L’AMORE DURA DI PIU’ SE IL MATRIMONIO VIENE CELEBRATO IN CHIESA – SARÀ ANCHE DEMODÈ MA RAPPRESENTA IL VINCOLO A PIÙ ALTO TASSO DI RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE E DI COPPIA

Roberto Volpi per ‘Il Foglio'

Lo confesso, di fronte ai dati che dirò mi sono chiesto: ma dove hanno la testa, questi cattolici? E dicendo cattolici intendevo rappresentare a me stesso tutto il mondo del cattolicesimo: da Papa Francesco in giù, dantescamente scendendo per li rami.

Possibile che non si siano mai posti il problema di verificare se i matrimoni celebrati con rito religioso vengano o meno sciolti con la stessa frequenza con cui si sciolgono quelli celebrati con rito civile? Confesso, se pure la domanda possa apparire facile, che la risposta non lo è altrettanto. I dati statistici. Quelli, avrete capito, non ci sono mai quando servirebbero, e sono sempre troppi quando non sapete che farvene. In un certo senso, sono dispettosi, anche perché non raramente si divertono a giocare a rimpiattino con noi.

E, nell'occasione, coi cattolici in modo particolarissimo. Che però chissà se li hanno cercati davvero. Tergiverso, lo so. In certo senso assaporo tra me il risultato, che dirò. Il fatto è che questo risultato è uno di quelli - e non perché lo sto tirando proprio io fuori dalle nebbie dove vagolava in attesa che qualcuno si accorgesse della sua presenza - capaci di smontare, da solo, tutta l'immane montagna di chiacchiere e pure di teorie sull'interscambiabilità di fatto delle forme di famiglia e sull'indifferenza della scelta tra un tipo o l'altro di famiglia.

Un risultato che ci restituisce, inaspettato come un fulmine a ciel sereno, la superiorità (ebbene sì, proprio quella) della forza aggregante del matrimonio celebrato con rito religioso rispetto a quello celebrato con rito civile e implicitamente, inutile aggiungere, rispetto al "non" matrimonio. I dati, dunque. Nel 2010, ogni 100 separazioni (delle 88.191 di quell'anno), 32,9 provenivano da matrimoni civili e 67,1 da matrimoni religiosi.

Siccome in quello stesso anno i matrimoni religiosi costituivano il 62,8 per cento del totale dei matrimoni, contro il 37,2 dei matrimoni celebrati civilmente, sembrerebbe doversi concludere che la quota delle separazioni che scaturiscono dai matrimoni religiosi (67,1) è più alta della quota rappresentata dai matrimoni religiosi (62,8), ovvero che la propensione alla separazione è più forte tra le coppie il cui matrimonio è celebrato in chiesa rispetto a quelle il cui matrimonio è celebrato in comune. Sembrerebbe, appunto.

Perché la realtà è tutt'altra, di segno diametralmente opposto. Occorre infatti considerare che le separazioni del 2010 non sono affatto riferibili alle coppie che si sono sposate in quello stesso anno. Le statistiche dicono che la durata media di un matrimonio, prima che intervenga la separazione, è di quattordici anni. O meglio, questa era la durata media dei matrimoni relativi alle separazioni intervenute nel 2010.

In altre parole ciò vuol dire che si deve fare riferimento ai matrimoni di quattordici anni prima del 2010, vale a dire quelli del 1996, per poter verificare realisticamente se c'è davvero una più alta propensione alla separazione da parte delle coppie unite in matrimonio religioso rispetto a quelle che hanno scelto il rito civile. Scopriamo così che nel 1996, su 100 matrimoni, ben 79,7 sono stati celebrati con rito religioso, contro appena 20,3 con rito civile (non è un mistero, del resto, che i matrimoni religiosi perdono quota anno dopo anno a favore di quelli civili).

Per maggiore sicurezza abbiamo considerato anche i dati del 1995 e del 1997, cioè dei matrimoni rispettivamente di tredici e quindici anni prima. La media dei tre anni per quanto riguarda le quote dei matrimoni religiosi e di quelli civili è però esattamente la stessa: 79,7 matrimoni religiosi e 20,3 matrimoni civili ogni 100 matrimoni, quei matrimoni dai quali (mediamente) discendono le separazioni del 2010.

A questo punto il gioco è fatto. E così, posto che sia pari a 1 (uno) il rischio che corre un generico matrimonio di chiudersi con una separazione, il valore di questo rischio - detto "rischio relativo" - sarà per i matrimoni religiosi uguale alla quota di separazioni del 2010 provenienti da matrimoni religiosi (67,1 separazioni ogni 100) rapportata alla quota che questi matrimoni rappresentavano quattordici anni prima, ovvero nel 1996 (o, indifferentemente, nel triennio 1995-1997), vale a dire 79,7 su 100 matrimoni. Il risultato di 67,1 diviso 79,7 è 0,84: un valore inferiore del 16 per cento rispetto al rischio di 1 (uno) di un generico matrimonio.

Analogamente, il rischio di separazione relativo ai matrimoni civili sarà dato dalla quota di separazioni del 2010 provenienti da matrimoni civili (32,9 separazioni ogni 100) rapportata alla quota che i matrimoni civili rappresentavano nel 1996 (o indifferentemente nel triennio 1995-1997), vale a dire 20,3 su 100 matrimoni. Il risultato di 32,9 diviso 20,3 è 1,62: un valore del 62 per cento superiore al rischio di separazione che corre un generico matrimonio.

Confrontando i due indici relativi si scopre che il rischio di un matrimonio civile di chiudersi con una separazione è praticamente il doppio del rischio che corre un matrimonio religioso: 1,62/0,84 = 1,93. La qual cosa equivale a dire che il rischio di un matrimonio religioso di chiudersi con una separazione è poco più della metà del rischio che corre un matrimonio civile: 0,84/1,62 = 0,52.

Chiarisco a questo punto che tutti i dati di cui mi sono avvalso sono dati ufficiali Istat e rappresentano quelli più recenti possibili a questi livelli di dettaglio, e che i dati relativi ai divorzi distinti secondo il rito dei matrimoni non esistono (o, almeno, non sono reperibili), quindi non si è potuto procedere a una valutazione del rischio di divorzio secondo il rito del matrimonio. Ma non c'è una ragione ch'è una, secondo logica e buon senso, che i dati dei divorzi portino a un risultato significativamente diverso da quello appena visto per le separazioni. Mi sono dilungato sulle cifre, credo comprensibilmente, data l'importanza del risultato.

Quanti si sposano con rito religioso hanno una probabilità di separarsi che è pari a poco più della metà di quella di quanti si sposano con rito civile. Alzi la mano chi credeva che le cose stessero così, che la forza che ho definito "aggregante" del matrimonio religioso fosse a tal punto superiore a quella del matrimonio civile. Eppure, per quanto inatteso, il risultato è perfettamente coerente con tutto quel che si sa del matrimonio e delle separazioni. Per esempio: il tasso delle separazioni (e dei divorzi) è crescente in Italia, ma ciò è tra le altre cose una conseguenza, proprio alla luce di quel che abbiamo appena visto, del declino del matrimonio religioso e del suo perdere in valori assoluti e in quote proporzionali a favore del matrimonio civile (che pure non recupera che in piccola parte i matrimoni religiosi in meno).

E ancora: i tassi di divorzialità sono superiori a quelli italiani in tutta l'Europa del nord e continentale, ma anche questa "superiorità" va di pari passo con una quota di matrimoni civili che in tutti i paesi di quell'area è assai più alta che in Italia. Ma c'è una questione ancora più di fondo che a questo punto non può essere ignorata: quella della responsabilità. E' fuori discussione che il matrimonio religioso rappresenti il legame di coppia a più alto tasso di responsabilità - individuale e, appunto, di coppia. Il matrimonio religioso è un sacramento. Il matrimonio religioso è per sempre.

Certo, anche le coppie unite in matrimonio si separano e divorziano, ma quando si va davanti al prete, in chiesa, quello è il quadro nel quale i coniugi sanno di andare a collocarsi - il sacramento, il "per sempre" del matrimonio - e accettano di entrarvi. E questa accettazione - che poi altro non è che una più alta assunzione di responsabilità - non è senza conseguenze. I dati dimostrano che questa assunzione di maggiore responsabilità non è "per niente", non è vana.

La probabilità di un matrimonio religioso di stare in piedi, e magari di durare davvero "finché morte non vi separi", è significativamente più alta, quasi doppia, dell'analoga probabilità di un matrimonio civile. E' un risultato, questo, che credo debba far riflettere, di là dal Tevere, dove si sta con passione preparando il sinodo di ottobre sulla famiglia. Non si tratta di derubricare il matrimonio religioso, di farlo più facile, ma semmai di rilanciarne le potenzialità, e si dica pure il fascino.

E proprio per questo mi vien da chiudere così come ho iniziato: ma dove l'hanno, dove, la testa, questi cattolici, che quasi quasi tenderebbero a sbarazzarsi del matrimonio come l'hanno sempre celebrato, considerandolo démodé? Sarà pure demodé, però dura. Gli altri, quelli alla moda, passano assai più alla svelta. Come tutte le mode, del resto.

 

Matrimonio palestinese a Jerico CARFAGNA NOZZE-MATRIMONIO REALEfesta di nozze riflessa in pozzanghera NOZZE DESPOSITO VALANZANO divorziati este DIVORZIO

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO