1- S’ANNUNCIA UN CDA TELECOM SENZA SORPRESE: BEBÈ BERNABÈ AMMETTE A “LES ÉCHOS” CHE L’OFFERTA DA 3 MILIARDI DEL FARAONE SAWIRIS È “MOLTO GENERICA” 2- LA QUESTIONE CHE SCOTTA, IN MANO AL RICCO CFO PIERGIORGIO PELUSO, È LA VENDITA DE LA7. SONO ARRIVATE LE OFFERTE DI CAIRO, MA SOPRATTUTTO DI SPOSITO E MANCUSO 3- CHE SUCCEDE SE IL TERZO POLO TV, CON MENTANA E SANTORO, FINISCE NELLE MANI DI DUE FINANZIERI VICINI A BERLUSCONI, O DI BEN AMMAR, CHE DEL BANANA È PROPRIO SOCIO? 4- A BEBÈ INTERESSA PIù LO SCORPORO DELLA RETE, SU CUI è STATO STOPPATO DA BASSANINI 5- IL PRESIDENTE DI CDP OGGI RICEVE UNA COLTELLATA INATTESA SUL SUO PATRIMONIO: LUI, LA MOGLIE LANZILLOTTA E I FRATELLI HANNO IMMOBILI PER 102 MILIONI € 6- AGITAZIONE ALLA FARNESINA DOPO L’ARTICOLO SUGLI SPRECHI DEL MINISTERO

1. S'ANNUNCIA UN CDA TELECOM SENZA SORPRESE
Molti indizi fanno pensare che la riunione di domani del Consiglio di amministrazione di Telecom non avrà un significato sconvolgente.

Sul tavolo ci sono dossier caldi e complessi che meritano un approfondimento, primo fra tutti quello che riguarda lo scorporo della Rete sul quale da mesi si sta svolgendo un dibattito serrato.

Un mese fa è piombata sul tavolo di Franchino Bernabè l'offerta di 3 miliardi del faraone Sawiris ,ma è già stata buttata nel cestino perché non si sono capite le vere ragioni che hanno spinto il magnate egiziano a formulare la sua proposta. Il primo a essere convinto che bisogna dimenticarla è Franchino Bernabè che oggi in un'intervista al quotidiano francese "Les Echos" la definisce "molto generica". Eppure sia lui che il suo braccio destro Patuano all'inizio l'hanno vista come un toccasana per ridurre l'indebitamento di Telecom che Franchino nello spazio di cinque anni è riuscito a ridurre da 37 miliardi a 27,5.

Agli occhi del manager di Vipiteno interessa di piu' la separazione della Rete e non a caso nell'intervista al giornale parigino porta l'esempio di British Telecom che separando la sua rete è riuscita a invertire la tendenza sui ricavi.

Il capo di Telecom ha capito che è arrivato il momento di mettere fine al dibattito sullo scorporo che si è trascinato troppo a lungo, e che bisogna concentrare le energie sull'intervento della Cassa Depositi e Prestiti in modo da difendere l'italianità dell'infrastruttura telefonica.

Su questa strada cercherà di orientare l'opinione dei consiglieri ,compresi gli spagnoli di Telefonica che erano inorriditi quando dietro l'uscio si sono affacciate le ombre di Sawiris e del competitor sudamericano Carlos Slim.

A buttare acqua fredda sul dossier dello scorporo ci ha pensato però Franco Bassanini, il presidente della Cassa Depositi e Prestiti che non più tardi di ieri ha ribadito il suo interesse alla Rete rivelando di aver firmato un accordo di riservatezza e di aver aperto un confronto anche se, ha aggiunto con parole ambigue, "un matrimonio si fa in due".

C'è chi pensa che dietro il pronunciamento di Bassanini ci sia ancora una buona dose di diffidenza e questa tesi è rafforzata dall'affermazione rilasciata alla fine di novembre quando ha detto che la sua Cassa "investe solo in società stabili, equilibrate, non fortemente indebitate e con forti prospettive di crescita". Questo fa ritenere che Bassanini e il suo braccio destro Gorno Tempini non abbiano scartato l'idea di un aumento di capitale di Telecom, un'ipotesi che si scontra con la totale indisponibilità dei soci forti di Telecom a mettere ancora mano nel portafoglio quando nei bilanci delle loro società hanno iscritto minusvalenze raccapriccianti.

Dopo aver cercato di strappare dai consiglieri un indirizzo strategico, Franchino domani lascerà la parola a Piergiorgio Peluso, il manager figlio della ministra Cancellieri che da poco tempo ha assunto la carica di direttore finanziario di Telecom. Toccherà a lui sottoporre ai consiglieri la questione di TelecomItalia Media e le offerte che entro domani mattina saranno pervenute per vendere l'azienda proprietaria de "La7".

Peluso ha lavorato in Arthur Andersen, Mediobanca, Capitalia e dopo aver lasciato la Fondiaria Sai di Ligresti con una liquidazione di 3,6 milioni per soli 14 mesi di lavoro, si è tuffato nei dossier di Telecom e quindi sarà in grado di svolgere il suo compitino in modo preciso.

Lo farà utilizzando le conclusioni degli advisor Mediobanca e Citi e dando la precedenza all'offerta pervenuta dai fondi Clessidra ed Equinox presieduti da Claudio Sposito e Salvatore Mancuso, due personaggi ben conosciuti nel mondo della finanza.

La storia e le caratteristiche di questi due personaggi sono tali da far scattare non solo ragionamenti di natura finanziaria e industriale ma anche politici. Claudio Sposito è un uomo che si porta dietro come marchio d'origine una prima esperienza professionale nel mondo televisivo di Berlusconi e non ha mai spezzato il filo con il Cavaliere peccaminoso. Non a caso quando si trattò di mettere in piedi la cordata dei patrioti per l'Alitalia buttò sul piatto una cinquantina di milioni anche se non si può negare che il suo fondo Clessidra ha cercato opportunità di business in tutte le direzioni dove si poteva intravedere il profitto.

L'altro personaggio è Salvatore Mancuso, un 63enne siciliano che dal 1970 ha collezionato un'infinità di cariche dentro le aziende private, l'Iri fino al momento in cui nel 2000 ha messo in piedi il fondo Equinox con sede in Lussemburgo. Oggi è anche vicepresidente di Alitalia e consigliere di Unicredit e negli ambienti della finanza è considerato un abile manovratore con un'inequivocabile impronta di vecchio conservatore.

Se questa è la matrice dei due personaggi allora è chiaro che la discussione di domani sul dossier de "La7" passa dal piano industriale a quello politico perché la decisione della vendita potrebbe rappresentare la fine dell'emittente televisiva che, a suon di milioni e con una perdita di 200 milioni quest'anno ,ha contribuito non poco a caratterizzarsi come un contenitore che ha disturbato sia il Cavaliere impenitente che la sinistra.

A questo punto sorge la domanda: se la sente Bernabè di mettere "La7" e Chicco Mentana nelle mani di due finanzieri che si portano addosso la casacca berlusconiana e del centrodestra? e se per caso all'ultimo momento arriva Tarak Ben Ammar che ha spalancato le porte dell'etere mediterraneo al Cavaliere di Arcore, come la prenderà quel Bersani che tutti indicano alla presidenza del prossimo Governo?

Per Franchino, che ha seguito le vicende delle primarie e ha un naso politico più lungo di Patuano e di molti consiglieri, potrebbe essere un passo falso. Sarà bene quindi che il ricco figlio della Cancellieri Piergiorgio Peluso trovi domani mattina le argomentazioni giuste per allungare i tempi di un boomerang pericoloso.

2. BASSANINI E IL PATRIMONIO IMMOBILIARE DA 102 MILIONI
Non c'è solo Telecom ad agitare il sonno di Franco Bassanini, l'ex-parlamentare milanese che dopo aver fatto politica ad alto livello si è seduto con gusto sulla poltrona della Cassa Depositi e Prestiti.

Ieri davanti alla Commissione di Vigilanza del Senato ha dovuto smentire nel corso di un'audizione le voci che da tempo girano intorno al ruolo della Cassa e all'ipotesi di una quotazione in Borsa. Su questi temi Bassanini ha le idee molto chiare, ma per un difetto di comunicazione continua ad essere martellato dai rumors sul ruolo invasivo dello strumento che Giulietto Tremonti gli ha messo tra le mani.

Come non bastasse gli è arrivata oggi una coltellata inattesa sul patrimonio immobiliare che l'ex-ministro gestisce insieme alla moglie Linda Belinda Lanzillotta, ai fratelli e ai due figli Giovanni e Andrea. A quanto pare il tesoretto non è di poco conto e chi ,come quel sito disgraziato di Dagospia, ha sempre creduto che i coniugi Bassanini vivessero in un monolocale di periferia, ha preso un abbaglio formidabile.

Pare infatti che il patrimonio sia costituito da 102 milioni di immobili che fanno capo a due finanziarie. I dettagli si trovano in un articolo pubblicato su "ItaliaOggi" dal giornalista Stefano Sansonetti, uno degli ultimi professionisti che va a spigolare dentro i bilanci delle società. La prima finanziaria si chiama Risberne e dopo la costituzione in Lussemburgo è stata riportata a Milano. Di questo veicolo il 77% è riconducibile a Bassanini e ai suoi fratelli, mentre la parte restante del capitale fa capo alla società svizzera Cetra SA di cui si ignora il titolare. Ma non basta perché la Risberne, cioè la società che ha in pancia il tesoretto, controlla a sua volta il 100% della Fimpa "proprio la società che ha in pancia gli immobili valutati in 102 milioni di euro".

I ricavi della Fimpa sembra che siano rappresentati soprattutto dai canoni di locazione di case e uffici situati a Milano che hanno fruttato nel 2011 poco meno di 4 milioni.

Il buon Bassanini e la moglie Linda Belinda Lanzillotta, che dopo aver lasciato il partitino di Rutelli sta cercando di riposizionarsi, possono disporre oltre alla pensione del marito deputato di circa 4 milioni investiti in gestioni patrimoniali presso finanziarie e banche tra cui Banca Sella e Allianz Bank.

Quanto basta per chiedere a Bassanini di non avere sempre quell'aria corrucciata e incazzata quando i giornali attaccano la sua creatura preferita, cioè la Cassa Depositi e Prestiti. Creature da conservare e da difendere ne ha anche altre che possono riportare il sorriso sul suo volto di ex-socialista.

3. I SINDACATI DELLA FARNESINA SONO IN AGITAZIONE
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che i sindacati della Farnesina sono in agitazione da lunedì quando il quotidiano "Il Fatto" ha dedicato due intere pagine agli sprechi del ministero e alle ispezioni condotte all'Istituto italiano di Cultura di New York dove pare che il direttore Riccardo Viale sia stato pizzicato in un palese conflitto di interessi.

Adesso i dipendenti degli Esteri si aspettano che il ministro Terzi di Sant'Agata e il segretario pro-tempore Giuseppe Valensise smentiscano con atti precisi gli sprechi di un carrozzone in cui gli ambasciatori guadagnano 380mila euro l'anno e godono di succulente indennità. E trovino anche il tempo di riportare in Italia i due maro' prigionieri in India".

 

 

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