SIAMO NAGEL O GENERALI? - PER CASO IL RUOLO DI AZIONISTA DI RIFERIMENTO (LA MEDIOBANCA DI NAGEL LO E’ DI GENERALI) È UN CONCETTO CHE SERVE AD ELUDERE LE RESPONSABILITÀ FORMALI CHE UNO ALTRIMENTI AVREBBE COME AMMINISTRATORE? NELL’ITALIA DEI CAPITALISTI FURBETTI IL DUBBIO VIENE - UNO FA L’AZIONISTA DI RIFERIMENTO, GOVERNA I PATTI DI SINDACATI, DECIDE DI TUTTO E DI PIÙ POI FORMALMENTE A DELIBERARE E RISPONDERE SONO GLI AMMINISTRATORI. VOGLIAMO PARLARNE? - LA LETTERA INTEGRALE DI PERISSINOTTO CON IL DURISSIMO ATTACCO A MEDIOBANCA....

SIAMO NAGEL O GENERALI?
Bankomat per Dagospia


Ma per caso il ruolo di azionista di riferimento è un concetto che serve ad eludere le responsabilità formali che uno altrimenti avrebbe come amministratore? Sarà mica così vero?

No, perché nell'Italia dei capitalisti furbetti il dubbio viene.
Uno fa l'azionista di riferimento, governa i patti di sindacati, decide di tutto e di più poi formalmente a deliberare e rispondere sono gli amministratori. Vogliamo parlarne?

Leggete la lettera di Perissinotto, oggi pubblicata dal Sole 24 Ore sul sito internet, con la quale l'amministratore delegato di Generali si lamenta del ruolo di Mediobanca che da sempre è il padrone di fatto della Compagnia, che orchestra tutto dietro le quinte (e neppure tanto di nascosto) ma nessuno ne trae le conseguenze. Obbligando Mediobanca ad esempio a consolidarne i conti.

La rissa delle Generali, come ben osservato già da tempo proprio da questo sito, altro non è che un regolamento di conti a favore di Alberto Nagel, che voleva la provincia dell'Impero schierata a suo fianco nella partita Ligresti. Partita che nagel non può perdere, avendo appoggiato gli affari di Ligresti oltre ogni logica. Non si vuole qui esaminare meriti o demeriti di Perissinotto. Ed è lecito che un consiglio di amministrazione chieda conto ad un amministratore delegato.

Il tema su cui vorremmo pungolarvi è un altro, e riguarda anche tante altre realtà del mondo societario nostrano. Chi comanda davvero poi ne risponde in maniera proporzionale? Geronzi era un maestro nel comandare senza comandare. Lo hanno fatto fuori male da Generali, ma del resto chi di spada ferisce di spada perisce.

I Ligresti sono abituati a comandare nello stesso modo di Mediobanca. E infatti....

Ma anche altrove si tende a comandare dietro le quinte, cercando di non assumersi le relative responsabilità.

L'apoteosi di questo sono i patti di sindacato, che quando li aboliremo sarà sempre troppo tardi. Le storie da telenovela del Corriere sono lì a dimostrarlo tutti i giorni. A quando una legge che allinei le responsabilità dei componenti di un patto di sindacato a quelle degli amministratori? Perché mai un consiglio di amministrazione dovrebbe attenersi alle indicazioni di un patto di sindacato ? O peggio, alle indicazioni ricevute da un azionista a cena?

Si dirà che è giusto che un azionista comandi. Sì e no. Se vuole comandare fa l'amministratore, e nel caso di gruppi perché non ci si assume la responsabilità di dire che c'è indirizzo ed controllo?

Se invece si vuole fare i paraculi (termine giuridico che andrebbe sdoganato e che dovrebbe trovare anche giuste valenze di responsabilità legale) questo il sistema non lo deve più consentire.

E ci sono gli strumenti. I comitati di controllo interno, i consiglieri indipendenti, tutti soggetti che devono cominciare a fare gli adulti.

Ma anche la Consob e quando serve le Procure, si adeguino alla realtà dei fatti: l'italia è piena di soci che vogliono comandare senza apparire. Si rispolveri il ruolo di amministratore di fatto.

2- LA LETTERA DI PERISSINOTTO AI CONSIGLIERI DELLE ASSICURAZIONI GENERALI


Giovanni Perissinotto

Group CEO


Illustri consiglieri


Ho preso atto della prossima convocazione del nostro consiglio di amministrazione avvenuta ad opera del Presidente in presenza di una pretesa e non meglio specificata urgenza e con l'indicazione di un ordine del giorno che rimanda a norme del codice civile in maniera del tutto generica e indeterminata.

Alla luce di un incontro al quale sono stato convocato mercoledì scorso dal Presidente e Amministratore delegato di Mediobanca posso immaginare, almeno parzialmente, che a discussione del prossimo consiglio riguarderà una mozione di sfiducia espressa dal suddetto socio nei miei confronti quale CEO di Generali.

Voglio pertanto provvedere a fornire a tutti voi una informativa su! tema di discussione in questione, affinché almeno in parte Si possa colmare ii vizio procedurale caratterizzato da una convocazione, irrituale del consiglio e voi possiate pertanto sia pure parzialmente essere messi nella condizione di discutere e deliberare in modo consapevole e informato.

Esprimo anzitutto la mia incredulità perché - in un momento cosi impegnativo e delicato sia per le Assicurazioni Generali che per il Paese del cui sistema finanziario Generali è una parte importante - il nostro socio di maggioranza relativa ritenga appropriato e consigliabile mettere ancora una volta i propri interessi sopra quelli della Compagnia, dei suoi assicurati, dei suoi impiegati e della stragrande maggioranza dei suoi azionisti.

Nonostante negli anni io abbia mio malgrado preso atto che Mediobanca ritiene di avere diritti speciali sul destino di questo Gruppo, sono ancora incredulo di fronte a quanto mi è stato comunicato dal socio Mediobanca lo scorso mercoledì, ovvero che gli amministratori su cui detto socio ritiene di esercitare una speciale influenza non avrebbero più fiducia nella mia leadership. E' lontana da me l'idea di mettere a salvaguardia della mia personale posizione sopra gli interessi di Assicurazioni Generali. Chiunque può darmi atto che negli ormai decenni di servizio in questa Compagnia non ho mai confuso cosa fosse buono per me o per il Gruppo.

Mi aspetto che di vedermi contestato il fatto che le performance dell'azione Generali sono state negli ultimi tempi insoddisfacenti. E io non posso che condividere questo punto. Tuttavia anche la più superficiale delle analisi dirà che questo non è iI risultato di errori di gestione, ma è direttamente legato alla percezione dei mercati della nostra storica, attuale e significativa esposizione verso l'Italia e al fatto che siamo stati e rimaniamo leali sostenitori del debito sovrano del Governo italiano.

La riprova di ciò si ricava da una comparazione con I risultati del nostri principali competitors quali, a tutti e noto, si sono giovati di ingenti immissioni di mezzi propri al contrarlo della nostra Compagnia che, per volere anche e soprattutto del suo socio di riferimento, non ha voluto scegliere questa strada. Volere dare spiegazioni differenti da questa sarebbe intellettualmente disonesto.

Vorrei inoltre ricordare che in tutti questi anni e anche in tempi recenti, vari tentativi del management di Generali di diversificare II nostro rischio verso le nuove aree del mondo a maggiore crescita sono stati ostacolati dalI'azionista di riferimento. La mia impressione è che questo sia avvenuto non tanto per la preoccupazione sul futuro di Generali quanto piuttosto perché questo avrebbe potuto comportare una diluizione nel nostro azionariato e ridotto i'influenza sul Gruppo dell'azionista Mediobanca, alla luce della sua evidente indisponibilità a sottoscrivere un aumento di capitale.

So che l'indipendenza che io assieme al management abbiamo sempre cercato di perseguire è stata talvolta di poco aiuto a! ruolo sistemico che alcuni ritengono Mediobanca dovrebbe giocare nel nostro Paese. Ma ho sempre considerato questo problema come un problema del nostro azionista e non nostro. E' tuttavia chiaro per me che, in tempi recenti, questa indipendenza di spirito e di azione ha provocato un irrazionale sospetto da parte del management di Mediobanca.

Mi riferisco ovviamente alI'attuale transazione fra Unipol e Fonsai che Mediobanca sta sponsorizzando. Mentre io ho seri dubbi sulla visione strategica di questa operazione, non solo per la inquietante prova che non si può certo ignorare riguardante la salute finanziaria di quello che dovrebbe essere il salvatore; al contrario di quella che sembra essere la convinzione del top management di Mediobanca lo non reputo che sarebbe corretto per me essere coinvolto in alcun modo nella vicenda Fonsai.

In ogni caso, è evidente che la errata convinzione che io abbia in qualche modo aiutato o più precisamente non abbia esercitato Ia mia influenza per evitare la partecipazione di una parte in transazioni che 'minacciano" interessi vitali per Mediobanca sia all'origine della mozione di sfiducia mossami quale CEO di Generali. Non ho dubbi che dal nostro azionista di riferimento abbia già individuato un candidato "presentabile' per ricoprire la posizione di CEO in Generali e scelto all'esterno del nostro Gruppo.

Tuttavia per quanto questa persona possa essere rispettabile, la sua scelta non potrà fare a meno di essere "inquinata dal fatto che la sua nomina è dettata da logiche che prescindono valutazioni di business.

In conclusione, voglio anticipare a tutti voi consiglieri che non ho alcuna intenzione di accogliere Ia mozione di sfiducia anticipatami dalI'azionista Mediobanca e di presentare le mie dimissioni dalla posizione di Group Chief Executive. Ciò per la semplice ragione che non esiste un motivo oggettivo per farlo; per Ia verità, al la luce di quanto ho scritto prima, ci sono tutte le ragioni per non farlo.

Considerando lo scenario estremamente volatile in cui stiamo operando - con un certo successo, potrei aggiungere - faccio semplicemente notare che qualsiasi mossa in grado di destabilizzare la pi grande istituzione finanziaria del Paese nella percezione del mercato, sarebbe quantomeno inappropriata.


Trieste, 31 maggio 2012

 

 

 

Giovanni Perissinotto ALBERTO NAGEL E RENATO PAGLIAROSalvatore LigrestiPERISSINOTTO-GALATERI-BALBINOTSEDE GENERALIGeneraliCesare Geronzi

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