi li girava agli obbligazionisti, tra cui fondazione Mps per 490 milioni) erano regolarmente previsti già dal contratto originario, noto alla vigilanza dal maggio 2008. Anzi Bankitalia, il cui scetticismo sul Fresh era crescente, chiese a Mps nell'autunno 2008 formali rassicurazioni che nessuna cedola fosse stata pagata agli obbligazionisti.

Mussari, Vigni e Pirondini risposero di no, mentendo: come da contratto del bond, le cedole a valere sull'utile 2007 di Mps erano già state pagate a luglio e ottobre, benché solo nel marzo 2009 l'assemblea dei soci Fresh approvò le modifiche. Nel frattempo i bilanci Mps tacevano quei pagamenti, con l'artificio del "sospeso di cassa". Come fu possibile che Bankitalia ignorasse quel contratto, e il fatto che senza pagare le cedole sarebbe scattato il default Mps? Ora i pm hanno buon gioco nel vedere le authority ingannate e chiedere il processo per i reati commessi pasticciando sul Fresh.

In attesa di capirne di più e difendersi, ieri diversi avvocati dagli 11 pre-imputati erano a Siena, ma non hanno potuto ritirare le 20 mila pagine depositate. La motivazione dice tanto di Siena, e del paese: servivano 10mila euro in marche da bollo a testa per ritirare gli atti dalla Cancelleria, che chiudeva alle 17. E neanche setacciando tutte le tabaccherie cittadine i legali sono riusciti a trovare abbastanza marche, e le richieste di ritiro atti sono rimaste inevase.


2. "BANKITALIA CHIESE A MPS DI FARE LE COSE PER BENE" - ANNA MARIA TARANTOLA ERA IL NUMERO UNO DELLA VIGILANZA: "SULL'ACQUISIZIONE ANTONVENETA MI PREOCCUPAVA LA LIQUIDITÀ"
Guido Ruotolo per "la Stampa"

C'è un passaggio nella ricostruzione della inchiesta fatta l'altro giorno dai pm nella conferenza stampa, che riguarda la Vigilanza di Banca d'Italia, a proposito della raccolta del miliardo di euro da Jp Morgan. In quel passaggio si afferma che a Palazzo Koch «quella operazione è stata rappresentata senza alcun rischio per Mps, altrimenti non lo avrebbe computato nel patrimonio di vigilanza della banca imponendo alla stessa di trovare in altro modo lo stesso importo, circostanza di difficile praticabilità in quel contesto».

Nel corso dell'inchiesta sull'acquisizione di Antonveneta sono stati sentiti negli uffici della Procura anche l'ex capo della Vigilanza di Bankitalia nel biennio 2007/2008, Anna Maria Tarantola, oggi presidente della Rai, e il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, già direttore generale di palazzo Koch. E anche Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior, rappresentante in Italia di quel Banco di Santander che vende a Mps Antonveneta.

Dice Anna Maria Tarantola: «Ricordo di avere incontrato il dottor Vigni (direttore generale di Mps, ndr), per l'acquisizione di Antonveneta. Non ricordo, ma non escludo, di avere avuto incontri prima della presentazione dell'istanza di autorizzazione da parte della banca». I pm leggono un appunto di Vigni sull'incontro avuto con Banca d'Italia il 22 novembre del 2007.

«Adesso ricordo - dice ancora Tarantola - di quell'incontro. La Vigilanza affrontò tre specifici argomenti: l'adeguatezza patrimoniale, la liquidità e l'organizzazione. Non ricordo, ma non lo escludo, se in quell'occasione si discusse anche della Fondazione. E' possibile che sia stato affrontato l'argomento: volevamo capire se la Fondazione, azionista di maggioranza, fosse in grado di sottoscrivere la propria quota dell'aumento di capitale».

La Procura legge gli appunti nell'agenda di Vigni in data 26 novembre del 2007. «Adesso ricordo l'incontro tenutosi con il governatore Draghi, nel suo ufficio. Per Mps erano presenti il presidente Mussari e il dg Vigni. Mussari illustrò l'operazione affermando la coerenza con il piano industriale e strategico. Ricordo, perché è un mio pallino, di aver toccato il problema della liquidità. Nell'occasione si discusse probabilmente anche del ruolo della Fondazione in relazione alle operazioni di rafforzamento patrimoniale.

Ci raccomandammo con i vertici Mps di "fare per bene" l'acquisizione. Non sono in grado di dire perché Vigni segna nella sua agenda "Bankit sarà al vs. fianco". Sicuramente abbiamo detto che Banca d'Italia li avrebbe seguiti e che li avrebbe indirizzati». Si passa così a Fabrizio Saccomanni.

Quando si perfezionò l'accordo tra il Banco di Santander e Mps per l'acquisizione di Antonveneta, e Palazzo Koch concesse la sua autorizzazione, il ministro dell'Economia era direttore generale di Banca d'Italia. «Alcuni giorni prima dell'autorizzazione, a inizio marzo 2008, vi fu un incontro in Banca d'Italia con i vertici di Mps, al quale partecipai. All'incontro erano presenti il Governatore Draghi, il sottoscritto, se mal non ricordo, la dottoressa Tarantola per Banca d'Italia, l'avvocato Mussari e il dottor Vigni per Mps.

In quell'occasione Mussari e Vigni caldeggiarono la bontà delle operazioni di rafforzamento patrimoniale che la banca aveva effettuato per acquisire Antonveneta e per rispettare i limiti della normativa».

Saccomanni prosegue ricordando che nel corso dell'incontro con il governatore Draghi, Mussari e Vigni «confermarono che la Fondazione avrebbe aderito per la sua quota all'aumento di capitale e illustrarono l'operazione collegata all'aumento di capitale riservato a JP Morgan affermando che secondo loro rispettava i criteri per essere considerato patrimonio di vigilanza. Noi ascoltammo e non assicurammo alcunché ai nostri interlocutori. I due non ci informarono che la Fondazione avrebbe sottoscritto indirettamente il convertibile collegato riservato a JP Morgan. Non ho memoria di altri incontri».

Ma sull'agenda sequestrata a Vigni c'è un appunto su un incontro con Saccomanni. «Non ricordo l'incontro. Non lo escludo. Non ci fu segnalato che Mps aveva acquisito Antonveneta senza due diligence. Quanto alla frase "Bankit sarà al vostro fianco" ritengo si tratti di un auspicio di Vigni».

L'ex banchiere del Vaticano, Ettore Gotti Tedeschi, dal 1992 è responsabile di Banco Santander in Italia. Racconta: «La fusione con un'altra banca italiana, avrebbe permesso a Banco Santander di rimanere in Italia con una presenza strategica. Individuai in Mps l'interlocutore idoneo. Contattai l'avvocato Mussari che incontrai a Roma il 30 maggio del 2007. Prospettai a Mussari che Banco Santander era in procinto di acquisire Antonveneta e che se avesse deciso di voler rimanere in Italia, avrebbe potuto manifestare un interesse a una fusione con Mps e alla creazione del terzo gruppo bancario italiano. Mussari si dimostrò molto interessato alla mia proposta».

 

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