PER RISANARE LA JP MORGAN SERVIREBBE HARRY POTTER! - TUTTA COLPA DI “VOLDEMORT”, ALIAS BRUNO IKSIL, IL TRADER CHE HA PIAZZATO IL DERIVATO AD ALTO RISCHIO AGLI INVESTITORI DI MEZZO MONDO MANDANDO IN TILT LA PRIMA BANCA D’AMERICA: QUANDO JAMIE DIMON S’È ACCORTO DELL’ESPOSIZIONE MILIARDARIA DELLA SUA BANCA, HA RICOMPRATO TUTTI I CONTRATTI GENERANDO UN BUCO DA OLTRE 2 MLD DI DOLLARI…

Marco Bianchi per "Panorama"

Jamie Dimon, amministratore delegato della JpMorgan, aveva appena intascato un bonus da 20,8 milioni di dollari quando ha dovuto chiedere scusa. Non per l'enorme somma ottenuta in un momento di crisi, ma per colpa di «Voldemort», che aveva fatto perdere alla sua azienda 2 miliardi di dollari. Forse 3. Voldemort è il cattivo di Harry Potter ed è il soprannome di un dipendente della JpMorgan che si è inventato un prodotto finanziario sofisticatissimo che ha venduto in quantità industriali a decine di investitori in giro per il mondo.

Il prodotto derivato si basava sull'andamento di un indice rappresentativo di 125 imprese americane: chi comprava scommetteva sul peggioramento dei bilanci di quelle aziende, Voldemort, invece, scommetteva sul loro miglioramento. Stop: le 20 righe che avete appena letto sembrerebbero essere state scritte 5 anni fa, quando le banche d'affari del pianeta facevano utili a camionate e i loro manager incassavano premi a palate salvo poi scoprire, dalla sera alla mattina, che qualche trader ragazzino aveva provocato buchi colossali nei bilanci.

Invece no, le 20 venti righe sono state scritte oggi, maggio 2012, a cinque anni di distanza dal collasso finanziario mondiale che ha mandato in fumo decine di milioni di posti di lavoro e fatto sprofondare l'Occidente in una crisi dalla quale una sua fetta importante non è ancora uscita. La storia di Voldemort, chiamato anche «la Balena di Londra», al secolo Bruno Iksil, 37 anni, di origine francese ma residente nella capitale britannica, è drammatica ma non grandiosa.

Piuttosto è meschina, ed è questa. Alla fine di febbraio Iksil, del quale non esiste nemmeno una foto, si è inventato un contratto di un paio di paginette basate su un modello matematico che permetteva alla sua banca di guadagnare centinaia di milioni di dollari ogni volta che riusciva a piazzarlo in grandi quantità. Iksil doveva essere particolarmente bravo se, secondo i dati diffusi dalla JpMorgan, poteva arrivare a fare utili per 126 milioni di dollari al giorno. Il giocattolino che si era inventato funzionava così bene che nessuno dei suoi supervisori aveva trovato nulla di disdicevole nel suo operato.

E tantomeno a nessuno era mai passata per il cervello l'ipotesi di mettere un freno alle vendite di Iksil, che pare abbiano contribuito in maniera sostanziosa ai 5,4 miliardi di utili che la JpMorgan ha fatto registrare solo nel primo trimestre del 2012. Il giocattolino si rompe il 6 aprile quando Dimon, presidente e amministratore delegato, legge sul Wall Street Journal un articolo sulle enormi posizioni che un suo dipendente, Voldemort appunto, aveva preso sul mercato dei derivati. «Iksil? Who is Iksil?» chiese a Doug Braunstein, il responsabile finanziario della banca.

Non dev'essere stato bello per il banchiere che George Soros definì «l'unico con le palle» apprendere dal giornale dell'esposizione incredibilmente alta che la sua banca aveva assunto sul mercato dei derivati. Ma è andata proprio così. Dimon e Braunstein chiamano Ina Drew, la responsabile dell'ufficio londinese. Dall'alto dei suoi 29 milioni di bonus più 1,2 di stipendio incassati solo nell'ultimo anno (anche grazie a speculazioni come quelle di Iksil), Drew rassicura che tutto è perfettamente gestibile. Secondo il modello matematico che stava alla base delle scelte di investimento, nella peggiore delle ipotesi la banca avrebbe perso appena 100 milioni di dollari.

Così, il 13 aprile, Dimon e Braunstein convocano una conferenza stampa per spiegare che «è solo una tempesta in un bicchier d'acqua». Quella sera stessa Dimon partecipa a una cena sponsorizzata dalla sua banca e nel suo indirizzo di saluto si rivolge direttamente al più illustre degli ospiti, Paul Volcker, ex presidente della banca centrale americana, autore della regola in base alla quale nessuna banca avrebbe dovuto operare sui mercati con i soldi dei propri correntisti.

Se la «Volcker's rule» fosse stata implementata dal presidente Barack Obama, cosa che non ha fatto, si sarebbe messa una pietra sopra ai rischi sistemici dei crac bancari. In quella cena Dimon disse in faccia a Volcker che la sua proposta era «infantile» e «inattuabile». Per tutto il mese di aprile tutto sembrava stesse andando per il meglio. Le perdite c'erano, ma molto limitate: 70, 80, 100 milioni di dollari. Quando arrivano a 150, Dimon decide di vederci chiaro.

In una riunione Drew, Achilles Macris e Javier Martin-Artajo, i superiori diretti di Iksil, gli confessano tutta la verità: il problema non sono le perdite potenziali, ma la quantità enorme di contratti che Voldemort aveva venduto in giro per il pianeta: 100 miliardi di dollari di valore generati usando i depositi dei clienti per speculare su un indice rappresentativo di grandi imprese americane tra le quali Wal Mart e Alcoa. I vertici della JpMorgan si spaventano: la banca non avrebbe mai potuto reggere al crac, se la scommessa di Iksil si fosse rivelata sbagliata.

In quella sede decidono di iniziare a chiudere tutti i contratti, cioè a riacquistarli uno per uno da chi li aveva comprati. Questo cambio improvviso di strategia fa scattare la contromossa di una dozzina di fondi speculativi che iniziano a scommettere un'altrettanto enorme quantità di denaro contro le aspettative della banca, cioè, in pratica, fanno aumentare il prezzo dei titoli che la JpMorgan aveva deciso, a ogni costo, di far sparire. Dimon e i suoi ci mettono circa un mese per «ripulire» il mercato e alla fine il buco schizza a quota 2 miliardi di dollari, che potrebbero salire addirittura a 3 e forse anche di più.

Il 10 maggio, un mese dopo avere detto che si trattava di «una tempesta in un bicchier d'acqua» e il dileggio a Volcker, Dimon è costretto (e solo lui sa quanto gli è costato) a chiedere scusa. «Siamo stati stupidi» ha detto. Ma le scuse non sono una spiegazione. E ora anche l'Fbi ha iniziato a indagare. La strategia di operare con i titoli derivati sul mercato delle obbligazioni industriali, in realtà, era stata annunciata dalla JpMorgan (la prima a inventare i titoli derivati a metà degli anni 90) in un report firmato da Eric Benstein nel 2010 nel quale si spiegava che obiettivo della banca era proprio quello di utilizzare i titoli derivati sulle imprese americane per creare liquidità.

Iksil, insomma, aveva fatto esattamente ciò che la banca gli aveva chiesto. Non un errore, ma strategia consolidata e consapevole. Valeva la pena rischiare di perdere una montagna di soldi? Sì, assolutamente sì. Almeno dal punto di vista della banca. I 3 miliardi di dollari di perdite sono, infatti, appena poco più della metà dei guadagni che la JpMorgan ha realizzato in appena 3 mesi. Nel 2010 la sola disivione di Iksil ha generato profitti per 5 miliardi di dollari.

Il crollo del 9,28 per cento del titolo nel giorno in cui ha reso noto la perdita sarà recuperato nel giro di un paio di settimane, quando nessuno si ricorderà nemmeno più i nomi dei protagonisti, anche perché Ina Drew è già fuori dalla banca. Ma valeva la pena anche perché il mondo della finanza oscura, quella che opera con titoli derivati, vale ormai 7 volte il pil del mondo intero e, se anche ogni tanto qualcuno ci perde una manciata di miliardi, il circo non si ferma, anche se il tema della loro regolamentazione ha fatto irruzione nella campagna elettorale tra il democratico Barack Obama e il repubblicano Mitt Romney. Ma le aderenze che le banche hanno nell'amministrazione Usa non solo le rende «too big to fail», troppo grandi per fallire, ma anche «too big to jail», troppo grandi per l'arresto.

 

Bruno Iksiljp morganJAMIE DIMON DI JP MORGANGeorge Soros Paul VolckerBARACK OBAMA jpegMITT ROMNEY article

Ultimi Dagoreport

stefano de martino caroline tronelli roberto vaccarella michelle hunziker nino tronchetti provera

DAGOREPORT - L’ESTATE FA SBOCCIARE GLI AMORI, L’AUTUNNO LI APPASSISCE – LA STORIA TRA BOSCHI E GIULIO BERRUTI È FINITA IN...VACCARELLA! L'EX MINISTRA RENZIANA DA TRE SETTIMANE SI È AVVICINATA ALL’AVVOCATO ROBERTO VACCARELLA, “COGNATO” DI GIOVANNINO MALAGÒ – NONOSTANTE IL RESTAURO DEL VILLONE DA 700MQ A MILANO, E L'INTERVISTA RASSICURANTE A "VERISSIMO" (“HO RITROVATO LA SERENITÀ”), A MILANO DANNO AL CAPOLINEA ANCHE LA STORIA TRA MICHELLE HUNZIKER E NINO TRONCHETTI PROVERA - FATALE FU IL SEX-TAPE? DOPO SETTIMANE DI ROBANTE PASSIONE E PRIME PAGINE PATINATE, IL DECLINANTE STEFANO DE MARTINO (IL SUO "AFFARI TUOI" E' FINITO SOTTO "LA RUOTA DELLA FORTUNA") E CAROLINE TRONELLI SI SONO LASCIATI. DA UN MESE NON SI VEDONO PIÙ INSIEME IN PUBBLICO...

giulio berruti maria elena boschi

L’INIZIO DELLA STORIA TRA L’ONOREVOLE MARIA ELENA BOSCHI E GIULIO BERRUTI, DENTISTA-ATTORE, È STATO FELICE, ALLIETATO DI SGUARDI ADORANTI SOTTO I FLASH DI “CHI”. L’INTRECCIO È CONTINUATO PER CINQUE ANNI TRA QUADRETTI FAMILIARI LIALESCHI PIENI DI BUONA VOLONTÀ MA SEMPRE PIÙ CARICHI DI TENSIONI. SAPPIAMO CHE NON C'È PIÙ GRANDE DOLORE, A PARTE I CALCOLI RENALI, DI UN AMORE FALLITO. QUINDI, ANNUNCIAMO COL DOVUTO RISPETTO, CHE È SCESO DEFINITIVAMENTE IL SIPARIO SULLA COPPIA BOSCHI E BERRUTI. BUONA FORTUNA A TUTTI...

conte appendino taverna bettini fassino roberto fico lorusso

INVECE DI COMPORTARSI DA "LADY MACBETH DEI MURAZZI", QUALCHE ANIMA PIA RICORDI A CHIARA APPENDINO CHE DIVENTÒ SINDACA DI TORINO GRAZIE NON SOLO AI GRILLONZI MA SOPRATTUTTO ANCHE AI TANTI VOTI DEL CENTRODESTRA CHE, DETESTANDO FASSINO, VOTARONO LA SPILUNGONA - QUELLA MIRACOLATA DELLA APPENDINO SI DEVE SCIACQUARE LA BOCCA PRIMA DI PARLARE DI GOFFREDO BETTINI COME “IL MALE DEL M5S” PERCHÉ, COME DICE CONTE, MERITEREBBE “UN MONUMENTO”– LO SCAZZO CON LA TAVERNA CHE LE HA RICORDATO COME SE FOSSERO STATE IN VIGORE LE REGOLE DI GRILLO “LEI NON AVREBBE AVUTO CARICHE…”

cdp cassa depositi e prestiti giovanbattista fazzolari fabio barchiesi giorgia meloni giancarlo giorgetti dario scannapieco francesco soro

DAGOREPORT - QUALCOSA DEVE ESSERE SUCCESSO IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE. CHE VIRUS HA COLPITO PALAZZO CHIGI PER PASSARE DA AMATO E LETTA A TALE GIOVAMBATTISTA FAZZOLARI, UN TIPINO CHE FINO AL 2018, RICOPRIVA IL RUOLO DI DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA ALLA REGIONE LAZIO? - CHE È SUCCESSO A CASSA DEPOSITI E PRESTITI (CDP), HOLDING PUBBLICA CHE GESTISCE I 300 MILIARDI DI RISPARMIO POSTALE DEGLI ITALIANI, PER RITROVARCI VICEDIRETTORE GENERALE, CON AMPIE DELEGHE, DAL PERSONALE E GLI INVESTIMENTI ALLA COMUNICAZIONE, IL 43ENNE FABIO BARCHIESI, CHE ORA ASSUME ANCHE LA CARICA DI AD DI CDP EQUITY, LA PIÙ IMPORTANTE SOCIETÀ DEL GRUPPO? - COME SI FA A RICOPRIRE DI RUOLI NEVRALGICI DI POTERE L’EX FISIOTERAPISTA DI MALAGO' CHE NON HA MAI RICOPERTO IL RUOLO DI AMMINISTRATORE NEMMENO NEL SUO CONDOMINIO, CHE BALBETTA UN INGLESE APPENA SCOLASTICO E HA ALLE SPALLE UNA LAUREA IN ECONOMIA OTTENUTA, PRESSO LA SELETTIVA UNIVERSITÀ TELEMATICA UNICUSANO, A CUI SI AGGIUNGE UNA CATTEDRA, A CONTRATTO, ALLA LINK, L’ILLUSTRISSIMA UNIVERSITÀ DI VINCENZO SCOTTI? - ALL’ANNUNCIO DELLA NUOVA CARICA DI BARCHIESI, LO SCONCERTO (EUFEMISMO) È PIOMBATO NELLE STANZE DEL MEF, PRIMO AZIONISTA DI CDP, MENTRE PER LE FONDAZIONI BANCARIE L’ULTIMA PRESA DI POTERE DEL DUPLEX FAZZO-BARCHIESI, IN SOLDONI, E' “IL PIÙ GROSSO SCANDALO POLITICO-FINANZIARIO MAI VISTO NEL BELPAESE...”

maurizio landini giorgia meloni

IL SESSISMO È NELLA CONVENIENZA DI CHI GUARDA – LA SINISTRA DIFENDE LANDINI CHE HA DEFINITO “CORTIGIANA” GIORGIA MELONI: PENSATE COSA SAREBBE SUCCESSO NEL "CAMPO LARGO" E NEI GIORNALI D'AREA SE L’AVESSE DETTO SALVINI DI UNA BOLDRINI QUALSIASI. AVREMMO AVUTO PAGINATE SUL SESSISMO DEL BIFOLCO PADANO. MA IL SEGRETARIO DELLA CGIL È "UN COMPAGNO CHE SBAGLIA", E ALLORA VA DIFESO: “È SOLO UN EQUIVOCO” – NON CHE LA DESTRA DIFETTI DI IPOCRISIA: GIORGIA MELONI SI INDIGNA PER "CORTIGIANA" EPPURE E' LA MIGLIORE ALLEATA DI TRUMP, UNO CHE SI VANTAVA DI "AFFERRARE TUTTE LE DONNE PER LA FICA”

flavio cattaneo ignazio la russa giorgia meloni carlo calenda matteo salvini

DAGOREPORT - IL CONTESTO IN CUI È ESPLOSO LO SCONTRO-CON-SCAZZO TRA CARLO CALENDA, E L’AD DI ENEL, FLAVIO CATTANEO, HA COLPITO GLI HABITUÉ DEI PALAZZI ROMANI - IL DURO SCAMBIO NON È AVVENUTO IN UN TALK DE LA7, BENSÌ A UN GALLONATISSIMO CONVEGNO DI COLDIRETTI, LA FILO-GOVERNATIVA ASSOCIAZIONE CHE RAGGRUPPA 1,6 MILIONI DI IMPRENDITORI AGRICOLI (LA PRIMA USCITA PUBBLICA DI MELONI PREMIER FU A UN CONVEGNO COLDIRETTI) - L’INVITO AL CALENDA FURIOSO, DA MESI SMANIOSO DI ROMPERE LE OSSA A CATTANEO, È STATO “LETTO” NEI PALAZZI ROMANI COME UN SEGNO DI “DISTACCO” TRA LA STATISTA DELLA SGARBATELLA E L’AD DI ENEL, IL CUI MANDATO SCADE LA PROSSIMA PRIMAVERA DEL 2026 – E QUANDO IN UN SUCCESSIVO TWEET CALENDA COINVOLGE I GRAN MENTORI DELL'INARRESTABILE CARRIERA DI CATTANEO, LA RUSSA E SALVINI, SI ENTRA IN QUEL LUNGO E SOTTERRANEO CONFLITTO DI POTERE CHE FECE SBOTTARE ‘GNAZIO: “GIORGIA VUOLE CONTROLLARE TUTTO: PALAZZO CHIGI, IL SUO PARTITO, QUELLI DEGLI ALTRI, MA È IMPOSSIBILE’’ -  ORA IL DESTINO CINICO E BARO VUOLE CHE SUL CAPOCCIONE DI CATTANEO, OLTRE ALLA MANGANELLATA DI CALENDA, SIA ARRIVATO UNO SGRADITO OSPITE, UN NON IDENTIFICATO SPYWARE CHE L’HA SPIATO NOTTE E DÌ... - VIDEO - LA VIGNETTA ANTI-CALENDA DI "OSHO": "A PROPOSITO DE UTILI, VOLEMO PARLA' DELL'UTILITÀ DI AZIONE?"