COSTI DA NON TAGLIARE (PER LEGGE): PERCHE’ L’EUROPA “BLINDA” LE TARIFFE DI ACCESSO ALLA RETE TELECOM

Alessandro Penati per La Repubblica

Concentrati sugli affari dell'italico cortile, in attesa di sapere se sarà scorporo della rete, cosa farà la Cassa Depositi e Prestiti e come finirà tra i soci in Telco, stiamo perdendo di vista un vero punto di svolta per il settore in Europa. Per l'ennesima volta, subiremo il cambiamento, invece di anticiparlo e gestirlo.

Il mese scorso la Commissione Europea ha bocciato il taglio delle tariffe di accesso alla rete Telecom per gli altri operatori, proposto dalla nostra Autorità. Non interessa tanto il contrasto tra Italia e Europa, inevitabile in un sistema formato da 28 regolamentatori nazionali che recepiscono localmente le direttive di Bruxelles, cercando di coordinarsi attraverso un'Agenzia; e neppure l'impatto economico (100 milioni circa).

Ma le motivazioni, che segnano una svolta nella politica comunitaria: il taglio dei costi riduce i margini dell'operatore dominante, riducendo il rendimento sul capitale sotto il livello necessario a incentivare l'investimento nel rinnovo degli impianti e in nuove tecnologie.

È il vecchio dilemma del beneficio immediato del consumatore contro la necessità di incentivare investimenti rischiosi con ritorni diluiti nel tempo: senza il monopolio legale dei brevetti nessuno farebbe investimenti massicci per scoprire nuovi farmaci; né costruirebbe autostrade e ponti senza concessioni e pedaggi.

C'è chi crede che basti sostituire il privato con lo Stato per risolvere il dilemma: ma non è questa la strada scelta dall'Europa. Meglio adeguarsi. La svolta non rinnega la storia della regolamentazione europea, che è stata un caso di successo. Ma la regolamentazione si deve evolvere seguendo le dinamiche del settore. Quella europea era nata quando i mercati nazionali erano dominati da un monopolista integrato verticalmente, per favorire l‘ingresso di nuovi operatori e creare la concorrenza dal nulla.

Così è stato. Ma la tecnologia ha reso la rete obsoleta e la telefonia fissa un residuato ancestrale; e la telefonia mobile è diventato un mercato saturo dove le telecom hanno perso a favore dei produttori di smartphone e tablet. La concorrenza ha avuto successo, ma oggi i margini non remunerano a sufficienza i nuovi investimenti e pregiudicano la sopravvivenza di un numero elevato di operatori in ogni Paese.

È significativo che la redditività delle telecom europee sia oggi sostenuta dai loro investimenti extraeuropei. La strada obbligata per il settore è dunque il consolidamento: un'ondata di acquisizioni e fusioni per guadagnare le economie di scala, tagliare i costi, aumentare i margini e accedere agli ingenti finanziamenti necessari per gli investimenti.

E per convergere coi media, da sempre settore limitrofo. Ma il consolidamento può e deve avvenire solo a livello europeo, superando il concetto di concorrenza nei singoli Paesi, a favore di un vero mercato unico. Il modello americano, insomma.

Un vero mercato unico europeo richiede però di superare la frammentazione dei regolamentatori nazionali per passare a un regolamentatore unico. Ed è quello che l'Antritrust europeo ha appena proposto.

L'ovvia implicazione è l'abbattimento delle barriere nazionali ai diritti di proprietà. Barriere invece che i governi (quello italiano in prima fila) difendono strenuamente con la scusa dell'interesse nazionale. Ma, così, si proteggono aziende (e azionisti) deboli, resi ancora più deboli dalla "tutela". Basta guardare allo stato in cui versano i nostri "campioni" del settore: Telecom, Rai e Mediaset.

Nonostante le barriere, però il consolidamento è già avviato: America Movil offre 7 miliardi per l'olandese Kpn, che a sua volta vende per 8 la tedesca E-Plus a Telefonica. Vodafone lancia un'opa da 8 miliardi su Kabel Deutschland per entrare nei cavi. Liberty compra il terzo operatore cavi in Germania per fonderlo con il secondo, che già controlla; e nel Regno Unito ha acquisito Virgin Media per 16 miliardi, per competere con BSkyB di Murdoch. In Italia, fallita la fusione con Telecom, Hg3 deve sperare in quella con Wind, dei russi di Vinpelcom.

La miopia dei governi europei, ostacolando una ristrutturazione e un consolidamento inevitabili, riesce solo a indebolire il settore. Con il risultato di lasciare ad americani e asiatici i benefici dell'effetto traino che le telecomunicazioni esercitano su tecnologia e media.

 

FRANCO BERNABE AD TELECOM Logo "Telecom"3 WindCarlos Slim

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