1. DA CUCCIA-LIGRESTI A NAGEL-LIGRESTI: ASCESA E CADUTA DI MEDIOBANCA DEI POTERI FORTI 2. PARLA JONELLA LIGRESTI: FU NAGEL A DETTARE IL “PAPELLO” CHE GARANTIVA LA FAMIGLIA 2. IL GRAN CAPO DI MEDIOBANCA È INDAGATO PER OSTACOLO ALLA VIGILANZA, PERCHÉ IL DOCUMENTO-CHIAVE NELLA FUSIONE UNIPOL-FONSAI FU AFFIDATO ALL’AVVOCATO ROSSELLO E NASCOSTO IN CASSAFORTE, INVECE DI ESSERE NOTIFICATO ALLA CONSOB E AGLI AZIONISTI 3. UN ACCORDO NON DA POCO: “45 MILIONI NETTI” PIÙ “700 MILA L’ANNO PER CINQUE ANNI 4. SE NAGEL NON AVESSE "SPINTO" LA FONSAI DI LIGRESTI, INDEBITATISSIMA CON MEDIOBANCA, TRA LE BRACCIA DI UNIPOL, ANCH'ESSA CARICA DI DEBITI VERSO PIAZZETTA CUCCIA, MEDIOBANCA ORA SAREBBE IN GRAVISSIME DIFFICOLTA' (IL RUOLO DEFILATO DI PAGLIARO) 5. LA DOPPIA FACCIA DELLA PROCURA DI MILANO: LIGRESTI IN GALERA, NAGEL INDAGATO

1. I LIGRESTI CONTRO NAGEL: LUI DETTÒ IL PAPELLO

Gianni Barbacetto e Gaia Scacciavillani per “il Fatto Quotidiano

 

Alberto Nagel article Alberto Nagel article

Alberto Nagel aspetta di sapere se sarà rinviato a giudizio per ostacolo alle autorità di vigilanza. Sarebbe un fardello pesante, per l’amministratore delegato di Mediobanca. Per il suo difensore, il professor Mario Zanchetti, i documenti che il pm Luigi Orsi ha depositato al termine di 27 mesi d’indagini non contengono nulla che provi il reato: la Consob non è stata tenuta all’oscuro di un patto segreto tra Nagel e Salvatore Ligresti, perché non c’è stato alcun patto segreto, alcun contratto nascosto.

 

Il cosiddetto “papello”, firmato dal numero uno di Mediobanca il 17 maggio 2012, era soltanto un foglietto di carta con i desideri (irrealizzabili) della famiglia Ligresti che stava per uscire di scena. Lo dice nel suo interrogatorio del 13 luglio 2012 la stessa Jonella Ligresti, figlia di Salvatore: Nagel si sarebbe impegnato soltanto a “cercare per quanto nelle sue possibilità di dar seguito a quegli accordi”.

 

ALBERTO NAGEL E SALVATORE LIGRESTIALBERTO NAGEL E SALVATORE LIGRESTI

   Non è un contratto, dunque, ma soltanto una vaga promessa strappata controvoglia, quella di riconoscere “45 milioni netti” più “700 mila euro all’anno per cinque anni a testa” per quattro membri della famiglia, buonuscite e consulenze per i figli Jonella, Giulia e Paolo Ligresti; contratto con Hines per Salvatore; più uso gratuito di uffici e foresterie a Milano e del Tanka Village in Sardegna. Per i Ligresti, invece, quelle non erano le loro pretese, ma le proposte di Mediobanca per farli uscire di scena.

 

ALBERTO NAGEL ALBERTO NAGEL

   Il patto viene scritto a mano da Jonella, firmato da Nagel e Salvatore e poi, per il pm, “nascosto in cassaforte dall’avvocato Cristina Rossello, segretario del patto di sindacato di Mediobanca”, senza comunicare alla Consob le promesse fatte. Rossello, nel suo interrogatorio a Orsi, racconta che “Ligresti sembrava un leone ferito” e diceva che lui “era stato in galera ai tempi di Tangentopoli e non aveva fatto nomi, per non tradire la fedeltà a Mediobanca”: come a sottolineare l’ingratitudine dei banchieri che ora lo mettevano da parte.

 

Per ricostruire i rapporti tra Mediobanca (registra dell’operazione che estromette i Ligresti e consegna le loro aziende a Unipol) e Consob (la commissione che dovrebbe vigilare sul mercato ma che è invece sospettata dal pm di aver fiancheggiato la banca di Nagel), Orsi mette sotto controllo, dal 6 dicembre 2013 al 3 marzo 2014, i telefoni di Stefano Vincenzi. È il capo dell’ufficio legale di Mediobanca, l’uomo che tiene i rapporti con la commissione guidata da Giuseppe Vegas. Vincenzi parla soprattutto con Angelo Apponi, il braccio destro del presidente Consob. Ma il “papello” è del 2012, due anni dopo i giochi sono ormai fatti.

ligresti salvatoreligresti salvatore

 

NEL “MEMORIALE” di Giulia Ligresti, sequestrato dai pm torinesi a casa della figlia di Salvatore e poi consegnato anche a Orsi, viene ricostruita, giorno per giorno , l’operazione che porta la famiglia a perdere il controllo del gruppo. Il primo colpo, secondo questa ricostruzione, arriva già nel 2011 da Piergiorgio Peluso, il figlio dell’ex ministro Anna Maria Cancellieri, amica della famiglia. Peluso, accettato come direttore generale di Fonsai, è accusato di essere un traditore, il “cavallo di Troia” di Mediobanca.

 

Vende una quota di Fonsai al fondo Amber, che entra in partita e lancia i primi siluri contro la compagnia assicurativa, denunciando una serie di operazioni ritenute illegittime. Tre giorni dopo, arriva la Consob a chiedere i primi chiarimenti. Nello stesso periodo, Peluso decide con le banche un nuovo aumento di capitale per Fonsai che parte da 400 milioni e arriva, nel gennaio 2012, alla cifra record di 1,1 miliardi. La vicenda precipita tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Salta il primo piano di salvataggio del gruppo. Premono Consob e Isvap (l’Autorità di controllo sulle assicurazioni). “Apponi e Vegas”, si legge nel memoriale, “hanno comunicato che la procura non vuole che i 4L (i quattro Ligresti, ndr) abbiano benefici economici”.

Salvatore LigrestiSalvatore Ligresti

 

   Gerardo Braggiotti (advisor di Premafin) dice ai Ligresti: “Non solo per Nagel siete già morti, ma vi ha già fatto il funerale con Unipol”. Le ore diventano concitate, nella “coincidenza del termine imposto dall’Isvap con la tempistica frettolosa imposta da Mediobanca”. Il 27 gennaio sono strepiti in famiglia: “L’avvocato Giuseppe Lombardi, alterato, urla a Paolo Ligresti che non si può lavorare in quel modo, che è un irresponsabile e che se non cambia idea lui manderà in vacanza la sua squadra”. Il 28, Federico Ghizzoni (ad di Unicredit) “riferisce a Jonella Ligresti che è al corrente già da due giorni dell’orientamento informale di Consob in merito alla necessità di modificare l’operazione”. Ma è sempre il 28 gennaio che “Nagel, Pagliaro, Ghizzoni, Cimbri garantiscono ai 4, alla presenza e assistiti dall’avvocato Marco De Luca e Braggiotti”, i contenuti del “papello”.

 

   Poi si va verso il matrimonio con Unipol, senza alcuna garanzia per i Ligresti. Tranne quei tre foglietti chiusi nella cassaforte di Mediobanca che ora potrebbero costare a Nagel un rinvio a giudizio.

 

2. INCHIESTA FONSAI, IL MISTERO DEL PAPELLO

Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera

 

jonella e salvatore ligrestijonella e salvatore ligresti

Il capo delle relazioni istituzionali di Mediobanca, Stefano Vincenzi, intercettato (non come indagato ma come persona di interesse investigativo) per 4 mesi nel 2013/2014. E il segretario del patto di sindacato di Mediobanca, avvocato Cristina Rossello, in imbarazzo il 24 luglio 2012 su una nota che prima consegna al pm con data 18 maggio 2012, ma poi finisce per rettificare d’aver in realtà scritto solo il 19 luglio all’esito della sua prima chiamata in Procura come teste.

 

Sono le due novità che emergono dagli atti depositati venerdì a conclusione dell’inchiesta nella quale il pm milanese Luigi Orsi contesta a Salvatore Ligresti e all’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, l’ipotesi di reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza della Consob per non aver divulgato l’esistenza il 17 maggio 2012 del «papello»: l’elenco — rivelato da Jonella Ligresti e da lei indirettamente documentato registrando di nascosto il 19 luglio 2012 una provocata conversazione proprio con la custode (Rossello) di quel foglio — delle richieste di buonuscita, poi mai esaudite da Mediobanca, alle quali la famiglia Ligresti vincolava il proprio farsi da parte in vista della fusione Unipol-Fonsai.

JONELLA LIGRESTI resize JONELLA LIGRESTI resize

 

Vincenzi — si intuisce ora dagli atti — era stato indirettamente «ascoltato» nel giugno 2012 quando, nell’inchiesta sulla presunta corruzione dell’Isvap di Giancarlo Giannini da parte di Ligresti, conversava con l’intercettato vicedirettore generale Isvap, Flavia Mazzarella, in termini apparsi agli inquirenti di «eccesso di confidenza e informalità», da «plenipotenziario di Mediobanca» sulla sorte di Fondiaria. Così il pm il 3 dicembre 2013 chiede al gip di intercettarlo perché «il mercato sa che Mediobanca è attore della vicenda Fondiaria, essendone grande creditore», ma «non sa con quali modalità relazionali Mediobanca coltivi i suoi interessi nella vicenda».

 

Questa motivazione, però, alla prova dei fatti non trova riscontri, perché Vincenzi parla con chi è normale nel suo incarico, tanto che le intercettazioni del suo cellulare vengono staccate a marzo 2014, senza che Vincenzi sia indagato o che per le sue telefonate altri lo siano. E di tutte le sue conversazioni, la Procura fa trascrivere soltanto alcune telefonate in cui scambia appuntamenti di persona o su telefono fisso con un dirigente Consob nella divisione emittenti, Angelo Apponi.

 

ROSSELLO donne futuro ROSSELLO donne futuro

In tinte invece quasi shakespeariane il 24 luglio 2012 l’avvocato Rossello (che è anche una dei divorzisti di Silvio Berlusconi) dipinge al pm Orsi, dopo essere stata sciolta dall’invocato segreto professionale, la riunione cruciale sul «papello» del 17 maggio 2012 con Nagel, Ligresti padre e figlia. Da un lato vede «Ligresti quasi spaventato, quasi in balia della situazione» (Nagel aggiungerà poi che temette addirittura si volesse suicidare), «sembrava un leone ferito, disse che la sua preoccupazione era salvare i suoi figli e che questo Mediobanca glielo doveva, disse che era stato in prigione all’epoca di Tangentopoli e non aveva fatto il nome di alcuno».

 

Dall’altro lato vede «Nagel in imbarazzo, sembrava dispiaciuto per la condizione in cui si trovava l’ingegnere», ma «disse, sia pure in modo rispettoso e non arrogante, che le richieste condensate da Ligresti» nel foglio «gli sembravano illecite e non fattibili, e che tuttavia si sarebbe assunto l’impegno morale di verificare se e quali delle clausole potessero essere oggetto di accordo», pur precisando «che dovevano essere indirizzate a Cimbri (Unipol, ndr) e agli altri soggetti coinvolti nel salvataggio» (Unicredit, ndr). Al che «l’ingegnere mi si rivolse dicendo, tre volte, “mi basta”».

ROSSELLO ROSSELLO

 

E «a quel punto — conclude la custode del papello per conto sia di Ligresti sia di Nagel — fui incaricata di verificare cosa si potesse salvare di quelle richieste». Niente di niente, si risponde Rossello. E al pm spiega perciò di aver l’indomani 18 maggio «redatto e indirizzato a Nagel un appunto che produco», nel quale rilevava che le richieste dei Ligresti «non erano accoglibili»: i 45 milioni di euro per il 30% di Premafin perché la quota non era allo stato disponibile, i 700.000 euro l’anno a testa per 5 anni perché c’erano contestazioni su queste buonuscite, altre clausole perché esulavano da Mediobanca e riguardavano se mai altri.

 

LUIGI ORSILUIGI ORSI

Ma quando il pm incalza la teste su come e quando avesse scritto la nota a Nagel, la legale vacilla. Prima rettifica che l’appunto non fu mai consegnato a Nagel ma «credo di avergli dato informazione orale, leggendogli appunti che avevo preso a suo tempo». Poi ammette che questa nota consegnata il 24 luglio 2012 al pm e asseritamente datata 18 maggio «non è stata da me digitata il 18 maggio ma recentemente, dopo che Lei mi ha sentito lo scorso 19 luglio» (5 giorni prima), quando «ho ricopiato appunti che avevo già preso e comunicato a Nagel» ma che ora «non ho più, li ho strappati».

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