IL PAPELLO DI NEGO NAGEL: GARANTITI SOLDI, UFFICI E VACANZE. ASSICURATI 45 MILIONI PER IL 30% DI PREMAFIN. AI QUATTRO LIGRESTI 700 MILA EURO A TESTA PER 5 ANNI, ETC. IL TUTTO IN BARBA ALLA CONSOB E AI PICCOLI AZIONISTI. LA FIRMA DELL’AD DI MEDIO-SBANCA VERGATA A SUA INSAPUTA?

1-FONSAI-UNIPOL - I NUMERI MISTERIOSI DELLA MAXI-FUSIONE
Gianni Barbacetto e Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"

La Bicamerale della finanza fallì nel 2005, ma oggi sta per realizzare i suoi progetti. Unipol, la compagnia assicurativa delle cooperative "rosse" guidata da Carlo Cimbri, sta per concludere la fusione con Fondiaria-Sai, recuperata dal morente gruppo Ligresti: diventerà il secondo gruppo assicurativo italiano.

Nell'estate dei "Furbetti del quartierino", il progetto di conquistare la Bnl, a sinistra, mentre a destra si scalavano Antonveneta e Corriere della Sera, fallì e la Unipol di Gianni Consorte dovette ritirarsi sconfitta. A Piero Fassino, allora segretario dei Ds, restò la soddisfazione di un momento ("Abbiamo una banca!"), che in poche settimane svanì.

Ma ora la Grande Unipol sta diventando realtà, in un contesto ben diverso da quello del 2005: quasi nessuno osa fare le pulci a un'operazione che coinvolge Unipol, Fonsai, Mediobanca, Unicredit, Consob e Ivass (il nuovo istituto per la vigilanza sulle assicurazioni), in un contesto politico di larghe intese che cerca di far dimenticare i numerosi punti critici. A partire da una domanda: quali sono i veri conti di Unipol nel momento in cui si porta a casa Fonsai?

Tutto nasce nel 2012, dalla crisi del gruppo di Salvatore Ligresti. La nuova Mediobanca di Alberto Nagel, in accordo con Unicredit, chiude i rubinetti del credito a don Salvatore e decide di "salvare" Fonsai passandola a Cimbri. Ma se il medico fosse più malato del paziente?

Lo ha sostenuto una valutazione firmata da Ernst&Young, che redige uno studio (su incarico di Fondiaria, quindi di parte) in cui si argomenta che Unipol avrebbe a fine 2011 un patrimonio netto rettificato di 302 milioni, ben lontano da quello scritto a bilancio come patrimonio contabile (1,1 miliardi di euro). Ma che il valore intrinseco della società sarebbe addirittura negativo.

Dubbi sui conti vengono sollevati anche da dentro la Consob: secondo l'ufficio Analisi quantitative guidato da Marcello Minenna, il bilancio 2011 di Unipol non avrebbe contabilizzato 2 o 300 milioni di perdite relative a titoli strutturati. Le perdite potrebbero però essere maggiori, visto che non c'è chiarezza sui titoli infilati nel portafoglio della compagnia bolognese.

Queste notizie, filtrate sulla stampa, provocano la reazione di Luigi Orsi, il pm che da Milano indaga sul buco del gruppo Ligresti. Già nel luglio 2012, dopo la diffusione dello studio Ernst&Young, il magistrato manda una lettera a Giuseppe Vegas, presidente della Consob, chiedendo chiarimenti.

Vegas risponde che la Consob sta lavorando e che farà sapere. Qualche settimana dopo, il 18 dicembre 2012, sul sito di Unipol compare un comunicato: la compagnia, su richiesta della Consob, svaluterà alcuni derivati dal valore controverso, con un'operazione che a bilancio 2012 vale una quarantina di milioni. Il 17 aprile 2013 Orsi invia a Vegas, via fax, una seconda lettera in cui chiede, come gli permette la legge, spiegazioni sulla vicenda. A che cosa si riferisce Unipol? Quali titoli strutturati ha svalutato? Glieli ha indicati la Consob? Chi ne ha fatto la valutazione di valore? La risposta arriva il 16 maggio.

Con periodare proustiano, la Consob fa intendere di non avere per il momento dato indicazioni precise perché sta ancora lavorando sulla partita. Di certo c'è che il 17 aprile (lo stesso giorno in cui il pm invia il fax alla Consob), l'agenzia guidata da Vegas chiede a Unipol di recepire anche nel bilancio 2011 "la correzione della classificazione e valutazione dei titoli strutturati adottata nel bilancio consolidato 2012".

Unipol risponde con il suo comunicato del 24 aprile 2013 in cui dice che le correzioni avrebbero un impatto "trascurabile" sul valore dell'attivo patrimoniale e che, essendo aumentati i ricavi, l'utile consolidato 2012 è aumentato di 28 milioni rispetto a quanto comunicato precedentemente.

Comunque la compagnia annuncia di aver realizzato un ulteriore adeguamento dei valori di 48 titoli, con conseguente riduzione del valore di mercato della compagnia di 240 milioni di euro. Il comunicato, concordato con Consob, non dice che oltre 230 milioni di quella rettifica ex post del patrimonio sono frutto della riconsiderazione di un solo derivato. Il che lascia aperti interrogativi sull'esito finale della verifica di tutti i derivati.

Intanto, dentro la Consob, quel Marcello Minenna che sta facendo le pulci ai conti Unipol comincia ad avere grosse difficoltà a continuare il suo lavoro. Per metterlo in cattiva luce, lo sommergono di accuse (infondate): di fare lezioni all'università nell'orario di lavoro, di passare notizie ai giornalisti (vengono in mente Giovanni Castaldi e Claudio Clemente, i due funzionari di Bankitalia che nel 2005 dei "Furbetti" si opposero al governatore Antonio Fazio). Una fusione tra due società a valori falsi si chiamerebbe aggiotaggio. È dunque bene chiarire ogni dubbio, per non lasciare porte aperte ai malpensanti (tanti nel 2005, pochissimi oggi).

La vicenda si complica a causa delle carte di un'indagine antimafia della Procura di Roma sul porto di Ostia, affare in cui è coinvolto Donato Bruno, potente parlamentare Pdl. Vi si trovano intercettazioni in cui Dario Romagnoli, avvocato dello studio Tremonti e consulente di Unipol, racconta delle difficoltà incontrate da Minenna dentro la Consob di Vegas.

E vi si rintracciano notizie su una riunione a Bologna nel dicembre 2012 con la partecipazione di Romagnoli e di Emilio Spaziante, ex numero due della Guardia di finanza, oltre a un altro misterioso personaggio Consob. La fusione da cui dipende il futuro di Unipol si incrocia con un business in cui è coinvolto un deputato del Pdl. Una Bicamerale degli affari al tempo delle larghe intese?


ECCO L'ACCORDO SEGRETO LIGRESTI-MEDIOBANCA
Walter Galbiati per "La Repubblica"

È in bella scrittura, semplice e chiara, come le richieste che la mano di Jonella Ligresti verga per tutta la sua famiglia su due fogli bianchi in formato A4, affidati a suo padre. Lo chiama l'"Ing" nel papello e sarà lui stesso il 17 maggio 2012 a consegnarlo all'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel.

Sono le richieste che la banca d'affari dovrà tenere presente (e nascoste al mercato) affinché la famiglia approvi il passaggio del gruppo Fonsai nelle mani di Unipol. Un'operazione cara soprattutto a Mediobanca e a Unicredit per sistemare i conti aperti con la compagnia dei Ligresti, ormai sull'orlo del crac.

Il papello ha un titolo, sottolineato da Jonella «Accordi tra famiglia e Nagel, Pagliaro, Cimbri, Ghizzoni», rispettivamente i vertici di Piazzetta Cuccia, di Unipol e Unicredit. Si divide in due punti. Il primo regola la parte economica, molto più alta dei 45 milioni fino ad ora conosciuti, il secondo i benefit che i Ligresti vogliono continuare ad avere anche dopo la cessione di Fonsai. Innanzitutto «45 milioni per il 30% di Premafin», ai quali si sommano gli emolumenti personali per Salvatore, Jonella, e gli altri figli, Paolo e Giulia, indicati nel papello con la iniziale del nome: «Ai 4, 700mila euro all'anno per 5 anni a testa».

Inoltre: «J. buona uscita per la carica; G. buona uscita più consulenza in Compagnie Monegasque; P. buona uscita o dirigenza nella società svizzera; Ing. contratto con Hines». L'"Ing" è Salvatore, mentre la Hines è la società di Manfredi Catella, partecipata da Fonsai e candidata della prima ora a rilevare gli immobili delle due holding dei Ligresti, Imco e Sinergia, finite in bancarotta. Fin qui la parte economica pari, senza tenere conto delle buone uscite e dei contratti di consulenza, a quasi 60 milioni di euro.

I benefit non sono da meno e vanno a soddisfare le necessità lavorative e di vacanza della famiglia: «Uso gratuito per 5 anni degli uffici di Milano », quelli posti in via Locatelli e piazza Repubblica, con «segreterie attuali, autisti attuali, foresterie Milano e Roma, auto attualmente utilizzate». E per lo svago: «affitto per 5 anni appartamenti al Tanka con le situazioni di sempre (spiaggia ecc..); Fondazione Giulia Fondiaria con attuale dotazione, uso Cesarina e Cascina di Milano».

Nagel riceve il papello e lo firma, come ammette lui stesso a verbale «per presa visione», anche perché «Mediobanca poteva impegnarsi solo per la consulenza alla signora Giulia Ligresti». Secondo le ipotesi dell'accusa, invece, condotta a Milano dal pm Luigi Orsi, si tratterebbe di un accordo segreto tra la famiglia e Mediobanca per aggirare l'intervento del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che il 27 gennaio in un incontro con Nagel, Cimbri, gli avvocati e l'advisor dei Ligresti, Gerardo Braggiotti, aveva posto il veto a eventuali vantaggi al costruttore di Paternò nell'ambito del salvataggio di Fonsai. Il giorno dopo, gli stessi protagonisti si incontrano con Ghizzoni per renderlo partecipe dell'accordo.

Il numero uno di Unicredit nell'interrogatorio dell'8 marzo 2013 a Torino nega «di aver mai concluso nessun tipo di accordo con questi ultimi» e ribadisce di essere «estraneo a quanto riportato nel testo scritto, nonostante compaia il mio nome». Nagel invece è iscritto nel registro degli indagati per ostacolo alle autorità di vigilanza. I Ligresti sono finiti
agli arresti.

 

MARCO TRONCHETTI PROVERA E ALBERTO NAGEL FOTO BARILLARI ligresti ligresti big FONSAILA SEDE DI FONDIARIA SAI logo mediobanca LA SEDE DI MEDIOBANCA giuseppe vegas giuseppe vegas JONELLA LIGRESTI jonella e salvatore ligrestiJONELLA LIGRESTI PAOLA UGOLINI resize

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