SCHERZI DEL RATING: MOODY’S DECLASSA STANDARD & POOR’S – FESTA IN CASA AGNELLI: PRESCRIZIONE ALLE PORTE PER L'EQUITY SWAP IFIL – COSE BUFFETT: MACCHIE DI INSIDER SUL KETCHUP DI HEINZ - TROPPI PRESTITI PER LA POP. DI SPOLETO - LE BANCHE CENTRALI SONO IL NUOVO NEMICO DELLA GLOBALIZZAZIONE - LONDRA SAREBBE PAZZA A ENTRARE NELL’EURO…

1. RIVINCITA DI MOODY'S SUL RATING DI S&P
Sole 24 Ore
- Era l'agosto del 2010 quando, a grande sorpresa, Standard & Poor's tagliò il rating (a BBB+ da A2) della rivale Moody's, allora nell'occhio del ciclone per la sospetta benevolenza con cui aveva distribuito triple A ai titoli spazzatura. A distanza di due anni e mezzo, è arrivata l'occasione della vendetta: Moody's ha degradato S&P o, meglio, la controllante McGraw-Hill a Baa2 da A3. I rischi di controversie legali «alla luce della recente causa civile intentata dal dipartimento della Giustizia e da vari procuratori» potrebbero avere effetti negativi sulla redditività e sulla qualità del credito di S&P, ha motivato Moody's. Potrebbe davvero essere così.

Ma a chi guarda con poca indulgenza all'intero mondo delle agenzie di rating, suonano assai divertenti le motivazioni addotte, poiché ricalcano perfettamente quelle usate da S&P nel 2010: «per Moody's si profilano alti costi operativi, margini più bassi e conseguenze legate alle controversie legali che presentano rischi per la reputazione della società». Il rating è una lama a doppio taglio. (W.R.)

2. PRESCRIZIONE ALLE PORTE PER L'EQUITY SWAP IFIL
Sole 24 Ore
- Il comunicato era veritiero e non poteva essere scritto in modo diverso, inoltre non l'ha redatto l'avvocato Franzo Grande Stevens. L'udienza di ieri al procedimento Ifil-Exor sul famoso equity swap, è servita alla difesa, firmata dall'avvocato Michele Briamonte, uno dei legali di Grande Stevens, per provare a dimostrare che «non ci fu mimetizzazione o nascondimento nell'equity swap» e soprattutto che «al contrario di quanto affermato dalla pubblica accusa il comunicato fu preparato dall'ufficio stampa di Exor».

A riprova, assicura la difesa, c'è lo scambio di mail interno a Ifil e il successivo coinvolgimento di Grande Stevens per il parere legale. E poi, sullo sfondo, resta da valutare la questione posta alla precedente udienza: «Eccepiamo l'illegittimità costituzionale del processo» per il principio del ne bis in idem. Richiesta che la Corte di Strasburgo ha già valutato ricevibile perché non manifestatamente infondata. Su questo il Tribunale si esprimerà al più tardi il prossimo 21 febbraio, con la prescrizione che scatterà il 24 febbraio. (L.G.)

3. MACCHIE DI INSIDER SUL KETCHUP DI HEINZ
Sole 24 Ore
- Indagine per possibile insider trading sulla mega acquisizione, annunciata giovedì, da 28 miliardi di dollari inclusa l'assunzione di debito di H.J. Heinz da parte di una cordata formata dal 3G Capital e dalla finanziaria Berkshire Hathaway di Warren Buffett. Come riporta il New York Times, la Securities and Exchange Commission, la Consob americana, sta esaminando alcuni scambi insoliti e più consistenti del solito di opzioni sui titoli di Heinz verificatisi in concomitanza dell'annuncio dell'accordo.

I trader hanno la possibilità di effettuare «call option», ovvero piazzare scommesse sui titoli senza effettivamente impegnarsi all'acquisto, e possono acquistare a un prezzo stabilito in una data successiva. Il titolo di Heinz ha guadagnato quasi il 20% dopo l'annuncio dell'acquisizione. L'indagine della Sec, ancora in fase preliminare e senza accuse formali, riguarda alcune persone con accesso a informazioni riservate che potrebbero avere dato indicazioni ai trader sull'accordo. (R.Fi.)

4. TROPPI PRESTITI PER LA POP. DI SPOLETO
Sole 24 Ore
- N el tracollo della Banca Popolare di Spoleto, commissariata nei giorni scorsi da Bankitalia c'è un elemento che spicca sopra tutti. Al di là delle «gravi anomalie nella governance» che hanno portato al commissariamento, il dato che sorprende è quello dell'andamento dei crediti. Chiunque sa che in Italia c'è in atto da tempo un credit crunch. I prestiti delle banche (tutte) tendono a calare se non a rimanere fermi. Ebbene a Spoleto di tutto ciò non c'è traccia.

La banca solo nei primi nove mesi di quest'anno ha visto incrementare i crediti di 360 milioni, con un balzo del 13,7%. Una crescita così elevata non l'ha vista nessuna banca in Italia. Che a Spoleto l'economia locale tirasse alla grande? Difficile. Pare invece che molti dei nuovi affidamenti andassero a clienti lontani dal territorio in cui opera la banca. E sul tavolo dei nuovi commissari ci sono le denunce degli anni scorsi su pratiche di credito disinvolte nei confronti di amministratori e amici degli amministratori della banca umbra. A loro fare chiarezza. (Fa.P.)

5. LE BANCHE CENTRALI SONO IL NUOVO NEMICO DELLA GLOBALIZZAZIONE
Da La Stampa [edward hadas]

La globalizzazione sta prendendo sempre più piede in ogni settore economico. Ma le banche centrali rappresentano una preoccupante eccezione. Certo, la cosiddetta «Partnership sul commercio e l'investimento transatlantico» (Transatlantic Trade and Investment Partnership, Ttip), proposta questa settimana da Barack Obama, potrebbe aiutare a rendere più libero il commercio tra Stati Uniti ed Europa. Tuttavia, i mercati veramente globali sono tutta un'altra cosa.

È davvero un peccato che le banche centrali siano ancora molto legate a un modo di pensare del tutto nazionalista tipico del diciannovesimo secolo. Infatti, se da una parte la cooperazione internazionale abbonda, dall'altra ogni autorità monetaria è portatrice di un mandato che proviene da una singola nazione. E, inoltre, ognuno di questi enti sembra fermamente intenzionato ad applicare il più ristretto punto di vista possibile su tale mandato, persino più stretto del tipico approccio delle banche centrali verso gli obiettivi d'inflazione. In generale, i dirigenti delle autorità monetarie ignorano sia l'effetto delle proprie politiche sugli altri Paesi sia il pericolo di eventuali rappresaglie.

In diplomazia, è fin troppo alto il rischio che questo genere di politiche egoistiche possa condurre a un conflitto. Persino se le banche centrali si affrettassero a svalutare attraverso manovre di allentamento monetario non farebbero altro che causare una guerra delle valute che potrebbe facilmente trasformarsi in un conflitto economico più profondo.

L'attuale situazione è ricca d'ironia storica. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli accordi di Bretton Woods hanno posto le banche centrali come avanguardia della globalizzazione. È stato poi il resto dell'economia a doversi lentamente mettere al passo, fino ad arrivare a superare le istituzioni. Le banche centrali avrebbero bisogno di riscoprire il dinamismo del ventesimo secolo.

6. LONDRA SAREBBE PAZZA A ENTRARE NELL'EURO
Da La Stampa [ian campbell]

Entrare nell'eurozona migliorerebbe la condizione economica della Gran Bretagna? No. Il Paese se la caverà molto meglio al di fuori della moneta unica.

Sebbene per ora la crisi sembri essersi placata, l'euro rimane un esperimento in difficoltà e, inoltre, la maggior parte delle economie dell'eurozona appaiono piuttosto fragili. Ora, l'eurozona può contare sul guinzaglio fiscale della Germania per impedire gli eccessi di spesa, sul nascere di un'unione bancaria e sulle ancora inutilizzate Operazioni definitive monetarie di una Bce che si fa avanti come ultima risorsa a cui appellarsi in caso di bisogno. Tuttavia, nulla di tutto ciò pone rimedio ai problemi fondamentali dell'euro.

La politica fiscale non è il vero guaio dell'eurozona. Spagna e Irlanda erano tra i Paesi ad avere la miglior posizione dal punto di vista fiscale e del debito in tutta Europa quando sono crollati. Quello che li ha fatti affondare è stata una politica monetaria adatta a un'economia orientata al risparmio e con una bassa inflazione come quella tedesca, ma del tutto inadeguata alla loro realtà. E dal punto di vista monetario non è cambiato nulla.

L'eurozona ha ancora un unico tasso d'interesse. Le sue periferie hanno ancora un disperato bisogno di tassi di interesse più bassi e di una politica monetaria più elastica che non si profilano nemmeno all'orizzonte. La Bce non riesce ancora a far fronte ai bisogni di ogni singolo Stato membro.

Se la Germania continuerà a crescere e la sua inflazione ad aumentare mentre le periferie rimangono indietro, i tassi d'interesse necessari a contenere la svalutazione tedesca saranno tali da spazzare via ogni possibilità di ripresa per i Paesi in difficoltà. La «taglia unica» va bene per la Germania ma non per le altre economie europee.

Le differenze nella propensione al risparmio, la preferenza per l'acquisto della casa e le grandi differenze nei livelli di istruzione e nella competitività rimarranno i veri ed enormi problemi della moneta unica. La politica monetaria indipendente della Gran Bretagna, la libertà di scelta in materia di politica fiscale e una valuta senza restrizioni rimangono la scelta migliore.

Per approfondimenti: http://www.breakingviews.com/

 

 

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