SITUAZIONE S-ILVA-GGIA: SI DIMETTONO I DIRIGENTI, L’ACCIAIERIA RISCHIA IL FALLIMENTO, 40 MILA LAVORATORI RISCHIANO IL POSTO

1 - ILVA, 40 MILA POSTI DI LAVORO A RISCHIO
Guido Ruotolo per "La Stampa"

Dimissioni annunciate. Un atto consapevole di harakiri da parte di un gruppo dirigente. Un suicidio collettivo come gesto estremo di protesta che mette a rischio il lavoro di 40 mila siderurgici diretti e indiretti. Aprendo drammatici interrogativi sul futuro degli stabilimenti da Taranto a Novi Ligure e Genova.

Mai accaduto prima che un cda di un colosso industriale che rappresenta la siderurgia nazionale, l'Ilva, decida di lasciare l'azienda in balìa di se stessa, acefala, senza gruppo dirigente responsabile per protestare contro un provvedimento giudiziario. Gesto estremo che impone, a questo punto, un'assunzione di responsabilità da parte di palazzo Chigi.

Alla fine di una giornata segnata da un assordante silenzio da parte del governo, il ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato ha convocato, per lunedì, l'amministratore delegato dimissionario di Ilva, Enrico Bondi, e il governatore della Puglia, Nichi Vendola. Per una prima ricognizione.

«Vista la gravità della situazione e incidendo il provvedimento di sequestro anche sulla partecipazione di controllo di Ilva detenuta da Riva Fire, i consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni dalle rispettive cariche con effetto dalla data della assemblea dei soci, che il Consiglio ha convocato per il 5 giugno alle 9, ponendo all'ordine del giorno la nomina del nuovo CdA».

Dopo tre ore di discussione, il CdA dell'Ilva spa riunito a Milano, annuncia la decisione clamorosa di dimissioni in segno di protesta per il sequestro equivalente di 8.1 miliardi di euro stabilito venerdì dal gip Patrizia Todisco (finora la Finanza è riuscita sequestrarne solo uno). «L'ordinanza dell'autorità giudiziaria - si legge nel comunicato del CdA - colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all'esercizio dell'attività produttiva nello stabilimento di Taranto.

Per tali motivi il provvedimento ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono tutti strettamente indispensabili all'attività industriale e per questo tutelati dalla legge 231 del 2012, dichiarata legittima dalla Corte Costituzionale».

Paradossalmente, la Fire Riva avendo l'83% del pacchetto azionario di Ilva Spa potrebbe essere rappresentata nell'assemblea dei soci Ilva del 5 giugno dal custode giudiziario Mario Tagarelli, in quanto amministratore dei beni Fire Riva sequestrati, e potrebbe influire sulla nomina del nuovo CdA. Ma è solo un paradosso. La realtà è che, sostiene Antonio Gozzi di Federacciai, «è che la magistratura tarantina vuole chiudere la nostra impresa siderurgica più importante».

A questo punto è come se le lancette del tempo fossero tornate a dieci mesi fa, al 26 luglio del 2012, quando di fronte alla retata della famiglia Riva, e dei loro dipendenti, al sequestro degli impianti dell'area a caldo che producevano veleni e morte, la sensazione evidente era che la più grande acciaieria d'Europa stava per capitolare, soccombere.

Per mesi interi la conflittualità processuale ha lasciato intendere che i margini per far continuare la produzione si andavano riducendo. Poi, i diversi tavoli istituzionali hanno prodotto una nuova Aia, Autorizzazione integrale ambientale, e si è individuato un percorso virtuoso per fare uscire l'Ilva dalle secche di una proprietà molto avara nell'investire per la salute e l'ambiente (salvo scoprire oggi che i profitti i Riva li portavano all'estero, nei paradisi fiscali).

Ora la situazione rispetto a dieci mesi fa è più logora, i margini per trovare una via d'uscita si sono molto ma molto ristretti. Tant'è che i sindacati in prima fila si spingono nel chiedere al governo una inversione di tendenza.

Rocco Palombella il segretario dei metalmeccanici della Uil, il sindacato più rappresentativo all'Ilva: «Il governo si deve assumere direttamente la responsabilità della gestione dello stabilimento Ilva di Taranto e di tutti gli altri siti del gruppo siderurgico. Non ci sono più le condizioni perché il gruppo Riva garantisca la continuità produttiva dell'acciaieria. Che l'Ilva sia statalizzata». Se la Fim-Cisl denuncia una situazione «allo sbando», il responsabile siderurgia della Fiom-Cgil, Rosario Rappo, suggerisce di procedere al commissariamento del gruppo.


2 - GOVERNO IN CAMPO COMMISSARIAMENTO SEMPRE PIÙ VICINO
FAVOREVOLI I SINDACATI: L'INCUBO È IL FALLIMENTO
G. Ru. Per "La Stampa"

Un fulmine a ciel sereno, per il governo di Enrico Letta, le dimissioni del CdA dell'Ilva. E anche un'altra «rogna» da affrontare. Per tutto il pomeriggio i ministri, i viceministri, i sottosegretari si sono parlati al telefono. Disperatamente alla ricerca di una posizione comune da prendere. E si è fatta strada l'idea di procedere al commissariamento del gruppo Ilva.

Diciamo che per il momento è una ipotesi che va approfondita perché sia a destra come a sinistra della maggioranza, vi sono valutazione critiche nei confronti del sequestro equivalente di beni per 8,1 miliardi di euro da parte della magistratura tarantina. Come se in questi mesi di inchieste giudiziarie tra Milano e Taranto non fosse emersa con chiarezza la caratura «corsara» degli imprenditori Riva, la loro strutturale inaffidabilità.

Per esempio il pugliese ex ministro Raffaele Fitto, Pdl, non è convinto che si debba andare al commissariamento dell'Ilva: «Semmai il governo deve approntare interventi legislativi per rispondere all'iniziativa della magistratura tarantina». E gli eletti pugliesi del Pd guidati da Nicola Latorre e Anna Finocchiaro chiedono al governo che l'Ilva diventi una delle priorità: «Ancora di più oggi dopo le dimissioni del CdA conseguenti alla pesante sentenza della magistratura».

Ma a Palazzo Chigi e nei ministeri economici e produttivi i ragionamenti che si stanno abbozzando sono molto netti. Si rispolvera la legge Marzano, che per evitare il fallimento delle imprese commissaria le stesse aziende in crisi. Anche se poi l'amministrazione straordinaria deve essere richiesta dagli stessi proprietari dell'azienda in crisi. I Riva sono pronti al passo indietro?

Un'altra strada che si può percorrere per il commissariamento è quella indicata dalla legge 231 del 2012, la cosiddetta salva Ilva, che di fronte a inadempienze dell'azienda nel rispetto dei tempi di realizzazione dei lavori stabiliti dall'Autorizzazione integrata ambientale, Aia, prevede sanzioni pecuniarie fino al commissariamento appunto della stessa Ilva. E nel provvedimento del gip Patrizia Todisco di sequestro dei beni equivalenti a 8,1 miliardi di euro, si denunciano i ritardi nell'applicazione dell'Aia.

Il commissariamento - se non la nazionalizzazione dell'Ilva - viene chiesto dai sindacati metalmeccanici. Nel pieno dell'offensiva giudiziaria di autunno contro l'Ilva, al ministero delle attività produttive fu elaborato un progetto per procedere all'esproprio dell'azienda su richiesta del sindaco della città di Taranto. Che si dovrebbe rivolgere alla Procura di Milano, dove l'Ilva ha la sede sociale. Milano, e non Taranto, a quel punto può nominare il commissario straordinario.

 

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