MONTE DELLA PROCURA DI SIENA - LA PISTA-IOR SI INFIAMMA: SUL RUOLO DEL VATICANO NELLA TRATTATIVA SANTANDER/MPS PUO’ ESPLODERE “UNA BOMBA GIUDIZIARIA TERRIFICANTE” - LIN-GOTTI TEDESCHI HA SPIFFERATO QUALCOSA DI GROSSO AI PM? - “PERSINO CONTI CORRENTI INTESTATI A POLITICI”? FUORI I NOMI PRIMA DEL VOTO! - QUEL CONTO CHE LEGA IL MONTE A SAN MARINO: QUEI 2,3 MILIONI IN CONTANTI SU UN FURGONE FERMATO DALLA POLIZIA….

1- L'INCHIESTA PUNTA SUI CONTI DELLO IOR - LA PISTA DEL RICICLAGGIO
Marco Ludovico per "Il Sole 24 Ore"

«L'inchiesta più grave e importante degli ultimi anni. Una bomba giudiziaria terrificante». È una fonte romana qualificata a spiegare quello che da più giorni circola sul conto dell'inchiesta sullo Ior. O meglio, sui diversi fascicoli che si stanno componendo tra Siena e Roma. Il riserbo della procure è altissimo. I magistrati toscani, infatti, hanno decine di migliaia di carte da guardare, ma è sulla compravendita di Antonveneta tra Santander e Monte dei Paschi di Siena che si intravede una vicenda enorme.

La riservatezza della procura toscana sullo Ior è totale ed è ovvio. Ma i pubblici ministeri Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, hanno lavorato finora non solo in silenzio, ma a grande velocità. I risultati ci sono, dai colloqui in atto e dagli atti investigativi arrivano conferme, nomi, riscontri. E l'incontro con Ettore Gotti Tedeschi, sentito per almeno cinque ore una settimana fa dagli inquirenti senesi, è stato ricco di spunti e indicazioni, come minimo.

Gotti, che pure ha detto che sulla compravendita dell'Antonveneta «decise tutto Madrid», è stato ascoltato come persona informata sui fatti. Le coincidenze sulle presenze dei nomi di altissimi dirigenti nei tre istituti finanziari - Santander, Ior e Mps - soprattutto i primi due, non possono essere un caso. E il viaggio finanziario, in tutte le sue tappe, del gigantesco profitto che Santander realizza con la cessione di Antonveneta, pagata da Mps nove miliardi, è sotto la lente della procura di Siena.

L'ipotesi, finora smentita o non confermata, è che almeno una parte sia transitata nello Ior. Di smentite ce ne saranno ancora molte. In tanti però sono pronti a scommettere su sviluppi clamorosi, indicibili. Si parla persino di conti correnti intestati a uomini politici.

Ieri è proseguito a Roma il lavoro del procuratore aggiunto Nello Rossi e i sostituti Stefano Rocco Fava e Marco Pesci, sulla base di un articolo pubblicato sul Corriere della Sera a firma di Paolo Mondani. Il giornalista è stato ascoltato a piazzale Clodio, ha confermato il contenuto dell'articolo, in cui è citata una fonte anonima che avrebbe assistito alle «importati e delicate riunioni per la realizzazione dell'operazione Antonveneta».

Tuttavia, questa parte dell'inchiesta presto potrebbe finire nel più ampio fascicolo della procura di Siena. A Roma, invece, potrebbe restare il filone relativo al presunto caso di riciclaggio, che si andrebbe a sommare agli altri dieci già accertati dalla Procura e finiti in nell'inchiesta di Nello Rossi.

È molto probabile che per il nuovo caso Rossi chieda l'avvio di una rogatoria con il Vaticano. Non può neanche escludere che la procura romana possa disporre nuove audizioni. L'ipotesi investigativa sarebbe che una parte del provento della compravendita di Antonveneta sarebbe andata su quattro conti correnti dello Ior, per poi finire in un conto della banca Fucino intestato allo stesso istituto vaticano, ma che ormai risulta essere chiuso. La procura romana è pronta ad avviare accertamenti proprio su questi conti correnti, dai quali intende trovare conferma all'ipotesi che il denaro sia stato riciclato.

Il Vaticano tuttavia «esclude» che «dirigenti del Montepaschi abbiano avuto possesso di fondi presso lo Ior». Il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, smentisce le notizie in tal senso dopo aver già smentito martedì che presso lo Ior avessero avuto luogo riunioni sulla questione Antonveneta-Mps.

Lombardi ha aggiunto che «non solo non hanno mai avuto luogo le riunioni presso lo Ior sulla questione dell'Antonveneta» ma «si può anche escludere che dirigenti del Montepaschi abbiano avuto possesso di fondi presso lo Ior. Si deve infine far notare - aggiunge il portavoce vaticano - che i conti presso lo Ior hanno specifiche molto diverse da quelle dei presunti conti citati».


2- QUEL CONTO CHE LEGA IL MONTE A SAN MARINO
Stefano Elli per "Il Sole 24 Ore"

Una visita lampo quella della prima linea investigativa della procura di Forlì ai colleghi di Siena. Sergio Sottani, capo della procura romagnola e i sostituti Fabio Di Vizio e Marco Forte, sono stati a colloquio sino alle 16,30, con i colleghi senesi Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, che coordinano l'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena. Per comprendere la ragione di questo inedito fronte d'indagine (ma sembra che il canale tra le due procure fosse aperto da tempo), occorre riavvolgere il nastro all'inchiesta della procura forlivese sulla Cassa di risparmio di San Marino e sul gruppo Delta.

L'intero procedimento si incardina su un conto acceso presso la filiale di Forlì del Monte dei Paschi di Siena dalla Cassa di Risparmio di San Marino. Il conto numero 4370/56. Un conto attraverso il quale è transitato un fiume di denaro. Tutto in contanti e (quasi) tutto in banconote da 500 euro. Nel luglio 2008 un furgone della ditta portavalori Battistolli venne fermato dagli uomini della Squadra Mobile locale.

Vi si trovavano 2,3 milioni euro cash, banconote nuove di zecca. Il denaro stava viaggiando, ben custodito, alla volta della Rocca. E proveniva dal «conto gestioni» del Monte dei Paschi aperto presso la filiale forlivese della Banca d'Italia. Dopo gli accertamenti bancari successivi emersero tre anomalie eclatanti. La prima: il denaro transitato in quel modo da quei conti tra il 2005 e il 5 giugno 2008 (data del blocco del furgone) raggiungeva una massa enorme. Oltre 700 milioni di euro.

La seconda anomalia: le operazioni tra Mps e la Cassa erano censite in modo errato. Anziché essere registrate come avrebbero dovuto (operazioni condotte con intermediari di paesi non Ue, codice 729) lo erano con il codice 268 «altri intermediari finanziari» abilitati a operare in Italia. La terza anomalia era rappresentata dalle modalità di trattamento degli assegni provenienti da San Marino che venivano prima compensati attraverso l'Istituto centrale delle Banche popolari, poi bonificati presso il Monte Paschi che, successivamente, li cambiava in «cash» e li faceva espatriare verso la Cassa.

In altri termini i magistrati scoprirono una colossale pipeline di potenziale espatrio di capitali senza che i "sensori" del sistema antiriciclaggio Gianos potessero «fiutare» alcunché di sospetto. Un canale scolmatore di soldi che spiegava il colossale fabbisogno di banconote da 500 euro di cui la filiale di Forlì di Banca d'Italia vantava un primato quasi assoluto. Ed è forse proprio su questo punto che si è focalizzata l'attenzione degli investigatori senesi.

Di fatto, almeno dal 2005 sino al 2008, esisteva un varco incustodito da cui il denaro avrebbe potuto volatilzzarsi senza lasciare alcuna traccia. Grande, in quel periodo, fu l'agitazione della Banca d'Italia, assai preoccupata delle conseguenze di uno scandalo. Le indagini forlivesi portarono all'apertura di un fascicolo a carico di due dirigenti locali dell'Mps, e della stessa banca senese per responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (legge 231 del 2001).

 

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