PROFUMO DI FRODE - ECCO LA PISTOLA FUMANTE DELL’EVASIONE DI 245 MILIONI DI UNICREDIT: DUE PAGINETTE IN CUI I FINTI DERIVATI, SOTTOSCRITTI DA PROFUMO CON BARCLAYS BANK, SONO DESCRITTI PER QUELLO CHE SONO VERAMENTE: STRUMENTI DI “OTTIMIZZAZIONE FISCALE”, DOVE IL PAGARE MENO TASSE “NON È UN EFFETTO MA L’OBIETTIVO” DELL’OPERAZIONE. CHE A DIFFERENZA DEI DERIVATI VERI, NON PRESENTA ALCUN RISCHIO PERCHÉ È SOLO UNA GIGANTESCA AMMUINA INTERNAZIONALE - I TRE VIA LIBERA DELL’EX STUDIO TREMONTI…

1 - PROFUMO DI EVASIONE
Francesco Bonazzi per "Il Secolo XIX"

Due paginette manoscritte su entrambi i lati in cui i finti derivati sottoscritti da Unicredit con Barclays Bank sono descritti per quello che sono veramente: strumenti di "ottimizzazione fiscale", dove il pagare meno tasse "non è un effetto ma l'obiettivo" dell'operazione. Che a differenza dei derivati veri, non presenta alcun rischio perché è solo una gigantesca ammuina internazionale.

Un documento che avrebbe dovuto rimanere nascosto nella borsa di pelle nera di un pezzo grosso di Unicredit e che oggi, insieme ai contratti siglati dall'ex capo azienda Alessandro Profumo, rischia di costare caro a una ventina di banchieri ai quali ieri il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo ha notificato l'avviso di chiusura indagini.

Un atto che preannuncia la più che probabile richiesta di rinvio a giudizio a carico di Profumo e di altre 19 persone, tra cui tre manager Barclays. Secondo Robledo, che per l'inchiesta pilota su Unicredit si è avvalso di una ristretta e fidata squadra di investigatori della Guardia di Finanza di Milano, quando Profumo guidava l'istituto sarebbe stata messa in piedi una maxifrode fiscale attraverso l'operazione "Brontos".

La carta "segreta" sbucata ieri è un memorandum scritto a penna dal comasco Stefano Porro, responsabile "Area Active Balance SheetManagement" di Unicredit, difeso come quasi tutti i colleghi da Alberto Alessandri e Francesca Pedrazzi. Era nascosto nella borsa di pelle nera che il manager portava avanti e indietro da casa ed è stato trovato nella perquisizione della sede di Unicredit scattata il 12 giugno 2009. In esso, c'è la "traduzione" piuttosto spiccia delle vere finalità fiscali di quei finti derivati.

La scorsa settimana, l'impianto accusatorio di Robledo ha passato un primo vaglio del tribunale del Riesame, con il gip Luigi Varanelli che ha disposto a carico di Unicredit il sequestro monstre di 245 milioni di euro, contro il quale l'istituto ha depositato ieri ricorso. Ma non è un mistero che operazioni pressoché identiche, per oltre 3miliardi e mezzo di minori tasse, sono state fatte tra il 2005 e il 2009 anche dalle altre banche italiane, come rivelato da L'Espresso il 23 ottobre 2008.

Ecco perché il rapido corso del primo troncone su Unicredit è una sorta di test su quello che i banchieri d'affari londinesi chiamano "tax trading". Nell'atto di chiusura indagini, il pm scrive che Profumo ha approvato ‘«la realizzazione delle operazioni»' per frodare il fisco «apponendo la propria sigla» il 132007, il 942008 e il 7 112008.

L'operazione "Brontos" viene definita come una «struttura complessa e artificiosa» creata per non avere «alcun rischio». Si sarebbe trattato solo di un'abile vestizione con la sola ragione di abbattere pesantemente l'utile tassabile del cliente italiano.

Il reato contestato è la dichiarazione fraudolenta dei redditi con ostacolo alle indagini e arriva sino al 28 settembre 2009. L'istituto di credito non è indagato, perché la legge sulla responsabilità penale delle persone giuridiche non lo prevede per il tipo di reato contestato. In sostanza, stando alle indagini, la banca avrebbe messo a bilancio dividendi invece che interessi, provocando «un danno erariale» di oltre 245milioni di euro.

2- I TRE VIA LIBERA DELL'EX STUDIO TREMONTI
Francesco Bonazzi per "Il Secolo XIX"

Allo studio "Vitali, Romagnoli, Piccardi e associati, fondato dal Prof. Avv. Giulio Tremonti" erano sempre "chini sul fatturato", come si dice nell'operosa Milano. Specie quando il professore di Pavia era momentaneamente all'opposizione.Ma i governi cambiano e i pareri legali emessi tra il 2007 e il 2010 per Unicredit restano. Restano agli atti e vengono fuori, perché nel frattempo la faccenda dei "derivati fiscali", per i quali Alessandro Profumo e altri banchieri rischiano ora un processo, s'incancrenisce con il maxisequestro da 245 milioni disposto a carico di Unicredit. Che invece, forte delle "legal opinion" dell'ex studio Tremonti e dopo aver firmato una transazione da 100 milioni di euro nel 2010 con l'Agenzia delle Entrate, era convinta di poter dormire sonni tranquilli.

Il sequestro da 245 milioni subito dal gip di Milano, evidentemente, non faceva parte del "pacchetto completo". Per capire la rabbia e la frustrazione che oggi si respira ai piani alti di piazza Cordusio, bisogna leggere con attenzione i primi tre ponderosi pareri che lo studio di via Crocefisso ha sfornato in epoche diverse, in modo da consentire al cda della banca di approvare l'operazione "Brontos".

Il primo porta la data del 30 marzo 2007 e l'attuale ministro "delle tasse" vi figura in epigrafe come "fondatore" e primo advisor dello studio. Dopo aver esaminato lo schema di contratto proposto da Barclays, gli allievi di Tremonti scrivono: "Per quanto una contestazione da parte dell'Amministrazione finanziaria sotto il profilo della disciplina antielusiva non possa mai essere esclusa a priori, risultano sussistere validi argomenti utilizzabili per fronteggiare un eventuale sindacato fiscale fondato sulla predetta disciplina". Insomma, via libera con buone probabilità di difendersi bene nel caso l'Agenzia delle Entrate faccia storie.

L'anno dopo, Unicredit ha bisogno di fare la stessa operazione e quindi chiede nuovamente il conforto legale del solito studio. Nel parere emesso il 9 aprile 2008 dallo studio "Tremonti, Vitali, Romagnoli e associati", appena tre giorni prima delle elezioni che riporteranno Silvio Berlusconi e il suo "castigabanche" al governo, si ripetono in sostanza le dotte osservazioni dell'anno prima. Ma con una piccola quanto decisiva novità. Il governo Prodi, con la temibile coppia Padoa Schioppa-Visco all'Economia, il 24 dicembre 2007 ha cambiato il regime di tassazione delle imprese che redigono il bilancio internazionale.

E allora a pagina 12 del nuovo parere pro Unicredit, si legge: "Ad oggi, nelle more dell'emanazione del Decreto Attuativo, e nell'assenza di specifiche indicazioni da parte dell'Amministrazione Finanziaria, non è possibile stabilire con assoluta certezza qual è il regime fiscale applicabile al Contratto". Ma poi, cinque pagine dopo, si ripete che "risultano sussistere validi argomenti" per difendersi dal Fisco.

Unicredit, rassicurata, procede. E si arriva al terzo anno del "programma Barclays" che la procura di Milano ritiene una truffa all'Erario. Il 23 gennaio 2009, lo studio Vitali, Romagnoli e Piccardi, ormai orbo del suo fondatore tornato ministro, scrive ancora a Unicredit. Nel solito parere conferma che tutta la complessa architettura finanziaria che rimbalza tra Milano, Londra e il Lussemburgo, sul piano della legittimità fiscale si regge sul fatto che la legge 2007 sia ancora "priva del regolamento attuativo". Chi avrebbe dovuto emanarlo, non è un mistero.

 

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